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affondazione

La trilogia del miagolìo, si chiude sulle porte di Palazzo Melatino. Quelle stesse porte oltre le quali si è combattuta una guerra vera, di potere vero, che ha visto contrapporsi chi voleva continuare a fare dell’ultima vera “Tercas” teramana un presidio di riaffermazione di quel potere politico, che è sempre stato vicino (fin troppo) alle vicende della Cassa di Risparmio, salvo dimenticarsene nel momento in cui più di sempre sarebbe stata necessaria una presenza politica vera, per salvare i soldi e la tradizione di risparmio e di autorità che la Banca aveva costruito negli anni. I processi stabiliranno di chi siano le colpe e di chi le responsabilità, ma i tribunali non restituiranno ai teramani la loro Banca, né ai risparmiatori i loro soldi. E mi piacerebbe che qualcuno, tra quelli che si sono riempiti la bocca discettando dei massimi sistemi bancari, mi spiegasse perché quello che è accaduto per altre banche e altri risparmiatori, non è successo per la Tercas.
Mi piacerebbe che sempre loro, i politici che hanno bramato una poltrona a Palazzo Melatino, mi spiegassero perché il progetto delle Fondazioni di salvare la Tercas non fosse percorribile, prima di regalare una pioggia di milioni alla Popolare di Bari, grazie ad un Fondo di Tutela dei depositi… che non tutelò i depositi.
Ma questa, in fondo, è storia passata.
Quella attuale è la storia della Fondazione, che è riuscita a liberarsi dal giogo di una politica che l’ha esposta, negli ultimi tempi, alla gogna pubblica del rincorrersi dei veleni, al gioco al massacro del pettegolezzo personale, al massacro social di qualche prezzolato sempre prono per il miglior offerente. Cito dall’intervento di Attilio Danese: «In questo anno abbiamo imparato come la Fondazione per poter funzionare debba essere indipendente da ingerenze esterne e debba solo guardare alla missione che lo Statuto le assegna: fare il Bene, il Bene della comunità. E lo deve fare secondo processi autonomi e indipendenti».
Il “Bene della comunità”.
Non è forse la stessa missione della politica? Fare il “bene della comunità”.
E allora perché le due missioni non collimano?
Perché non coincidono?
Perché molti hanno considerato che tutta la trama di alleanze, ordita dai “due Paoli” (Gatti e Tancredi) potesse essere negativa per la Fondazione? Eppure, i due erano di certo animati da buoni propositi, così come lo era il Presidente della Provincia, Diego Di Bonaventura, che per non sbagliare ha indicato tutti “papabili” rappresentanti dell’ente scegliendoli, forse per mera coincidenza, proprio nell’area riferibile ai “due Paoli”. In fondo, una certa passione per la Fondazione, i due l’hanno sempre avuta, specie l’ex politico (scusate, ho dimenticato di ricordare che Paolo Gatti non fa più politica, ma ormai lo sanno tutti, non serve vero? ), il quale molti anni fa, Brucchi Sindaco, ebbe modo di proporre quale rappresentante del Comune in Fondazione un ex Sindaco di Teramo, che casualmente era anche suo padre, Antonio Gatti.
Ma forse, anche questa è una leggenda metropolitana.
In fondo, che conta ormai?
Grazie al colpo di reni (o allo scazzo… dipende dai punti di vista) del Sindaco di Nereto, la Fondazione ha una nuova governance e i miagolii che si sentono sono solo quelli dei gatti, veri, che ancora occupano l’ex manicomio poco distante.
Ma anche loro, presto… saranno solo un ricordo.

Adamo
la foglia di Fico è una rubrica di satira politica e di politica satirica