In principio, era solo uno. Quello che faceva politica e che, per la regola antica dell’orbo che regna nel reame dei ciechi, si sentiva diverso e migliore, assessore d’incarico, ma Sindaco ad personam. Poi, la platea dei “cellanguli” si è andata via via popolando, e ne sono spuntati altri, ovunque, tutti accomunati da una unica, identica, genetica predisposizione all’arroganza dell’incapacità. Prima di analizzarne altri, però, precisando che ogni riferimento a persone realmente esistenti è puramente... voluto, dobbiamo dare al cellangulo una patina di ufficialità, una dignità di lemma.
Proviamoci.
CELLANGULO : sing. masch, (femm - la, plurali - li e le) / Dicesi cellangulo il giovane uomo, appena trentenne, che assume atteggiamenti di superiorità sulla base di inesistenti capacità, palesa supponenza e alterigia, si compiace della sua inutilità senza aver contezza della stessa. Tipico del cellangulo è il culto di sé, la cura del look, una certa distanza pubblica dai social (che in realtà segue segretamente fino alla dipendenza), l’uso del cappottino a bavero alzato anche fuori stagione, il pantalone corto alla Tin Tin. Fondamentale, nella logica comportamentale del cellangulo, è la mancata risposta alle telefonate, perché il cellangulo non ha mai tempo per nessuno, impegnato com’è nella costruzione del nulla.
Definito il “tipo umano”, nella certezza che ognuno dei miei venticinque lettori avrà già identificato un suo personale cellangulo di riferimento, torniamo agli esempi.
Del cellangulo politico ho già detto, aggiungerò, visto che scrivo di un orizzonte teramano, che il cellangulo politico aprutino studia da Sindaco, perché nella logica evolutiva del cellangulo c’è sempre (e c’è sempre stata) un’unica filosofia: avere senza fare, guadagnare senza lavorare. Il cellangulo politico non appartiene alla quotidianità, egli (si noti la finezza di questa terza persona) parla alla storia, dispensa saggezza. Si sente arrivato senza aver mai fatto nulla per arrivare. Anzi: senza aver mai intrapreso alcun viaggio.
Diverso, ma solo per pascolo di residenza, il cellangulo commerciante, quasi sempre erede di una dinastia di commercianti, che si sente chiamato a dare modernità a tutta la storia dinastica. Traduzione: vendere al doppio del prezzo di Amazon, aprire negozi che avrebbero difficoltà di sopravvivenza anche a Milano, fare pubblicità solo su facebook e poi fallire, perché “i teramani non capiscono niente”.
Tipico è il cellangulo giornalista, cresciuto a pane e “Gazza”, che incontra difficoltà coi congiuntivi, non saprebbe distinguere un menabó da un borderó e ha del “mestieraccio” una sola interpretazione: mettere un microfono davanti ad un qualche cellangulo e ripetere la stessa domanda, sempre quella, per avere le stesse risposte sempre quelle. Non intuendo di essere appetibile solo perché si accontenta di non essere pagato, il cellangulo giornalista - al quale il professionista (vero) deve anche dettare le domande - si sente arrivato quando può leggere un tg, salvo poi rimediare epocali figuracce quando va ad intervistare qualche personaggio importante (ma importante davvero) che non conosce.
Chiudiamo, ma la lista potrebbe essere infinita, col cellangulo imprenditore. In questo caso, oltre alle già elencate peculiarità d’abbigliamento, va aggiunto il macchinone, preferibilmente un Suv. Perché per il cellangulo l’apparenza conta. Anche in questo caso, il trentenne rampante cerca di dare una “ventata di modernità” alla sua attività, con “brand”, “customer care”, “personal mail” e altre inutilità anglofone, che non servono a nulla, specie se stai gestendo l’officina di elettrauto che era stata di tuo nonno e tuo padre, ma il cellangulo non lo sa, perché si autoconvince di essere unico.
Mi fermo qui.
Potrei aggiungere: il cellangulo in divisa, il cellangulo universitario, il cellangulo libero professionista, ma sarebbero solo varianti del “tipo umano” già descritto.
Lascio a voi la possibilità di pensare ai cellanguli del vostro orizzonte personale.
Se non li trovate, allora il cellangulo siete voi.
Adamo
la foglia di fico è una rubrica di satira, di satira politica e di politica satirica