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“Ma la spiaggia dov’è”?

È la domanda che pongo agli amici Pino Di Febo e Lucio Giardini che mi accompagnano nel corso della visita all’immenso cantiere in cui è stato trasformato il litorale di Silvi sud.

L’impatto visivo è violento: da un lato i ruderi della pericolante Casa del Fanciullo, le cui fondamenta poggiano ormai sulla battigia, i resti di stabilimenti balneari trasformati in palafitte, canali di scolo di acque bianche che a volte tanto bianche non sono; dall’altro la ciclopica e deturpante opera  d’edificazione d’imponenti barriere di massi (cosiddetti pennelli), lunghe sino a 200 metri (vd. album fotografico QUI ).

Alla già desolante immagine di degrado e abbandono, si somma ora quella di un’opera di radicale trasformazione del litorale di Silvi Marina, un tempo una delle località balneari tra le più belle e ricercate d’Abruzzo.

“Centocinquantamila metri cubi di rocce pari alla piattaforma del Burj Khalifa di Dubai”, è la metafora che usa l’amico Lucio Giardini per descrivere l’immane e faraonica opera.

Considerato l’enorme costo per l’Erario e l’inevitabile e forse irreversibile alterazione della bellezza naturale della spiaggia, due domande sorgono spontanee:

  • tale opera sarà almeno utile per contrastare il fenomeno della grave erosione?
  • potevano inoltre esser eseguiti interventi di minor impatto ambientale, più efficaci e con un costo minore per l’Erario?

Per rispondere, viste la difficoltà della materia e la complessità delle opere d’ingegneria impiegate, mi sono avvalso del qualificato parere di Antonio Spina, un esperto riconosciuto, noto per il suo impegno a difesa dell’integrità della costa, portavoce negli anni 2000 del “Comitato Porto di Pescara”.

  • Lei ha per anni studiato il fenomeno dell’erosione della costa, pubblicando insieme ad altri cittadini di Silvi approfonditi studi e pareri tecnici. Sulla base della sua esperienza e la lunga osservazione empirica, può individuare le cause principali che hanno prodotto la forte erosione che ha colpito la spiaggia di Silvi sud? È possibile che il fenomeno, se non provocato, sia stato quanto meno amplificato dall’opera dell’uomo?

La morfologia delle spiagge (intese tecnicamente come aree nastriformi a cavallo di un litorale), dipende - come è noto -  essenzialmente dal movimento della sabbia al fondo lungo il litorale (trasporto solido) e dal bilancio di questo con l'apporto solido che viene immesso dai fiumi sullo stesso litorale. Un tale bilancio è oggi sempre più sfasato per processi che dipendono, più che da fenomeni naturali, dal massiccio intervento dell'uomo sullo stato naturale dell'ambiente (porti, scogliere, pennelli …) Non è quindi una novità che l'ingegneria costiera, come scienza che studia i fenomeni di squilibrio dei litorali e le modalità più opportune di difesa, sia diventata sempre più attuale, ma soprattutto più razionale nella ricerca delle opere di intervento per fare fronte ai pericoli di erosione lamentati. Tuttavia nel nostro Paese non sembra che questa attualità abbia seguito di pari passo lo sviluppo raggiunto negli altri paesi più evoluti (come gli Stati Uniti, l'Inghilterra, l'Olanda) o tradizionalmente legati al mare (come il Portogallo e la Spagna). In Italia - che per forza di cose è di tradizione marittima - si è generalmente operato in maniera piuttosto empirica ad opera di vari Enti e Amministrazioni che, pur animati da buona volontà e spesso sotto l'assillante necessità, imposta da eventi più o meno eccezionali e improvvisi, sono intervenuti con provvedimenti di difesa qualche volta efficaci ma spesso controproducenti, ovviamente per mancanza di analisi convincenti del fenomeno e per ignoranza del comportamento e delle funzioni delle varie opere in relazione alla particolare esposizione dei paraggi. Secondo un vecchio ma valido concetto dinamico, una spiaggia è intesa come un deposito di sabbia "in transito", il quale rappresenta il risultato dell'apporto di materiale litoide dei bacini imbriferi, convogliato in mare dai corsi d'acqua e poi distribuito al fondo del mare lungo due direzioni fondamentali (parallela e normale al litorale) per opera prevalente del moto ondoso. Se in un definito tratto di litorale vi è scarso apporto dai bacini tributari o insignificante componente di flusso d'energia (determinato dal moto ondoso) parallelo al litorale, si perviene ad un impoverimento graduale di sabbia sulle spiagge con arretramento delle stesse, dando luogo al fenomeno che va sotto il nome di erosione.

 

  • Reputa validi ed efficaci i rimedi tradizionali sinora attuati per contenere l’erosione, consistiti nella realizzazione di pennelli e barriere sommerse? Quali sono, in particolare, gli effetti di tali opere sul fenomeno di crescita o decrescita delle spiagge? Quali gli inconvenienti?

In Italia è norma usuale ricorrere per questo tipo di erosione ad opere di difesa impermeabili parallele alla costa e di pennelli impermeabili verticali alla costa, realizzati in massi di cava, posti grosso modo sulla fascia della spiaggia immersa, sede dei frangenti, e comunque su fondali limitati. (Vedi ad es. la costa a sud del porto di Pescara (progetto pilota RICAMA). Entrambe queste tipologie di difesa della costa (scogliere o pennelli impermeabili) presentano vantaggi e svantaggi. Le scogliere hanno il vantaggio di proteggere e arricchire la spiaggia sottoflutto, ma hanno lo svantaggio di creare maggior erosione sulla costa (spiagge) all’inizio e alla fine  della loro disposizione. I pennelli impermeabili in massi di cava hanno il vantaggio di creare accumulo di sedimenti (sabbia) nella parte sovraflutto; ma hanno lo svantaggio di creare erosione nella costa sottoflutto ad essi.

 

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  • Esistono dei rimedi e strumenti d’intervento alternativi alle barriere impermeabili?

Proprio a causa degli svantaggi di entrambe le opere sopradette, in Olanda sono state disposte a protezione delle spiagge pennelli di file di pali verticali alla costa, PERMEABILI, che proprio perché permeabili non hanno gli svantaggi dei pennelli o delle scogliere in massi di cava. Le file di pali hanno la capacità di ridurre la velocità delle correnti litoranee in modo che i granelli di sabbia si depositano più facilmente tra una fila e l’altra di pali, senza creare scompensi erosivi sottoflutto (pennelli impermeabili) o ai margini della loro disposizione (scogliere impermeabili), creando così un accrescimento uniforme della spiaggia.

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  • Quali rimedi avete proposto in passato per la situazione di Silvi Marina e come giudica gli interventi ora in corso che prevedono la realizzazione di una “batteria” di pennelli, in alcuni casi lunghi sino a 200 metri?

Dopo le mareggiate devastanti del 2015, proponemmo all’Amministrazione regionale e a quella comunale di Silvi un progetto di protezione della costa dal fiume Saline fino alla Torre di Cerrano basato sulla messa in opera di file di pali “all’olandese”. Il progetto sarebbe oltretutto costato meno del progetto iniziale regionale (RICAMA), previsto per la costa sud di Silvi, soltanto. Il progetto con file di pali secondo noi sarebbe stato oltretutto meno invasivo delle scogliere e dei pennelli in massi di cava. I tecnici del progetto RICAMA asseriscono che chiudendo in pratica la battigia fra file di pennelli e di scogliere in massi di cava la spiaggia rimane così com’è. Non ci vuol molto a capire che si creano così delle piscine d’acqua stagnante in cui la linea di battigia rimane sempre uguale a quella iniziale, senza accrescimenti. Tant’è che sono stati necessari ugualmente nel corso degli anni ingenti ripascimenti di sabbia all’interno di “quelle piscine” del progetto RICAMA, a sud di Pescara.

  • Rispetto all’elevato costo delle barriere tradizionali realizzate con massi, quale potrebbe esser il costo per l’Erario delle barriere permeabili realizzate con pali di legno?

Già in occasione della presentazione del nostro progetto di protezione della costa di Silvi e Pineto (dal Saline fino alla Torre di Cerrano) con file di pali, evidenziammo che avremmo speso molto meno (i 2/3) per proteggere un tratto di costa più lungo di quello che si vuole proteggere con il progetto RICAMA (Silvi sud). D’altronde basta scorrere con il mouse di Google Earth la costa olandese per verificare che la protezione di essa viene garantita da file doppie di pali già da un secolo. Vi mostriamo qui di seguito un’immagine della spiaggia di Domburg dove è evidente che le file di pali hanno non solo garantito la stabilità della linea di costa ma anche vieppiù assicurato l’allargamento della spiaggia dovunque in modo uniforme. Avevamo nell’occasione anche contattato l’Ambasciata Olandese di Roma per farci dare ulteriori dettagli su come realizzare il progetto di protezione della spiaggia con le file di pali e avevamo ricevuto subito assistenza da parte del loro ufficio tecnico. Ma non è servito. I nostri Amministratori hanno perseguito con insistenza la realizzazione del progetto RICAMA, anche se sono evidenti i modesti risultati ottenuti già nel progetto pilota di Pescara Sud. VINCE3

E allora, torno a ripetere, perché mai non adottare una così efficace, meno costosa e certo meno impattante soluzione, piuttosto che demolire le nostre montagne e deturpare le spiagge,  oltretutto con elevatissimi costi per l’Erario?

Quali affari e speculazioni si muovono dietro un sistema ormai consolidato che, nella migliore delle ipotesi, ha deturpato e stravolto le nostre coste, spesso senza conseguire alcun utile risultato?

   Vincenzo di Nanna

 

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