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Webetepugno

FATTO NUMERO 1:  un magistrato dispone gli arresti domiciliari per un primario, nonché assessore. L’accusa è grave: violenza sessuale. I giornali pubblicano nome, cognome e foto.

FATTO NUMERO 2: un magistrato dispone l’arresto di un colonnello dei Carabinieri. L’accusa è grave:  rivelazione di segreto d’ufficio e associazione di stampo mafioso. I giornali pubblicano nome, cognome e foto.

REAZIONI AL FATTO NUMERO 1: Il popolo webete insorge, decine di idioti armati di tastiera, danno sfogo a tutta la loro ignoranza. Se la prendono coi giornalisti, invocano leggi che non conoscono, addirittura richiami alla deontologia. La pubblicazione del nome e della foto del medico assessore, diventa una colpa da vendicare on line. I giornalisti diventano i “nemici” da colpire sui social. 

REAZIONI AL FATTO NUMERO 2: il popolo webete tace. Nessun commento. Neanche uno. Nessuno che invochi presunzioni di innocenza, deontologie violate. Niente. Eppure, anche in questo caso: nome e foto. Niente. Eppure la città è la stessa: Teramo. Eppure i giornalisti sono gli stessi. Niente. Silenzio.

SONO WEBETI

Basta guardare i loro profili, per capire che si tratta di marginali, persone che cercano nel cestone dei saldi della visibilità sui social, quello scampolo di  dignità di esistenza, che li affranchi da una esistenza senza dignità. Vomitano. Di tutto. Pur non sapendo nulla. C’è anche chi invoca la “par condicio” pretendendo la pubblicazione del nome della ragazza. E il collettivo parafemminista che parla di “presunto colpevole”, sovvertendo millenni di cultura giuridica. C’è anche il blogger sfigato, che si perde in sgrammaticate analisi pseudosociologiche. Il popolo webete è multiforme e variegato. La pandemia, poi, esaspera l’odio sociale. 

Invece, il Colonnello non merita la difesa d’ufficio del popolo social. Per l’alto ufficiale dei Carabinieri, non c’è un movimento social che invoca il silenzio, che vomita sui giornalisti che hanno pubblicato nome e foto, che accusa  i cronisti di aver “sbattuto il mostro in prima pagina” (frase che ai webeti - formatisi con la lettura dei soli titoli dI libri e film - piace molto). Nessuno. Neanche un collettivo virtuale di difesa. Nessuno.

PERCHÉ?

Difficile dirlo. Difficile capire perché il popolo webete si schieri a difesa del ginecologo,  e non del colonnello. Difficile comprendere perché la foto del medico sia “già una condanna”, mentre quella del Carabiniere sia diritto di cronaca. Sulle prime, ho pensato che non ci fosse un "perché". Sono webeti, ergo webeteggiano. 
Ma è troppo semplice.

Poi, ho pensato che fosse per  “l’accessibilità” dell’arrestato. Mi spiego: sono certo più numerosi quelli che conoscono un primario - assessore, di quelli che hanno avuto la possibilità di conoscere un Colonnello dei Carabinieri. Poi, ho pensato che fosse una questione “territoriale”, perché il primario-assessore è teramano, mentre il Colonnello è per la natura del suo incarico “di passaggio”.  Poi, ho pensato che fosse per il tipo di reato, perché per la crassa ignoranza webete è più facile “non credere” alla giovane donna che accusa il personaggio famoso, piuttosto che “non credere” ad un procuratore che accusa un Colonnello. E forse è proprio qui, la chiave di lettura delle webeterie dilagate. La “forza” mediatica dei protagonisti. Nella percezione del popolo social, Colonnello e procuratore, sono oltre il livello “basic” di comprensione del reale che alimenta le menti webeti. La sconosciuta “giovane donna” che accusa di violenza un personaggio famoso, è l’anello debole. Un bersaglio comodo. Una preda facile da sbranare. 

Così come fanno i leoni veri, che cacciano scegliendo prese indifese, così fa il branco idiota dei leoni da tastiera: si nutre di prede facili. Sarà già altrove, su altri pascoli, a sbranare altre prede, a vomitare altri insulti contro i giornalisti, quando in un tribunale (vero, non virtuale) un magistrato (vero, non laureato su internet) deciderà se il ginecologo primario e il colonnello siano colpevoli o innocenti. 

Ai cafoni social non interesserà. 

In capo a tutti c'è Internet, padrone della rete. Questo ognuno lo sa. Poi viene Zuckenberg,padrone di Facebook, Instagram e Whatsapp. Poi vengono quelli che usano la rete per comunicare. Poi vengono quelli che usano la rete per giocare. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i webeti. E si può dire ch'è finito.

ADAMO