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Rubrica saltuaria di satira mattutina   Caio Giulio Cesare Sottanello Augusto fu un patrizio romano. Nato in provincia, a pochi chilometri dal porto Hatrianus, crebbe spensierato, sviluppando una sua naturale dote per gli affari. Apollonio di Montepagano ricorda come avesse tentato, anche, di darsi alla scrittura, ma le sue opere vennero criticate dai contemporanei, per l’eccessiva lunghezza dei periodi. In un continuo rincorrersi di incidentali, infatti, Caio Giulio Cesare Sottanello Augusto era in grado di scrivere periodi di 25 pagine senza un punto. Problema che aveva anche nel pubblico eloquio, tanto che Plinio l’adolescente ne ricorda un discorso tenuto in occasione di una pubblica cerimonia, nel quale Cesare Sottanello partì dalla sicurezza del Porto e lo fermarono mentre parlava della coltivazione della barbabietola tra i sumeri. Ormai affermato negli affari, decise di darsi alla politica, si trasferì a Roma, prese casa nel quartiere Monti e cominciò a frequentare il foro, discettando quotidianamente su argomenti di pubblico interesse, quali “Perché se si chiama foro non c’è un buco?” Oppure “Se arrivano i barbari, siamo assicurati?”. Con un grande coraggio, si candidò quale tribuno, in rappresentanza proprio del quartiere Monti, e venne eletto. Era l’inizio di un cursus honorum che avrebbe potuto portarlo al Senato. Non colpì, dunque, i contemporanei la sua Scelta civica di candidarsi al Senato, anche grazie all’appoggio di Pompeo Pomantus. La storia, poi, è nota. Caio Giulio Cesare Sottanello Augusto… in Senato non arrivò mai. Tra le calende e le idi di marzo cadde, colpito alle spalle nella famosa congiura delle cinque stelle, ordita da un manipolo di sovversivi che si battevano per la difesa della punteggiatura.