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renzitristeGigioneggia. Imbonisce. Con i tempi ormai rodati, regala battute ad effetto: una mutanda di Salvini, una gaffe dei cinquestelle, gioco facile. Avanspettacolo della politica, ma di una politica che non fa politica. O almeno, non fa quella che oggi serve all’Italia. Il Matteo Renzi visto oggi a Teramo, è l’ombra sbiadita, la fotocopia in bianco e nero di quello che girava l’Europa da premier. La piazza è piena, quanto può esserlo ai tempi del Covid. Controlli agli ingressi, termoscanner e documenti, e c’è chi prova ed evitarli definendosi “non iscritto ad alcun partito”, come se il virus colpisse solo i tesserati, ma non c’è politica. Ci sono i politici, anche quelli che non ti aspetti (leghisti e azzurri), ma soprattutto quelli che ti aspetti, cioè tutta la colonia dei miracolati gattobliani guidati da patron Tommaso ma non c’è la politica. Renzi arriva con 40 minuti di ritardo, ma ci sta, e coglie l’occasione - pur dichiarando di non volerlo fare - per infilare in quei 40 minuti le gru della mancata ricostruzione aquilana e l’autostrada coi suoi viadotti dai piloni morbidi. Prima di cominciare, però, c’è la passerella dei bambini, con tanto di filastrocca recitata male come le poesie a Natale in piedi sulla sedia, e benedizione papale con gomitatine tra l’ex presidente del Consiglio e gli alunni teramani. Provincialismo a piene mani, overdose di presenzialismo scolastico, inutile strumentalizzazione di ragazzini extra orario scolastico. Anche perché, e c’era un banchetto pieno di libri a ricordarlo, questa era la presentazione di un libro. Scritto da Renzi, anche se qui è necessario concedere spazio al dubbio… visto che non ricordava neanche il nome dell’editore. Posso dirlo per esperienza: nessuno che scriva un libro.. dimentica chi mette i soldi per farlo leggere. Ergo… ma in fondo non conta. Politici di questo livello, hanno ghost writer. Loro, i politici, ci mettono la firma e la faccia nelle presentazioni. E Matteo Renzi è venuto a presentare il libro, “La mossa del cavallo”, poi s’arrampica sugli specchi per spiegare cosa c’entri in copertina Enea col padre Anchise e il figlio Ascanio, con la mossa del cavallo. Che poi, e chi gioca a scacchi lo sa, non è una delle mosse più belle, anzi: è il passo doppio di un ballo indeciso, il salto ardito di un cavaliere senza coraggio, perché si lancia un po’ sì e un po’ no, due passi avanti e uno di lato. Come nella gigioneggiante oratoria di Renzi: attacca gli “altri” di Zingaretti e i Cinquestelle, e poi di lato a governar con loro. Attacca in due passi Bonafede e Conte e poi di lato a salvargli la poltrona. Teorizza il ritorno alla politica delle prospettive e degli orizzonti, e poi di lato a fare il premier senza essere stato eletto. In platea cerco gli sguardi di Camillo D’Alessandro, di Dodo Di Sabatino e di Cristina Marroni, persone delle quali non ho sempre apprezzato posizioni e scelte, ma alle quali riconosco un “livello”. E immagino quanto soffrano, nel sentire il leader del loro partito cercare l’applauso sul Papeete, spiegare il Mes come se parlasse di un Findomestic per la lavatrice o argomentare senza argomenti sul rischio dell’uscita dell’Italia dall’Euro. E quando sente che la piazza si distrae, sfodera "Salvini voleva i pieni poteri" e arriva l'applauso un po' fiacco.. In realtà, è tutto impalpabile… e mentre lui parla… sento scivolare su tutta la piazza, come una nebbia invisibile, una vecchia canzone di Guccini: “Il sole che calava già, rosseggiava la città, già nostra e ora straniera e incredibile e fredda, come un istante "déjà vu”, ombra della gioventù, ci circondava la nebbia…”. In un ritaglio di tempo rubato al firmacopie, parla coi giornalisti e rivendica i suoi meriti per l'Abruzzo, ma in un attimo, tutto mi appare per quello che è, la recita malinconica e un po’ triste di un vecchio attore che un tempo era stato famoso. «Io non ho più niente da chiedere per me.. dice» ed è una gaffe che avverto con una punta di fastidio, mentre gocciola una pioggerellina che - almeno quella - sa di fresco. Il resto, è “…qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno…”

 Adamo