Gentile Adamo questa mattina ho letto, divertito, l'articolo sui “cellangulo”, provando anche dare un nome ai vari tipi (anche dopo un confronto con alcuni amici abbiamo certezza sui primi due, 2 o 3 ipotesi sul terzo, ma ci siamo arresi sul cellangulo imprenditore: troppo ampia la platea dei papabili).
Poi però, rileggendo, il divertimento si è fatto dubbio: e se anche io facessi parte della categoria, magari tra le varianti “fuori concorso”?
Perché, inutile nasconderlo, qualche antipatia personale in prima battuta ha anche destato un compiaciuto “finalmente qualcuno te lo dice pubblicamente”! Ma la riflessione successiva è stata: e se qualcuno tra questi ci vedesse anche me? D'altronde, al di là di un generico fattore estetico (anche se io il risvoltino non l'ho mai messo, ma agli occhi degli altri le mie polo saranno così diverse da un pantalone improbabile?), quel che resta è un mero fatto, quello sì oggettivo, anagrafico: essere trentenni.
E questo, io, è inconfutabile, lo sono. Ma è una colpa?
So che adesso lei starà pensando: ma questo chi è? Perché si dà tutta questa importanza? Ma chi lo considera un cellangulo, o meglio: ma chi lo considera?
Vero, verissimo. Essere passato qualche volta sulla stampa nei mesi scorsi per l'attività di cui mi occupavo, ha generato quei quindici minuti di notorietà (per dirla con Andy Warhol) che sono ampiamente scaduti. E allora perché tutta questa storia?
Perché mi domando se poi sia giusto attaccare delle persone (per giunta, ma questo è un mio parere personale, meritevolissime di critica) su un assunto che di fatto è solo anagrafico. Perché, inutile nascondercelo, la politica, il commercio, il giornalismo, l'imprenditoria, di “cellanguli cresciuti” ne sono pieni, ma per loro tutti quei difetti propri del “cellangulismo” si giustificano, o comunque non si notano.
E allora, chi oggi ha 30 anni,vorrebbe provarci in un campo piuttosto che in un altro, deve desistere perché rischia di non essere capito fino in fondo (sempre che riesca a farsi capire) e vedersi poi attaccato su un “difetto” anagrafico rispetto al quale non può difendersi? Queste mie due righe non sono altro che una riflessione a voce alta e mi sono sentito di condividerle con lei perché, immagino, trattandosi di satira, l'obiettivo dell'articolo era quello di provare a far riflettere oltre che divertire. E questa è la mia riflessione.
Ovviamente non aspetto una risposta, né tanto meno una spiegazione, ma, l'auspicio (un po' di presunzione spero sia tollerata!), è quello di aver a mia volta generato una ulteriore riflessione.
Buona giornata,
Mirco D'Ignazio