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MelozzisanreTipica di una certa provincia italiana, avvezza allo stanco adagiarsi sulle mollezze tragiche di una marginalità non percepita, è la mitizzazione acritica del successo inesistente. Con la stessa capacità che, all’occorrenza, il chiacchierar tra i portici palesa nella distruzione di chi si afferma, a tratti rigurgita quella celebrazione ingiustificata di meriti... che non meritano. È un tempo sospeso, tra un “che vo’ fà cussù?” e un “sì furte combá”, ma sono le evidenze tristi del più antico tra i mali dell’Italia minore: l’inerzia generata dall’afasia mentale. Emblematico, a mio avviso, è quello che accadrà adesso - vedrete - nel post Sanremo, nella disperata ricerca di accreditare il teramano Enrico Melozzi tra i vincitori del Festival.

Prima di andare avanti, tre glosse marginali... 

  1. non stimo Melozzi, lo considero il tronfio simulacro di un talento che esiste solo nell’affermazione di un talento che non esiste.
  2. La canzone che ha vinto Sanremo è stata scritta (parole e musica) dai Màneskin. Le canzoni sono (per ispirazione e per Siae) di chi le scrive. Non di chi le “suona” o “dirige”.
  3. A beneficio di chi vedrà le foto, onde evitare pericolosi fraintendimenti, cito due righe di Repubblica: “Maneskin alla fine dello loro esibizione, chiamano sul palco il direttore d'orchestra Enrico Melozzi per consegnargli i mazzi di fiori ricevuti. "Chiamiamo sul palco il maestro: è un modo simbolico per darli a tutti i musicisti che hanno partecipato a questo Sanremo", spiega il frontman Damiano.

Ce ne sarebbe abbastanza, io credo, per capire quanto l’affermare che “Teramo ha vinto Sanremo con Melozzi” (l’ho letto nel post di un cronista frastornato dall’ora tarda) sia appunto solo una pericolosa vomitata di provincialismo. 

Melozzi non ha vinto Sanremo. 

Teramo non ha vinto Sanremo. 

Neanche l’Abruzzo ha vinto Sanremo.

Cito la canzone vincitrice: “Parla, la gente purtroppo parla, Non sa di che cazzo parla”

Qualora, però, sopravvivesse in voi un residuo di sospetto che, in qualche modo, la presenza del “maestro” (perdonate le virgolette, ma ho difficoltà personali nell’ inserire Melozzi nella categoria che ha ospitato e ospita Muti, Metha, Abbado...) vi invito ad ascoltare QUESTA  interessante intervista a Peppe Vessicchio (che su festival e direzione d’orchestra all’Ariston, ha diritto di parola) che spiega  “a Sanremo il direttore d’orchestra non serve, gli orchestrali hanno un metronomo in cuffia, possono fare da soli”.

Detto questo... resto in attesa di un momento  pubblico e di un attimo privato...

Il momento pubblico, è ascoltare da chi celebra vittorie sanremesi, l’elenco delle iniziative che Melozzi e un gruppo di altri “artisti” teramani annunciarono durante la pietosa occupazione dell’ex oviesse, dicendo che avrebbero “riportato la cultura a Teramo”, per poi scomparire dopo le elezioni.

Il fatto privato è il processo al diffamatore che, sotto falso nome, con un nickname inventato, insultó me e il mio lavoro. 

Senza metterci la faccia.

Senza metterci le palle. 

La Procura ha dato un nome vero a quel nick falso...

Ve lo racconterò... nell’attesa, onore ai Màneskin... vincitori di Sanremo...

Da ultimo, rispondo subito a quelli che diranno che questo mio articolo è, esattamente, figlio di quel provincialismo distruttivo che criticavo in apertura.  Tranquilli, state “Zitti e buoni”..

Adamo

 

 

 

 

 

 

 

La foglia di fico è una rubrica di satira, di politica e di satira politica.