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Avamposto di una strategia nazionale per la conservazione del lupo, il progetto LIFE “M.I.R.CO Lupo” (Minimizzare l’Impatto del Randagismo canino sulla Conservazione del Lupo in Italia) viene attuato nel territorio del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco Emiliano, che ne è il beneficiario coordinatore, e in quello del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, che ne è beneficiario associato. L’aspetto più innovativo del progetto è l’aver sviluppato un pacchetto di interventi scientifici e di protocolli operativi che puntano alla salvaguardia della specie dalla minaccia dell’ibridazione con il cane, intervenendo sulla riduzione del vagantismo e del randagismo canino. L’obiettivo, in particolare, è di contrastare l’ibridazione antropogenica, ovvero quella determinata o favorita, anche indirettamente,
da un errato comportamento umano. All’azione, caposaldo del progetto, che prevede la cattura, la sterilizzazione e il rilascio in natura di ibridi nelle due aree protette, si associano i primi importanti risultati che, ad oggi, nel Parco Gran Sasso – Laga, registrano la cattura di quattordici ibridi, tutti appartenenti al branco di Castel del Monte (AQ). Nelle operazioni di cattura i veterinari seguono un rigoroso protocollo operativo che prevede una tecnica “mista”, meccanica e farmacologica, ed estrema rapidità nel prelevamento del materiale genetico e biologico che sarà inviato all’ISPRA per le analisi. Se il lupo risulterà genotipicamente ibrido sarà vasectomizzato, al fine di impedirne la riproduzione senza interferire con la sua vita gerarchica all’interno del branco. Di grande importanza sono i dati conoscitivi apportati dal progetto, che arricchiscono il corpus di conoscenze costruito in decenni di ricerche e progetti dedicati. Oggi l’acquisizione di informazioni su consistenza ed etologia del grande predatore si affida alla raccolta e all’analisi di campioni genetici (carcasse ed escrementi) lungo le direttrici note (transetti) in cui è stato suddiviso il territorio, alle valutazioni fenotipiche consentite dall’installazione di foto e video trappole, a tecniche di monitoraggio quali lo snow tracking e il wolf howling e, soprattutto, ai dati satellitari tramite i quali i tecnici di progetto “dialogano” con i branchi grazie ai radiocollari. Dall’incrocio di queste informazioni discende la stima dei lupi presenti nel Parco che, a tutto il 2017, parla di venti nuclei riproduttivi, con circa 100-120 lupi, ma anche la stima degli ibridi, calcolata al 23 % della popolazione.
“I dati GPS – spiegano i referenti scientifici del progetto – sono utili soprattutto per capire come i lupi si alimentano. Spesso i cluster alimentari (raggruppamenti di posizioni nel tempo/spazio) sono di consumo e non di predazione, indicano cioè che i lupi si stanno alimentando, come poi verificato, nei pressi di aziende zootecniche; ed è proprio qui avvengono gli incontri con i cani randagi e vaganti”. Per mitigare il problema il progetto ha avviato un'azione di sensibilizzazione al rispetto delle normative vigenti, cercando la collaborazione degli allevatori, destinatari di iniziative di condivisione di buone pratiche di gestione dei cani di proprietà e da lavoro e di trattamento dei sottoprodotti di origine animale. Grazie a un intervento “porta a porta” nelle aziende, con l'ausilio dei Carabinieri Forestali per l’Ambiente e delle ASL, i veterinari di progetto hanno microchippato 360 cani, a fronte dei 200 programmati, e sterilizzato gratuitamente 20 cani da lavoro tra quelli che i gestori non intendevano far riprodurre. Il Presidente del Parco Tommaso Navarra ha apprezzato “l’impegno del progetto ad elevare, nell’alveo di un prestigioso partenariato, tenore e incisività delle azioni di tutela”, plaudendo alla dedizione e all’mpegno della struttura dell&’Ente. “Per il Parco – sottolinea – il lupo è ad un tempo il simbolo della bellezza della natura, un elemento territoriale fortemente identitario e, proprio grazie ai qualificati progetti dedicati, anche un efficace modello di gestione”.