Tutto comincia il 17 di giugno del peggior anno scolastico di sempre, quello attraversato dalla pandemia col corollario di schermi di plexiglas, distanziamenti, didattiche a distanza, banchi rotellati, esami in presenza solo di sé stessi e tutto il resto che ognuno di noi ben conosce. Quel 17 giugno, infatti, la redazione di certastampa riceve una lettera, QUESTA, firmata genericamente “I dicenti dell’IIS Moretti”, ricca di ringraziamenti per il lavoro svolto dalla preside, Sabrina Del Gaone.
(Parentesi personale: ho avuto modo di conoscere il Moretti, di essere più volte invitato quale ospite per parlare coi ragazzi o per moderare qualche incontro del Premio Borsellino, posso dire che è una “Scuola” (e si noti la maiuscola) molto diversa da quasi tutte le altre che ho visitato e frequentato. Grazie alla Preside, è una scuola aperta, che forma coi libri e con l’esperienza del reale, che parla linguaggi moderni e pensa guardando l’orizzonte. Chiusa la parentesi personale. )
Nella lettera, come dicevo, i docenti si complimentavano per il lavoro svolto dalla preside. L’abbiamo pubblicata.
Anche col piacere di farlo.
Sì, avremmo forse dovuto chiedere quanti e quali fossero i docenti che la firmavano, ma è così raro che arrivino lettere “belle” di “soli complimenti”, che non ci è sembrato un problema accoglierla.
Apriti cielo!
E’ scoppiata la guerra.
Tre giorni dopo, ricevo una telefonata del professor William Di Marco, che preannuncia l’arrivo di una lettera “di smentita” dell’altra.
Di smentita?
E perché mai? «Perché quella che avete pubblicato non era dei docenti, ma di un solo docente, il professor Pietro Costantini e non è stata affatto condivisa con gli altri». E gli altri, evidentemente, sulla Preside non la pensano come il Costantini. Anzi. E lo si intuisce nella loro lettera , QUESTA, che riferisce di tutti i traguardi raggiunti e di tante iniziative nate negli anni, prima cioè dell’arrivo della Del Gaone. Come dire: i meriti non sono della Preside.
Baruffe scolastiche, polemiche di nullo interesse per la popolazione, che certo non giovano all’immagine della scuola che ci si vanta di aver reso grande anche prima della Del Gaone. Tant’è. «La nostra lettera - mi dice Di Marco (che poi in futuro lo negherà) - è firmata da 70 docenti, e ho tutte le firme tra digitali e cartacee, poi te le farò avere».
Sì, volevo quelle firme.
Non per pubblicarle, ma per non cadere nello stesso errore della prima lettera, se è vero che avevamo preso per “firmata da tutti” la lettera di un solo docente, stavolta se si parla di 70 firme, voglio le 70 firme. «Te le farò avere al più presto» promette William Di Marco, e siccome è anche un collega giornalista, mi fido e pubblico la lettera dei 70.
Già, i settanta.
Quali settanta?
Chi sono?
Perché io, da allora, quei nomi non li ho mai avuti.
Quelle firme non le ho mai lette.
E quando ho chiesto a William Di Marco di mantenere la sua promessa, ha risposto, con un pietoso salto mortale dialettico: «Tu fammi vedere quelle della prima lettera ed io ti farò vedere le mie».
Quale fulgido esempio di correttezza, professor Di Marco!
Promette, ma non mantiene.
Afferma, ma non dimostra.
Annuncia, ma non chiarisce.
E arriva, in quello che è il momento più curioso di tutta la vicenda, addirittura a negare di aver mai detto che le firme fossero 70, anzi: «Ve lo siete inventato voi di certastampa, perché volevate fare notizia».
Notizia?
Noi?
Con le vostre beghe a bordo cattedra?
Vede, professor Di Marco (non le dispiace, vero? se non la tratto da collega, ma proprio non mi riesce, perché ho di quelli che considero colleghi una stima che non ho per lei) mi basterebbe risponderle che, alla pubblicazione della sua/vostra lettera, non ricordo di aver ricevuto sue telefonate nelle quali negava quel “70”, anzi: mi mandò un messaggio con un eloquente “Grazie”. Adesso, scopro che i 70 non sono 70 e che le firme promesse non arriveranno. In virtù di un suo patetico tentativo di capovolgere l’onere della prova. Siccome, però, non mi piace essere preso per il culo (adoro i francesismi, quando scrivo a chi cerca di giocare con le parole) rivolgo qui, adesso, da queste righe, un pubblico appello ai 70 mai smentiti docenti del Moretti che hanno/avrebbero sottoscritto quella sua lettera. Se esistono (e qualche dubbio lo nutro) aspetto che dimostrino di avere le palle (altro francesismo) e si dichiarino. Altrimenti, professor Di Marco, aspetto di leggere le sue scuse, ma non a me… perché non saprei che farmene, visto che le scuse si accettano solo per ricostruire un rapporto di stima incrinata, ma della mia stima nei suoi confronti ho già scritto; no, le deve ai suoi studenti quelle scuse, perché se è vero che il primo insegnamento è l’esempio…
Nell’attesa di ricevere le 70 mail dei docenti che ammetteranno di aver sottoscritto quella lettera, saluto quella che per me è, e resta, la grande scuola della Preside Del Gaone.
Adamo
La foglia di fico è una rubrica di satira, di politica, di politica satirica e di satira politica