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TERCAS

La banca? E’ chiusa. Due venerdì fa a Montorio, venerdì scorso a Monteprandone… e altri venerdì in altre sedi.  E siccome tre coincidenze fanno una prova, quello che succede alle filiali della Tercas, pardon: della Banca Popolare di Bari ex Tercas, forse non è quel momentaneo “aggiornamento tecnico” che è ufficialmente il motivo della chiusura. No, c’è di più. C’è la storia a due facce di una Banca che, un tempo, era l’orgoglio del territorio e oggi, da quando è stata assorbita dalla Popolare barese, di quella attenzione al territorio che tanto era stata sbandierata in passato dai nuovi padroni, non resta che un’eco lontana. La Tercas non c’è più. Lo sanno bene gli azionisti che, di punto in bianco, si sono ritrovati con un pugno di carta straccia in mano, rimettendoci tutto quello che avevano investito (senza che nessuno si preoccupasse di assicurar loro un benché parziale ristoro), e lo sanno bene i clienti, che cominciano a ritrovarsi davanti alle filiali chiuse per “aggiornamento tecnico”.
Dicevamo, però, di una storia a due facce. La faccia allegra è quella di una banca che approva il bilancio vantando una “Raccolta diretta in crescita, +14,7%”,  i “Costi operativi in calo (- 6,3%) “ e si dice pronta alla trasformazione in Spa. La faccia triste è quella della preoccupazione dei dipendenti ex Tercas ed ex Caripe i quali, tra tutti i 3062 stipendiati dal gruppo barese, sono quelli che stanno vivendo una condizione di reale preoccupazione. Perché? Il perché è scritto nel verbale di accordo sindacale sottoscritto dai vertici della Popolare di Bari e dalle organizzazioni sindcali, che, per ottenere una decisa riduzione dei costi, prevede fino al 31 dicembre del 2020 un piano di risparmi, così strutturato:
ferie e festività non godute, non saranno pagate
straordinari praticamente cancellati
lavoro parziale in tutte le forme
taglio delle consulenze professionali per almeno 8 milioni di euro annui
e soprattutto
riduzione/sospensione dell’attività lavorativa per almeno 154.000 giornate. Su base volontaria.
Facendo un conto facile, 154.000 giornate significano 421 anni di stipendio risparmiati, o meglio: un anno di stipendio tolto a 421 dipendenti. Non sono spiccioli. Quel “su base volontaria” significa che ci si aspetta che i dipendenti della Tercas si offrano, un po’ per uno, di non lavorare e non essere stipendiati per quel mancato lavoro. In cambio, la banca chiederà al Fondo di solidarietà nazionale di compensare i tagli. Insomma, la banca risparmia e il fondo paga il dipendente. E siccome il Fondo non naviga in buone acque, i soldi ce li metterà anche lo Stato, cioè noi. (leggi)  Più o meno funziona così. E se non si raggiungono quelle 154.000 giornate? Allora, la sospensione da volontaria… diventerà obbligatoria. Volontaria o obbligatoria che sia, la Banca ha anche già deciso chi dovrà rinunciare e quanto:
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 25 mila euro: 0 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 35 mila euro: 13 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 45 mila euro: 16 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo finoa 55 mila euro: 18 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 65 mila euro: 23 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 75 mila euro: 28 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 85 mila euro: 29 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 95 mila euro: 30 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 105 mila euro: 31 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 130 mila euro: 32 giornate
chi ha uno stipendio annuo lordo fino a 180 mila euro: 33 giornate

E i dirigenti? Quelli che guadagnano più di 180mila euro lordi l’anno, subiranno una riduzione del 15%, mentre i componenti del  board e il top management rinunceranno al 30% dei loro gettoni. Per aiutare i dipendenti, la banca si è anche dichiarata disponibile a sospendere anche fino a due anni, il pagamento dei mutui che i dipendenti avessero acceso, ma limitatamente alla quota capitale. Gli interessi, li pagheranno. A partire dal 1 gennaio di quest’anno e fino al 31 dicembre 2020, è stata sospesa la contribuzione alle forme di previdenza complementare a carico della Banca. Inoltre, ovviamente la Popolare di Bari sarà felicissima di assegnare altro tempo ai lavoratori prossimi alla pensione, per decidere se andarsene prima. SI chiamano “esodi incentivatI” (anche questi a carico del Fondo di Solidarietà), e le domande sono scadute il 30 settembre. Ma non c’è fretta, l’ex Tercas ha concesso una proroga, mentre studia anche un piano di riorganizzazione, trasformazione, trasferimento, ricollocazione dei dipendenti.
Ecco, perché, forse, dietro quelle filiali chiuse… non c’è solo un “aggiornamento tecnico”