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goldrakeForse sarà l’acqua. Magari davvero a nostra insaputa, finisce nei nostri rubinetti una qualche sostanza radioattiva, che ci offusca le menti. O magari sarà l’aria, questo diffuso inquinamento che preoccupa la piccola Greta, va a finire che ci ha resi tutti... gretini. E se fossero le scie chimiche? O qualche gomblotto di Big Pharma? Non conosciamo la causa, ma vediamo l’effetto: un collettivo rincoglionimento. Che colpisce, con qualche oscuro virus, soprattutto chi ha una responsabilità di governo. Solo così si spiega, infatti, l’assurda incapacità dell’amministrazione di Gianguido D’Alberto di dire che il Goldrake in piazza Garibaldi è - per dirla con Fantozzi - una “cagata pazzesca”. Solo con una perduta capacità di percezione della realtà si può giustificare, adesso, la decisione di accettare un progetto che non ha alcun senso. Neanche culturale. E vi spiego perché. Per quanto lo si voglia vestire coi panni della “provocazione” o della “celebrazione di una certa cultura minore”, Goldrake è e resta solo un personaggio dei cartoni animati, giapponesi, di quelli tra l’altro disegnati senza troppo sforzo di rendere fluido il movimento, né impegnandosi più di tanto nel costruire un tessuto narrativo originale. È sempre la stessa storia: il bene contro il male, il bene che vince contro il male più numeroso è cattivo. C’è più trama in una striscia di Topolino, che in tutto Goldrake, Mazinga e Jeeg messi insieme. Se l’ottimo Carmine (talento indiscutibile) avesse voluto celebrare il fumetto e quello che ha lasciato nella costruzione della cultura popolare, allora sull’ipogeo avrebbe dovuto progettare un Paperino gigante, emblema eterno di quella middle class da sempre schiacciata dall’arroganza dei ricchi e vessata dalla sfiga. O magari un signor Bonaventura alto come un palazzo di tre piani, a ridefinire lo spazio storico di un’esperienza culturale (quella sì) che segnó un’epoca. Goldrake non c’entra niente con noi, con Teramo, con la nostra cultura e con il nostro immaginario... se non per il ridottissimo spazio temporale nel quale, gli allora adolescenti, si tiravano alabarde spaziali e lame rotanti, sotto forma di pezzi di carta, alle spalle dei professori. Goldrake in piazza Garibaldi non ha, a mio avviso, alcun senso. Né logico, né culturale. E fa male, vedere il neo assessore alla cultura presentarsi alla riunione “goldrekkesca” con la maglia “goldrekkizzata”. Questa città, già insultata dalle sagre rivestite da street food, già mortificata dalle feste della birra davanti al Duomo, non merita quel Goldrake in mezzo ad una piazza. Abbiamo bisogno di riconquistare visibilità, non di farci prendere in giro da mezzo mondo, per aver dato dignità monumentale ad un cartone animato giapponese che forse neanche in Giappone hanno celebrato con una scultura. Siate seri, anzi: siamo seri. Goldrake resti un’idea e un divertissement, la Giunta si riprenda il suo ruolo e abbia il coraggio di dire che questa scultura (o quello che è) non si farà mai. E se proprio si vuole fare qualcosa di rivoluzionario e simbolico, in un momento di disgregazioni sovraniste, spostiamo sopra all’Ipogeo la statua di Garibaldi che sta a Porta Madonna, così lucreremo tre risultati positivi: il nome della piazza avrà un senso, eviteremo una figuraccia mondiale e... rimetteremo l’Eroe dei due mondi “puntato” verso Roma.

adamo

(certagente - rubrica di satira mattutina)