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GuerraCome dite, c’è una guerra? 

Davvero?  

Spiegatemi, vi prego, cosa accade. 

C’è davvero una guerra? 

Cioè, volete dirmi che c’è un angolo del Mondo, nel quale c’è qualcuno che spara e qualcuno che muore?

Ma davvero?

Ma dai?

Ma come?

E, soprattutto, ma che notizia è?

Lo sapevo già, che c’era una guerra, in un angolo del Mondo e che quell’angolo del Mondo si chiama Burkina Faso, si chiama Libia,  Mali, Mozambico, Nigeria, Congo, Somalia, Sudan, Afghanistan, Birmania-Myanmar , Filippine, Pakistan, Cecenia, Daghestan, Striscia di Gaza, Siria, Yemen, Colombia, Messico.

Gente che spara e gente che muore. 

Molto più che in Ucraina.

Eppure, non ho visto i pacifisti in piazza, per i quattromila morti del Nagorno-Karabakh.

Non ho visto il Colosseo, o i municipi di mezza Italia, colorati coi colori del Darfur, dove i morti sono stati quattrocentomila.

E non ho sentito uno sportivo, neanche uno di uno sport magari minore, di quelli che non pratica nessuno… che ne so… tipo il tamburello, chiedere di escludere le nazionali israeliane.

Non capisco, forse quando cade un missile su una scuola, fa differenza se porta stampata una stella rossa a cinque punte o una azzurra a sei? 

C’è una “graduatoria” d’importanza per i morti?

Eppure, non ho visto anacronistiche associazioni partigiane, rivendicare la legittimità dell’invasione turca nel Kurdistan, né ho sentito politologi da salotto televisivo spiegarci le ragioni antiche, e magari “storicamente comprensibili” della legge coranica imposta dai talebani.

No. 

Non c’è una guerra.

Non c’è un’invasione.

Ce ne sono tante. 

Più di cinquanta, secondo le organizzazioni internazionali. 

Cinquanta guerre.

Delle quali, non frega niente a nessuno.

Con milioni di morti.

Dei quali, non frega niente a nessuno.

Perché sono guerre dei poveri, che non meritano l’indignazione internazionale, che non pretendono neanche lo sforzo di una sanzione, perché non puoi colpire l’economia di un Paese che un’economia non ce l’ha.

L’Ucraina, è diversa.

L’Ucraina, fa notizia.

Perché questa è la guerra “ricca” di una superpotenza, che vuole prendersi un Paese che ha più materie prime che residenti. Dall’altra parte del Mondo, come in un film di Bond datato e scritto male, c’è l’America che s’incazza, peró guai a ricordarle che per cercare “armi di distruzione di massa” che non esistevano, un Paese l’hanno invaso e devastato a forza di bombardamenti.

Ma quella era una guerra giusta, perché vendicava l’attacco di Osama, che invece, a sua volta, era convinto di combatterne una “Santa”.

Non esiste una guerra santa. 

Né una guerra giusta. 

Né una guerra comprensibile, o legittima, o giustificabile, o inevitabile, o magari preventiva.

Guerra, è una parola che non si aggettiva. Perché ogni aggettivo sottintende un’attribuzione di qualità, foss’anche negativa, ma pur sempre valoriale.

Non c’è valore, nel decidere di lasciare alle armi il ruolo che deve essere della ragione. Non c’è valore, in un missile che cade, perché non fa alcuna differenza da dove sia partito, l’effetto che fa è sempre lo stesso. 

Uccide.

E smettiamola, anche noi giornalisti, di credere alla cazzata madornale delle “bombe intelligenti”, perché non c’è niente di intelligente nel confondere un ospedale con una caserma, o una scuola con un deposito di munizioni.

Ma che volete che sia? Ci sta, può succedere, sono gli “effetti collaterali di un conflitto”, come ci racconta lo show business mediatico della stampa internazionale, accorsa in massa a raccontarci live questa “guerra spaventosa”. Le veline si rincorrono, la propaganda yankee e la disinformatia russa fanno a gara per raccontare verità che verità non sono, e i media italiani fanno copia e incolla acriticamente. Fino ad arrivare allo sconcertante provincialismo (e mi trattengo) di quella tv locale nostrana, che ha aperto il tg con i bombardamenti in Ucraina e a seguire… la notizia dell’allarme bomba allo Scientifico. 

In fondo, sempre bombe sono, no? 

La guerra vera, quella della cultura e della civiltà, l’abbiamo persa tutti.

Del resto, il nostro è un Paese geograficamente ignorante e storicamente disinteressato a tutto quello che accade all’estero, a meno che non si tratti di un campionato straniero, perché di quelli, in questa landa calciodipendente, sanno tutti tutto. Per il resto, ci pensano le agenzie e i tuttologi pronti per ogni intervista, così se su un canale Putin è un mostro sanguinario, sull’altro gli Ucraini sono quelli che hanno massacrato la popolazione russofona del Donbass. Dove, per inciso, i morti sono stati 14mila.

Ma anche di quelli, non frega niente a nessuno.

Perché la guerra, tutte le guerre, sono il trionfo dell’ipocrisia, la pietosa e falsa partecipazione del “resto del Mondo” alle sventure di un popolo bombardato. 

Sono l’ipocrisia dell’Europa, che “chiude i conti alle banche russe”… tranne quelle che ci servono per pagare il gas. 

Sono l’ipocrisia degli Stati Uniti d’America, che s’indignano e minacciano sanzioni contro la Russia che vuole “arginare” l’Ucraina, ma poi da sessant’anni “arginano” Cuba con un embargo incivile, contro il quale sei mesi fa tutti i Paesi dell’Onu hanno votato contro, tranne Israele e tre astenuti. 

Uno di questi, era l’Ucraina.

Sono l’ipocrisia di Putin, che cerca di far passare l’invasione di un Paese sovrano, come un’azione di liberazione dai “nazisti” che lo governano. 

Sono l’ipocrisia dell’Ucraina stessa, guidata da un ex comico che cerca ribalte internazionali, ma fa poco o nulla per combattere la corruzione, vero male endemico. 

Sono l’ipocrisia della solidarietà, di tutti quelli che espongono bandiere ucraine, ma poi in realtà se ne fregano, perché l’interesse per un fatto è direttamente proporzionale alla distanza che ti separa da quel fatto.

E da qui, le bombe non si sentono. E in tv sono solo la prima notizia del tg, ma presto ci annoierà, vedrete. 

E non si sentono neanche le bombe che scoppiano un giorno sì e l’altro pure, in Somalia,  dove quattro milioni di persone stanno affrontando una siccità devastante e un milione e mezzo di bambini rischiano la morte per denutrizione.

Perché, tra tutte le guerre, ho scelto proprio la Somalia?

Perché al confine polacco, i profughi in fuga dall’Ucraina vengono accolti e ospitati. 

Quasi tutti.

Cinque sono stati respinti e picchiati. 

Erano studenti africani dell’Università di Kiev.

Erano neri.

Erano somali. 

ADAMO