Buongiorno a tutti.
Torno a scrivere in questa rubrica dopo alcuni mesi, scusandomi col Direttore, con la redazione e soprattutto con i lettori per l'assenza, facendo seguito a una gradevole sollecitazione dell'amico Antonio D'Amore. E soprattutto prometto sin d'ora di non assentarmi più per così tanto.
In realtà mi sentivo un po' un pesce fuor d'acqua e questa è stata la motivazione della mia assenza. La rubrica si chiama "Il Musicoerrante" e da marzo scorso di errare - nel senso di viaggiare- ce n'è stato poco. E soprattutto il "mio" viaggiare, le mie impressioni di giramondo della musica, sono state molto molto minori.
E' cambiato e sta cambiando tanto nel mio settore lavorativo, soprattutto nelle due direttrici di cui mi occupo, ovvero lo spettacolo dal vivo del quale sono spesso protagonista quale pianista, nonchè la convegnistica, il mondo sindacale e ispettivo che è altra parte del mio errare.
Quest'emergenza finirà prima o poi, ma non sappiamo cosa troveremo, cosa sarà rimasto, cosa sarà cambiato. "Lo scopriremo solo vivendo".
Non è una lamentela questa da parte mia, ho subito e sto subendo importanti danni professionali ed economici come tanti, come tutti (tranne i boss di Amazon!), ma non mi permetto di risentirmi. Faccio anzi parte, per quanto riguarda il mio primo lavoro di docente di Pianoforte - ora al Conservatorio di Monopoli- di quella categoria di "statali a stipendio fisso" considerati privilegiati e spesso additati al pubblico ludibrio per questo: a chi ci addita come privilegiati vorrei rispondere che per occupare il mio attuale ruolo lavorativo ho studiato, mi sono preparato e ho vinto tre concorsi pubblici, ma non è di questo che dobbiamo parlare.
Torno all'errare (nel senso di "viaggiare", non di sbagliare, perchè negli ultimi mesi si è viaggiato poco, ma si è sbagliato sempre tanto). In realtà anch'io, come tanti, questa estate, per un paio di mesi, ho ricominciato a girare come una trottola per lavoro e per diletto in tutta Italia. Due mesi di svago, ma già avevamo tutti la consapevolezza che ci avrebbero richiuso presto. Ed è per questo che in quei due mesi non ho avuto voglia di scrivere del mio errare,
E pertanto, nei ricominciare a scrivere in questa seconda stagione, come primo argomento, voglio toccare brevemente un aspetto che riguarda anche e soprattutto il mio settore. professionale.
Molti di voi avranno letto la proposta della virologa Ilaria Capua
In breve, dato che la campagna di vaccinazione avrà bisogno di una logistica e di una organizzazione ben precise, perchè non usare teatri e cinema, che sono già organizzati con le vie di fuga, i percorsi, gli spazi?
Bene. Da un anno a questa parte i virologi impazzano dappertutto. Ma essere dei bravi virologi (e la Capua sicuamente lo è) non vuol dire essere tuttologi.
Gentile Prof.ssa Capua, non so se questo mio scritto Le arriverà mai, ma se per caso Le arrivasse mi farebbe piacere farLe presente che:
a) Teatri e Cinema non sono (non sono solo) "luoghi dell'intrattenimento" come Lei ha scritto, ma "luoghi di lavoro", sia per chi ci lavora materialmente, sia per chi lo fa in maniera interposta (gli attori e le maestranze di un film, per esempio), e la sua definizione, mi permetta, ricorda molto "gli operatori della spettacolo che tanto ci fanno divertire" di Contiana memoria. Insomma una manifestazione di superiorità di una categoria professionale sull'altra di cui non sentivamo il bisogno;
b) se Teatri e Cinema sono così sicuri e garantiti nei percorsi e nella loro agibilità, tanto da proporli come luoghi di vaccinazione di massa, perchè la comunità scientifica di cui Lei è autorevole esponente li ha chiusi subito in questo secondo lockdown, indipendentemente dal colore dei territori in cui sono ubicati?;
c) Lei si è molto risentita, anche pubblicamente, del fatto che il mondo dello spettacolo dal vivo non abbia immediatamente sposato la Sua proposta, quasi una forma di lesa maestà. Non Le viene in mente che semplicemente Lei abbia fatto una dichiarazione avventata e sbagliata nei confronti di un settore già fiaccato dal secondo lockdown dopo aver effettuato ingenti investimenti ?
Le parole di Carlo Fontana, presidente dell’Agis mi sembrano perfette: «Chiacchiere da bar, che mostrano la scarsa considerazione per le attività culturali nel nostro Paese. Sarebbe ora che i virologi parlassero meno e che il Cts si occupasse anche delle conseguenze psicosociali delle chiusure».
Sarà dura, anche per il mondo che verrà dopo, far comprendere le priorità di ogni settore!
"Meditate, gente, meditate...."
Piero Di Egidio