Più che un CIBUS… quello al quale sta, con soddisfatto gongolare dell’assessore Filipponi, partecipando il Comune di Teramo, è un REBUS.
E, come tale, va interpretato e, magari, risolto.
E lo intuirete nel racconto che sto per offrirvi, che si regge su una sola domanda… la risposta, ve la darete da soli, alla fine.
Ecco la domanda: che ci fa il Comune di Teramo al Cibus?
La risposta ufficiale è nella delibera che approva la spedizione parmigiana: “…l’iniziativa rappresenta l’occasione per pubblicizzare e promuovere i prodotti e le eccellenze enogastronomiche del nostro territorio nell’ambito di una manifestazione di grande richiamo e partecipazione di pubblico e critica, al quale prendono parte molte regioni italiane con la presentazione dei propri prodotti tipici e, conseguentemente, con potenziali ricadute di natura turistica ed economica per la Città di Teramo”.
Chiaro, no?
Chiarissimo!
Di quale altra spiegazione potrei aver bisogno?
Ma io sono malfidato, voglio verificare tutto.
Parola per parola.
“…occasione per pubblicizzare e promuovere i prodotti e le eccellenze enogastronomiche del nostro territorio…”
Quali? E chi le ha scelte? Ma di questo scriverò tra qualche riga. E diffusamente.
“… una manifestazione di grande richiamo”
In realtà, l’anno scorso in quattro giorni, il Cibus ha contato 60 mila presenze. Meno della Fiera dell’Agricoltura di Teramo, secondo i dati del citato assessore. Non mi pare “grande richiamo”
“… grande partecipazione di pubblico…”
A questa faccio rispondere la biglietteria del CIBUS: «Pubblico? Quale pubblico? Il CIBUS è una fiera di settore, riservata agli operatori, per acquistare il biglietto si deve avere una partita Iva di settore…». Ora, siccome siamo in Italia, io sono disposto a credere che qualcuno possa entrare anche senza quella partita Iva, magari presentandosi alla cassa… ma è un po’ poco per considerarla una “grande partecipazione di pubblico”, tanto più che il biglietto costa 80 euro. Non è affatto manifestazione da “pubblico”, e lo dimostra anche la scelta dei giorni: è cominciata martedì e finisce domani, venerdì. Nessuna manifestazione da “grande pubblico” eviterebbe il week end.
“…al quale prendono parte molte regioni italiane…”
Secondo l’elenco degli espositori, le “molte” Regioni sono: “Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio e Puglia…”. Non c’è neanche l’Abruzzo, visto che il logo della regione lo inalberano le Camere di Commercio. Cinque su venti è “tante”?
“…potenziali ricadute di natura turistica ed economica per la Città di Teramo…”
Sul turismo, vale quello che ho detto sul “grande pubblico”, sulla ricaduta economica invece valgono i ventiduemilacinquecentonovantasei euro spesi per lo stand al Cibus. 22.596,84 per la precisione, per 36 metriquadri di stand. Vitto e alloggio della delegazione teramana, deduco siano a parte.
A questo punti, rinnovo la domanda: che ci fa il Comune di Teramo al Cibus?
«Siamo al CIBUS con la DECO del Comune di Teramo, l’idea è stata del consigliere Di Teodoro - spiega il tricitato assessore Filipponi in un video diffuso alla stampa - e noi siamo venuti con i ragazzi del Di Poppa e l’associazione cuochi, per promuovere il nostro territorio, con uno show cooking che ci vedrà offrire: scrippelle ‘mbusse, mazzarelle, formaggio fritto, maccheroni alla chitarra…»
Dunque, se ho ben capito, il Comune è a Parma su idea di un consigliere di opposizione (titolare di un’attività commerciale con partita Iva, che non gli consentirebbe l’ingresso al CIBUS), per promuovere la cucina teramana in una fiera senza pubblico?
Provo a capire meglio: il Comune sta cercando turisti in una fiera aperta solo ad operatori del Food? E stiamo offrendo sapori della teramanità, gratuitamente, a persone che si aggirano in fiera alla ricerca di un macchinario, di un prodotto, di un forno per le pizze, o magari di un packaging per le mozzarelle?
Quindi, la promozione turistica sta nel fatto che speriamo che qualcuno di questi, dopo aver assaggiato una porzione di scrippelle, decida magari di venire con la famiglia in vacanza a Teramo..
Niente di più.
E questo servizio mensa gratuito ai visitatori del CIBUS, lo considerano davvero generatore di “…potenziali ricadute di natura turistica ed economica per la Città di Teramo”?
Torno alla domanda: che ci fa il Comune di Teramo al Cibus?
Qualcuno adesso, tra i miei più attenti lettori, potrà dire che il tetracitato Filipponi ha parlato anche della DE.CO, cioè della Denominazione Comunale di Origine, una specie di Doc aprutina, che identifica i prodotti del territorio.
“Siamo al CIBUS con la DE.CO…” dice nel video, e lo scrive anche, in un comunicato ufficiale: “La Città di Teramo al Cibus di Parma con il marchio Deco. Un viaggio nei sapori della tradizione teramana, che attraverso i prodotti tipici del territorio racconta la storia e la cultura del capoluogo di provincia. E’ quello proposto dal Comune al Cibus di Parma, la fiera internazionale dell’agroalimentare Made in Italy, dove la città di Teramo si è presentata con il valore aggiunto del marchio Deco, la denominazione di origine comunale, volta proprio a promuovere i prodotti locali”.
Traduco: a parte la mensa gratuita per i visitatori, siamo venuti a promuovere i prodotti locali col marchio DE.CO.
Già, ma quanti e quali sono i prodotti con il marchio DE.CO?
«Nessuno - risponde un gentilissimo funzionario comunale - perché il marchio di fatto ancora non esiste, l’abbiamo depositato alla Camera di Commercio e siamo in attesa della registrazione, comunque mi pare che le istanze arrivate dalle aziende che vogliono iscriversi, siano solo un paio…».
Rifaccio la domanda: che ci fa il Comune di Teramo al Cibus?
E.. provo a darmi una risposta: il Comune di Teramo è al CIBUS, per cercare turisti in una fiera senza pubblico, offrire gratis il pranzo agli addetti al settore impegnati nelle loro attività e promuovere le aziende di un marchio che non esiste.
A questo proposito: se il marchio non esiste, chi le ha scelte le aziende che il Comune ospita gratis nel suo stand da ventiduemilacinquecentonovantasei euro?
E’ stato fatto un bando (come ha fatto la Camera di Commercio, portando poi solo tre aziende del Teramano)?
Chi ha scelto i prodotti del territorio da portare in Fiera?
E perché quei prodotti, e non altri?
Quali i criteri?
Perché, se tra quelle in mostra, c’è anche la produzione di un caseificio che non nasconde parentele con il pentacitato assessore Filipponi, sono criteri che sarei curiosissimo di conoscere.
Avevo detto all’inizio che, alla fine, la risposta ve la sareste dati da soli.
Io vi rifaccio solo la domanda:
che ci fa il Comune di Teramo al Cibus?
Io, il mio rebus l’ho risolto: è UN GRANDE BLUFF...
con …potenziali ricadute di natura turistica ed economica per la Città di Teramo. Ovviamente
ADAMO