«Quando scopriranno il chip del 5g nel sangue di tua figlia, dovrai vergognarti del tuo silenzio, giornalaio di merda…». Sembrava fosse una giornata normale, anzi: resa certo peggiore dal caldo. che nelle valli dell’entroterra abruzzese sfiora i 40 gradi. Invece, il novax non va in ferie e non soffre il caldo, ma si apposta famelico sotto i portici del Corso principale della città (Teramo, in questo caso) e appena può si lancia contro la preda preferita: il giornalista. Anzi: il pennivendolo corrotto, servo delle Bigpharma, prezzolato dai poteri forti, spia di Bill Gates, complice di Bezos, consumatore di Mc Donald’s, a libro paga della Pfizer... ma soprattutto, “giornalaio”.
Tra tutte, l’offesa che - da sempre - considero più ingiusta, per chi fa il mio mestiere, è proprio questa: “giornalaio”. E non per un orgoglio di casta, né per la difesa di un ruolo sociale che - ahimè - questo mestiere ha perso da tanto, tantissimo tempo, ma per il rispetto che si deve a chi fa un lavoro durissimo, reso sempre più difficile dall’avanzare delle nuove tecnologie, complicato da una pandemia che non è legata al Covid, ma alla sempre più dilagante abitudine a “subire” passivamente il flusso delle notizie, invece che esserne attivi interpreti.
Dare del “giornalaio” ad un giornalista, è ingiusto per i giornalai.
E decido di spiegarlo al novax teramano: «Guarda, che avere un edicola, oggi, significa continuare a svegliarsi prima dell’alba per andare a sistemare pacchi di quotidiani che si fanno sempre più leggeri, e poi passare ore e ore in una scatola di metallo (spesso mal coibentata) esposta al sole, al freddo, alla neve e alla pioggia, nella speranza di poter lucrare i pochi centesimi della “quota parte edicola” del prezzo di copertina. E’ un lavoro che in molti abbandonano e che qualcuno affronta reinventandolo, magari trasformando le edicole in piccoli bazaar, vendendo di tutto e di più, pur di trovare la forza di non chiudere. E’ un lavoro duro. E' un lavoro vero. Non mi offendi, se mi dai del giornalaio… perché nessun lavoro può essere considerato un’offesa e senza il loro, il mio sarebbe stato diverso».
Il novax mi guarda. Sembra stupito. Intuisco quasi un lampo di luce che attraversa il suo sguardo sempre puntato contro ogni “gomblotto”, poi replica : «Stai zitto, ciccione di merda».
Che siano novax o tifosi da stadio, anarchici convinti o militanti di partito, studenti di destra, o operai di sinistra, alla fine, quando crollano le ideologie e le certezze assolute, resta sempre e solo l'insulto sulla “panza”. Universalmente trasversale.
ADAMO