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“Alea iacta est”. Per alcuni consiglieri traduco: “il dado è tratto". Lo disse Giulio Cesare (assessò non confonderlo con quello dei Cesaroni) per indicare una decisione dalla quale non si può più recedere.
“Alea iacta est”. Su piatto della storia della città ci sono Morra, troppo un consiglio troppo simile a quello di Homer il distruttore e troppo condizionato da Gatti. E D’Alberto molto indietro per colpa della divisione con Cavallari e con liste troppo eterogenee.
Ma, tra i protagonisti del prossimo voto di ballottaggio ci sarà soprattutto lui: l'Astenuto. Lu fregn’. Quello che lu compar’ n’ je pò fa chiù lu favor e dunque se ne va a lu mar’. Quello è fregno. Non gli va bene niente, critica tutto, ma n’ je pulisc davanti a la cas dunque se ne và a la muntagn’ a magnà le rostell’. Frustrato, arrabbiato, deluso, non pensa più al futuro ne di Teramo e tantomeno dell'Italia. “Chissenefrega” è il suo motto. Ma nonostante abbia deciso di non votare se non gli conviene, lu fregn’ non ha perso la voglia di criticare, giudicare, condannare. E quant’èbbell’.
Una volta, ma tanto tempo fa, Francesco De Gregori cantava che «ti dicono tutti sono uguali/ tutti rubano alla stessa maniera /ma è solo un modo per convincerti/ a restare in casa quando viene la sera». Era la stagione dell’impegno, della bella politica, della storia-siamo-noi, di lettere da scrivere, onde del mare, prati di aghi sotto il cielo, piatti di grano. Oggi l’umore generazionale è cambiato, per Francesco De Gregori e per tanti altri. Cappuccetto Rosso non c’è più. E’ stato divorato dai social. Sono scomparse le bandiere rosse, le balene bianche, e dei leader neri rimangono solo i nomi sulle vie . Gli intellettuali sono i nuovi leoni da tastiera. La politica vera, da cui passava la Storia, quella che «dà torto e dà ragione», rispetto alla quale non potevi rifiutarti di scegliere da che parte stare, non c’è più. La forza inesorabile della marcia silenziosa del progresso, come nel “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo, si è interrotta. Oggi conta l’opinione di Barbara D’urso.
Niente di nuovo, in questa triste storia. La novità è che di fronte a tutto questo l’elettorato che ancora ama definirsi “impegnato” , il «pubblico pagante» per citare ancora De Gregori, si prepara a restare a casa. Tra le offerte disponibili sul mercato elettorale teramano si prepara a non indicarne neppure una. Ne Morra ne D’Alberto. E non sembra allarmato più di tanto il potenziale Astenuto, lù fregn’, il nuovo personaggio che avanza. Il fans di Barbarella. Come ? Il futuro del mondo, dell’Italia, di Teramo ? Sticazzi! . Lu fregn’ ha deciso che basta così. Si prepara a disertare le urne. Disgustato, indignato, o semplicemente indifferente. Lui la politica la fa su falsbook. Anche a Teramo è la fase dell’impolitica, come l’ha definita l’ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky. Vince un antico qualunquismo, un atteggiamento passivo, di ritrazione, di stanchezza. Un modo di dire: fate voi, lasciatemi in pace.
Anche in un piccolo centro come il nostro vince un senso di stanchezza e di rabbia, o mancanza di fiducia nella politica e nella sua utilità. Ed è sempre più evidente che nel cuore dell’elettorato impegnato o post-impegnato, che si muove la tentazione del non-voto o comunque del disimpegno. Il Neo-disimpegnato, oggi potenziale astenuto, nei decenni passati si è mobilitato per tutte le cause possibili: è stato via via operaista, ambientalista, femminista, pacifista, girotondino. Depresso o appagato, grigio, spento e annoiato di sé e del suo presente e futuro, non ha più tempo e voglia di occuparsi del mondo che nel frattempo è sempre grande e terribile, ancor più di prima. Di fronte a questa impossibilità di capire e di provare coinvolgimento per quello che un tempo era la sfera delle passioni più forti, la politica, il neo-disimpegnato preferisce ritirarsi nel suo lavoro, nella coltivazione di soddisfazioni minori gareggiando solo con la play station e appassionandosi solo per la cucina. C’è poi l’astenuto militante, nantr’ fregn. Quello che non va a votare per scelta, per segnalare la sua presenza, per partecipazione viscerale. C’è infine l’astenuto suo malgrado. Quelli che vorrebbero votare, ma non possono perché non sanno a chi dare il voto. Quelli che trovano nelle cronache di questi giorni e di queste settimane nuovi motivi per stare lontano dalle urne. Quelli che stati privati perfino della possibilità di cantare “Viva l’Italia”.

Leo Nodari

leonodarirubri