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PREMIOFESTIVALIl titolo di questo articolo è una cazzata, ovviamente. E' che ne ho sentite così tante, in queste ore, che volevo dirne una anche io. Bene, detto questo, cominciamo con l'articolo vero.

Che si apre con un momento di gioia.

Perché sono  contento. Del fatto che il Sindaco di Teramo, con sobria eleganza,  non si sia unito al coro sguaiato di quelli che, confondendo il pretto e l’annacquato, stanno esaltando l’inesistente vittoria di Enrico Melozzi a Sanremo.

Sono contento.

Davvero.
Alla fine, vedrete, un diplomino glielo daranno, insieme ad altri teramani che hanno fatto qualcosa,  così tutta la clacque becerante dei suoi sostenitori, potrà sentirsi appagata, ma intanto, il silenzio pubblico del Sindaco, è a mio avviso una manifestazione di giusta presa di distanza da una vittoria ...che vittoria non è.

Non staró qui a ripetere quello che penso dell’artista Melozzi (perché il solo definirlo tale, per i miei canoni, mi pare una forzatura), né quello che penso dell’uomo Melozzi  (lo ha fatto benissimo da solo, con un post nel quale insulta i giornalisti che non lo esaltano, ma senza avere le palle di fare i nomi... del resto "uno il coraggio non se lo può dare") voglio però spiegarvi come è fatto, davvero, un vincitore di Sanremo. 

A norma di regolamento (lo si trova facilmente) il festival della canzone italiana premia la canzone e il suo interprete. Il direttore d’orchestra a Sanremo è, di fatto, destinato a fare la fine dei fiori che consegnano ai cantanti, esiste nell’attimo dell’esibizione, di quel “dirige l’orchestra tizio e caio” e si fa vedere tre secondi in tv.

Poi scompare.

E nessuno lo ricorda più.

Sfido anche il più appassionato tra i cultori del Festival, a ricordare almeno dieci tra i settantuno direttori d’orchestra che hanno diretto le altrettante canzoni vincitrici. È talmente importante, il direttore d’orchestra a Sanremo, che in un festival che assegna un premio alla categoria campioni, uno alla categoria nuove proposte, uno della critica, uno per le cover, uno intitolato a Lucio Dalla, uno intitolato a Bardotti per il miglior testo, uno intitolato a Bigazzi per il miglior arrangiamento, uno intitolato a Jannacci per l’interpretazione, uno intitolato a Nilla Pizzi per l’esibizione complessiva... non c’è un premio, uno, neanche una medaglietta per il direttore d’orchestra.

Niente.

Invece Melozzi, che davvero crede di aver vinto il Festival (vabbè che si gloriava anche di aver vinto il nastro d’argento, che ha vinto in realtà Giannini...),  ringrazia il pubblico, addirittura dedica la sua vittoria.

La sua, già.

E c’è chi si duole del fatto che il Sindaco non ha esaltato il concittadino vincitore... che non ha vinto. 

AVVISO PUBBLICO

Se volete vedere come è fatto un vincirore del festival, andate a Roseto e chiedete di Gianluca Ginoble. Se vedere come è fatto un “direttore d'orchestra” che può definirsi vincitore, vero, di Sanremo... cioè, lo ripeto: uno che può dire di aver davvero vinto il Festival, andate ad Ascoli.

Su, in fondo è un viaggio di pochi chilometri.

E una volta arrivati in Piazza del Popolo, chiedete chi sia Dario Faini.

Vi aiuto: coetaneo del “vincitore” Melozzi, Dario Faini era il direttore d’orchestra di Mahmood, al Festival di due anni fa, quando vinse con “Soldi”.  E quando è tornato ad Ascoli, il Sindaco l’ha accolto come vincitore. E tutti lo hanno celebrato tale... ma non per diretto l’orchestra all’Ariston, perché il direttore non vince, quanto per aver scritto la canzone vincitrice.

Strana gente, gli ascolani... festeggiano un concittadino come  autore della canzone che ha vinto il Festival della canzone italiana, e non come direttore ... curioso, vero?

Poi, se avete tempo, mentre c’è chi candida Melozzi alla Scala, chi chiede pubbliche lodi in Consiglio Comunale, chi spera di fargli un busto ai Tigli e chi prima o poi proporrà di assegnargli il Nobel, date una guardata al curriculum di Dario Faini, in arte Dardust.

Così, magari, capirete anche come io credo che sia fatto un artista. Vero. 


Adamo

 

Ascolifaini

 

 

 

 

 

 

 

La foglia di fico è una rubrica di satira, di politica e di satira politica.