La sconfitta elettorale del Centrodestra a Chieti, non è figlia di quelle che, con il piacere malsano e un po’ perverso di dire cose che in realtà tutti già sanno, i massimi esponenti dei partiti hanno definito “momentanee incomprensioni, che necessitano di approfondimenti all’interno della coalizione”, ma …è colpa di Teramo. E per la precisione: è colpa di Paolo Gatti.
E adesso lo spiego, ma prima apro una parentesi (sappiamo tutti che Paolo Gatti, ex assessore al Comune di Teramo, ex assessore regionale, ex vicepresidente del Consiglio Regionale, già candidato - senza gloria - al Parlamento, già aspirante - per ora senza successo - alla nomina quale rappresentante degli abruzzesi alla Corte dei Conti… non fa più politica… l’ha scritto lui, di suo proprio pugno… ma siccome, tra riforme che non riformano e referendum populisti, nella Costituzione c’è fortunatamente ancora l’articolo 21, io sono libero di dire che non ci credo) chiusa la parentesi, torniamo a Chieti, via Teramo.
Nelle elezioni comunali teatine, il Centrodestra ha fatto di tutto per martellarsi poderosamente i genitali, prima con la scelta di un candidato “stracotto” quale Fabrizio Di Stefano, del quale ebbi modo di apprezzare le raffinatezze dialettiche quando, nel tentativo di difendere l’indifendibile visione del traffico di Berardo Rabbuffo, da me criticata, ebbe modo di apostrofarmi facendo riferimento ad un eccesso ponderale, che avrebbe limitato le mie capacità di giudizio. La storia ha poi assegnato all’autore di quel piano traffico il destino politico che conosciamo.
Ma sto divagando, torno alle martellate testicolari: la seconda è quella di aver avuto un guastatore quale Mauro Febbo, che pur essendo assessore regionale di Forza Italia, ha appoggiato un candidato diverso da quello del Centrodestra e, per farlo, si è addirittura autosospeso dal partito… senza ovviamente autosospendersi dalla poltrona assessorile. La logica, e i miei venticinque raffinati lettori gradiranno il colto riferimento, è sempre quella che il Belli eternò in un suo sonetto, “Li soprani del mondo vecchio”, consegnando alla storia la più lucida descrizione dell’arroganza del potere «C'era una volta un Re che dal palazzo mandò in piazza al popolo quest'editto: io sono io, e voi non siete un cazzo…».
Certo, Febbo non è re, ma i suoi editti sono gli stessi. Anche nella ricercata finezza di certe sue argomentazioni. E adesso starete pensando: che c’entra Teramo? E, soprattutto, che c’entra Paolo Gatti?
Ve lo spiego, ma stavolta lo spiego davvero: se Febbo può permettersi di votare contro un candidato di coalizione, autosospendendosi dal partito pur essendo assessore regionale perché quel partito l’ha indicato, è perché quello stesso partito nulla ha fatto per impedire che si generasse un pericolosissimo precedente a Teramo. E qui arriva il Nostro: quando Paolo Gatti, esponente regionale di Forza Italia, vicepresidente del Consiglio Regionale in quota Forza Italia, decide di far cadere il Sindaco di Forza Italia Maurizio Brucchi, il partito finge di non vedere. Anzi: tenta, affidandola all’impalpabile azzimatissimo Nazario Pagano, una sorta di composizione della querelle… con il risultato di trovare nelle urne lo stesso identico risultato di Chieti: la vittoria del Centrosinistra. Di fronte all’immunità concessa a Paolo Gatti, nulla avrebbe potuto il partito nei confronti di Febbo. E infatti, nulla ha fatto. E il miagolìo triste di chi continua a considerare la politica solo come affermazione di sé stesso e non di un progetto, fino ad anteporre alle logiche del partito che gli elettori hanno scelto la propria sete di visibilità, perché sa che quella visibilità è l’unica possibilità di esistere, attraversa le vallate, triangola sui trabocchi e arriva a Chieti. Ma è un miagolìo sempre più fioco.
Sembra quasi il cigolio di una porta che si chiude. Spero per sempre.
Adamo
la foglia di Fico è una rubrica di satira politica e di politica satirica