Paradossi. Della burocrazia. Dell’ipertrofia normo-controllifera italiana. Anzi: peggio, perché il paradosso è una lettura esasperata di un aspetto del reale, invece in questa storia, in quella che oggi vi racconto, non c’è niente di reale. Neanche la percezione. Neanche l’allure di un appiglio con la vita vissuta.
Parliamo di soldi.
Di quelli che il Corecom, grazie ad un finanziamento della Regione, avrebbe voluto destinare agli aiuti all’editoria locale. Era uno dei capitoli della Legge “Cura Abruzzo”.
In tutto, 440mila euro destinati a risollevare le sorti delle imprese abruzzesi della comunicazione ed informazione, colpite dall’emergenza coronavirus, per salvaguardare la pluralità dell’offerta giornalistica.
Adesso, qualcuno tra voi - amici lettori - starà storcendo il naso, e nom mancherà il solito imbecille complottista che griderà allo scandalo per gli aiuti pubblici alla stampa.
Precisare necesse.
Se state leggendo questo sito, è perché ci sono professionisti della comunicazione, che investono il loro tempo e la loro professionalità, per offrirvi la possibilità di leggere GRATIS (si capisce, vero, perché l’ho scritto grande?) un vero e proprio quotidiano on line.
Non siamo un blog.
Siamo una testata giornalistica.
È diverso, molto diverso:
E ci reggiamo, come quasi tutte le testate giornalistiche pubblicare esclusivamente on line, sulla pubblicità.
In pochissimi, rari casi, c’è un editore che finanzia, quasi tutti siamo editori di noi stessi.
Con il Covid, i negozi chiusi, gli eventi sospesi, i ristoranti a cucine spente, i viaggi impossibili, il mercato della pubblicità è andato in crisi.
No, di più: si è praticamente paralizzato.
Ecco perché, quei 440 mila euro erano importanti. Noi - e come noi tanti siti abruzzesi - non abbiamo chiuso, non ci siamo mai fermati. Abbiamo fatto il nostro lavoro. Sempre.
Perché informare, in una fase come questa, significa “partecipare”.
Come è andata a finire, con quei 440 mila euro, ve lo faccio leggere su un articolo dei colleghi di Abruzzoweb, che condivido in toto e che tra qualche riga vi linkerò.
Scoprirete, che porre quale requisito fondamentale per l’accesso al contributo, quello di avere giornalisti assunti a contratto, ha di fatto reso impossible la partecipazione al bando.
Solo uno, è stato finanziato, ma è il sito di un quotidiano, non una testata esclusivamente on line.
Gli altri, niente.
Non hanno - non abbiamo - neanche partecipato.
Perché porre quel requisito, significa non voler aiutare l’editoria on line.
Perché pretendere i “contratti”, significa non avere la percezione reale di quello che è oggi l’informazione in Italia.
Ed è paradossale che lo faccia il Corecom, che invece dovrebbe avere un’immagine reale dello stato dell’arte.
Non dico che quel requisito dovesse mancare, anzi: ma avrebbe potuto essere solo un punteggio in più, non una “condicio sine qua non”.
Altri dovevano essere i parametri: la presenza effettiva, la quantità di informazione offerta, la “storia personale” delle firme, la risposta in termini di visualizzazioni, tutti dati facilmente reperibili.
Se avesse voluto davvero aiutare l’informazione on line, il Corecom avrebbe potuto (e secondo me: dovuto) copiare Google, che ha aiutato i siti in tutto il mondo, regalando un contributo economico a chi dimostrava di aver “informato” durante la pandemia.
Non hanno chiesto quanti contratti avessimo, ma quanti giornalisti lavorassero alla costruzione quotidiana del prodotto.
Il resto, tutti i dati cui facevo riferimento prima, li hanno trovati in rete.
E hanno aiutato.
Sul serio.
I soldi della Regione restano in Regione.
La prossima volta, se volete aiutarci, cercate su Google.
Adamo
Ps. Vi dovevo il link dell’articolo di Abruzzoweb , eccolo QUI