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 GoldrixHo aspettato. Un paio di giorni, prima di scrivere di Carmine e del suo “gestaccio”: l’aver strappato la carta di identità per poi riconsegnarla al Sindaco.

Ho aspettato. Un paio di giorni, perché volevo leggere le reazioni, ascoltare i commenti, godermi la narrazione pubblica e privata del fatto. 

Sono deluso, lo ammetto.

A parte il bellissimo intervento di Massimo Ridolfi, che ha saputo leggere l’arte nel gesto e il gesto dell’artista, e i commenti di Leda Ragas offerti alla platea social, il resto è stato poco o nulla. 

Più nulla che poco.

Ed è paradossale che un atto di protesta, pensato per contestare il silenzio, generi altro silenzio.

Se le mancate risposte a Carmine, sul suo progetto, sono state un tristissimo esempio di malintesa interpretazione del ruolo pubblico, da parte del Sindaco e degli assessori, le mancate reazioni al suo gesto sono un atto di inaccettabile prepotenza politica.

Giova ricordare che, nel gioco dei ruoli che la democrazia ci concede, all’eletto non è concessa la scelta sul rispondere o meno all’elettore, ma è imposto il dovere di rispondere. 

A Carmine, non hanno risposto.

In fondo, chiedeva solo quello: un sì o un no. Voleva che la sua città scegliesse se quel Goldrake, al centro di piazza Garibaldi, lo volesse o meno. 

Gli hanno addirittura fatto sapere, a mezza bocca, che la Soprintendenza aveva imposto un veto… sull’Ipogeo.

Neanche in un Paese bislacco come il nostro, è credibile che qualcuno consideri “bene tutelabile” l’Ipogeo.

Così, Carmine ha fatto un accesso agli atti e ha scoperto che quel veto non c’era.

Non c’è mai stato.

Era l’alibi di una mancata risposta.

Perché qualcuno, tra le stanze dell’amministrazione, evidentemente ritiene che il non rispondere sia un modo di rispondere.

Del resto… anche io aspetto che l’assessore Filipponi mi risponda su Cibus, sui Goonies e sui costi delle Virtù estive.

Chissà, forse non mi legge… non è tra i 7mila lettori medi dei miei articoli (tra sito e social)… ma non fa nulla, so essere paziente. 

E cercarmele, le risposte.

Carmine anche, è stato paziente.

Fino a quando la pazienza non si è sciolta, corrosa dall’acido dei silenzi colpevoli.

E non si è sentito più teramano.

Non si è sentito più parte di questa città.

Non si è sentito più rappresentato da questa amministrazione.

Strappando quella carta di identità, Carmine ha offerto alla storia il ricordo di un gesto che è di pura, totale, appartenenza, anzi: di rivendicazione di una volontà di viverla questa terra.

Un gesto d’amore.

Incomprensibile, agli occhi di chi considera Teramo, in virtù di un pugno di voti, un palcoscenico per la celebrazione del proprio ego.

A me, quel Goldrake non piace.

Ma adesso mi manca.

 

ADAMO