Sindaco D’Alberto, sono settantacinque chilometri. In linea d’aria. Solo settantacinque chilometri. Lo sapeva?
Tra Rishon Lezion e Gaza, ci sono appena settantacinque chilometri. Lo sapeva, Sindaco? Tra la quarta città israeliana e la più grande città palestinese, solo settantacinque chilometri. In linea d’aria.
Anzi: tra Rishon-Letsiyon e le case dei bambini morti sotto i bombardamenti israeliani, ci sono settantacinque chilometri. Solo settantacinque chilometri. In linea d’aria.
È importante, la linea d’aria.
Perché è quella che seguono i razzi. Prima di cadere, magari carichi di fosforo, anche sulle case dei civili.
Settantacinque chilometri, Sindaco. Solo settantacinque chilometri. Tra le case dei “tutti vaccinati” dall'efficientissima sanità israeliana e l’unico laboratorio di Gaza in grado di effettuare test screening sul Covid, distrutto poche ore fa dalle bombe, ci sono solo 75 chilometri.
Lo sapeva, Sindaco?
È importante, che lei lo sappia, perché quelli che stanno scaricando razzi e bombe, anche sulle case dei bambini, sono nostri fratelli.
Gemelli.
Perché Rishon-Letsiyon è gemellata con Teramo.
È vero, i gemellaggi sono simbolici, sono manifestazioni di colleganza, mere esibizioni di simpatia.
Il problema, caro Sindaco, è che io non sento alcun collegamento con quelli che sparano. E non mi stanno simpatici, quelli che bombardano uccidendo bambini. Anzi, mi infastidisce anche lo stemma di Rishon-Letsiyon, che “simbolicamente” campeggia sui cartelli all’ingresso della mia città.
Una città italiana, Sindaco.
La nostra città.
Quella che vive in un Paese che, a differenza di Israele, una Costituzione ce l’ha. E sulla nostra Costituzione, lei lo sa benissimo Sindaco, all’articolo 11 c’è scritto che “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Chi spara, non è mio fratello, chi bombarda non è mio gemello.
Sì, lo so, adesso qualcuno leggendo queste righe, dirà che la faccio facile, che banalizzo le ragioni storiche, culturali e religiose del conflitto ebreo-palestinese. E che anche Hamas lancia i Qasam sulle case di Tel Aviv. E che sono terroristi.
Vero. Tutto vero.
Ma noi siamo gemellati con Rishon-Letsiyon.
Non abbiamo il potere di fermare la guerra, ma il dovere di dire ai nostri “gemelli” che no, ma proprio no, noi non vogliamo, non possiamo e non dobbiamo essere legati a gente che tira le bombe sui bambini. Noi non vogliamo, non possiamo e non dobbiamo condividere nulla, neanche una firma su un inutile pergamena di gemellaggio, con chi considera “giusto” bombardare una città.
I gemellaggi, per quanto meramente simbolici, creano un legame.
Io non lo voglio un legame, con chi tira i razzi sulle case dei civili.
Non sono miei fratelli.
Lei forse ricorda, Sindaco, che nel 2013 il suo predecessore Maurizio Brucchi è andato a Rishon-Letsiyon, per “rinsaldare un legame”. Si scrisse, in quell’occasione: “Le prospettive, rileva Maurizio Brucchi, paiono particolarmente incoraggianti, anche perché Rishon Le Zion è una città in crescita economica notevole, e pertanto ci sono i presupposti per il nostro territorio di presentarsi e considerare un ventaglio di opportunità favorevoli, quali ad esempio uno scambio tra ragazzi diplomati attraverso progetti di volontariato e culturali”.
Belle parole.
Rimaste parole.
Perché è difficile “scambiare” ragazzi tra un Paese che ha abolito il servizio militare e uno che impone tre anni di leva.
Scriva, Sindaco.
Scriva a nome nostro.
Scriva ai nostri “gemelli”, che la guerra... l’ennesima guerra, non risolve niente.
Glielo scriva, Sindaco, che su ogni razzo che parte si perde un frammento della nostra umanità.
Glielo scriva, Sindaco.
Che nessun Dio promette una terra, se per tenersela bisogna uccidere i bambini.
Glielo scriva, Sindaco.
Che nessun libro, neanche il più sacro, autorizza i bombardamenti su civili indifesi.
Glielo scriva, Sindaco.
Che quell’Abramo dal quale loro rivendicano discendenza, e del quale vogliono condividere la terra dell’eterno riposo, è il condiviso patriarca di tre religioni.
Anche di quella dei bambini morti sotto le bombe.
Glielo scriva, Sindaco.
Che i teramani non si sentono gemelli loro. E che non saranno le bombe, ma le parole a costruire il futuro.
Poi, magari, fermiamoci un attimo a valutare se e quanto ci faccia piacere lo stemma di Rishon-Letsiyon, sui cartelli della nostra città.
Perché i gemellaggi si stringono... ma si possono anche sciogliere...
ADAMO