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Un primo successo, l’incontro convocato dalla presidente della Camera di Commercio, Antonella Ballone, sul nuovo ospedale di Teramo, l’ha già ottenuto. Prima ancora di cominciare. Ha rimesso la palla al centro. Nel fuoco continuo di dichiarazioni e controdichiarazioni, di accuse e repliche, di progetti bocciati o mai presentato, di firme raccolte e petizioni annunciate, di posizioni prese, riprese, poi cambiate e forse mai avute, si era lentamente sbiadito l’oggetto primo del contendere: il nuovo ospedale, appunto.

Perché di un nuovo ospedale Teramo ha un bisogno assoluto. Il Mazzini è vecchio, progettato per una Sanità di più di mezzo secolo fa e non è passato indenne attraverso le crisi sismiche che hanno colpito la nostra città.

Un ospedale nuovo, moderno, efficiente, efficace, attrezzato e strutturato serve. 

E presto.
Solo che “presto” e “politica” non sono termini associabili, nel Paese della chiacchiera e del rinvio, della progettazione infinita e delle competenze barcollanti, nel quale non si sa mai davvero chi debba prendere una decisione e quando.

Così, il tempo passa e il nuovo ospedale non nasce.
E - vale la pena di ricordarlo - quando decideranno di farlo... mancheranno 7 anni all'inaugurazione.
Sette anni, tanto dureranno i lavori.

Invece - lo ripeto a costo di diventare noioso - un ospedale ci serve.

E presto.

Allora, proprio in vista dell’incontro di oggi pomeriggio, e anche alla luce della lettera aperta del Sindaco D’Alberto (che secondo me è un malriuscito tentativo di lucrare qualche beneficio elettorale, cavalcando la tigre dell’agitazione dei comitati) abbiamo pensato di fare un po’ di chiarezza, una sorta di piccola operazione verità.

Carte alla mano, ovviamente.

Cominciando dalla delibera della Giunta Regionale n.315 del 18 maggio 2018, e cito la data perché vi sia chiaro che sono già passati quattro anni, con la quale il presidente D’Alfonso, con i teramani Giorgio D’Ignazio e Dino Pepe, insieme a Lolli e Paolucci, visto che «…l’ospedale di Teramo è considerato strategico, ma gli interventi necessari per l’adeguamento sismico, antincendio e impiantistico … difficilmente riuscirebbero a raggiungere un completo adeguamento…con risoluzioni più difficoltose tecnicamente ed economicamente più gravose rispetto alla realizzazione di una struttura ex novo…», delibera: «…di autorizzare la Asl di Teramo ad attivare la fase procedurale » relativa alla costruzione di un nuovo ospedale.

Quattro anni fa.
Tutti d’accordo nel fare il nuovo ospedale.
Già, ma farlo dove?

La narrazione di oggi, quella che fa il Sindaco di Teramo nella sua lettera aperta (leggila qui) è quella di un primo cittadino “sdegnato” da una serie di situazioni, che toccano sia la sanità sia il tema specifico del nuovo ospedale.

Scrive D’Alberto 

«….qualsiasi scelta afferente il nuovo presidio ospedaliero deve essere una scelta della collettività teramana…» cavalcando a briglia sciolta la tigre populista del fermento dei comitati, perché in un anno elettorale è sempre meglio non innervosire la piazza, specie se prima di te si sono espressi il potenziale candidato del Centrodestra e un consigliere regionale della tua stessa parrocchia politica.
Eppure, era stato proprio D’Alberto nel chiudere il Comitato ristretto dei Sindaci del 25 ottobre 2021 a spiegare: «…è vero che da un punto di vista meramente politico ed elettorale a volte ad un Sindaco converrebbe cavalcare la protesta dei cittadini, ma in questo momento non sarebbe giusto, perché abbiamo tutti il dovere di valutare la proposta della Asl, dato che si tratta di un piano strategico che non c’è mai stato in passato…»

Un piano strategico?

Quale piano strategico?

Lo spiega lo stesso D’Alberto, nella riunione del Comitato ristretto del 27 gennaio 2022, quindi siamo già a quest’anno: «… l’area del Mazzini non resterà senza una destinazione, ma diverrà una struttura deputata alla gestione della sanità territoriale…».

Ma come, lo stesso D’Alberto che oggi invoca la partecipazione della piazza, solo un pugno di mesi fa invocava la responsabilità dei Sindaci nell’adottare scelte anche impopolari?


E quello stesso D’Alberto che ieri sottolineava la bellezza del piano strategico, oggi scrive: «…ritengo sia assolutamente necessario chiarire se ci siano, e nel caso, quali siano, gli elementi tecnici e sanitari per i quali sarebbe non conveniente o non sicuro realizzare in quella stessa area il nuovo presidio ospedaliero, che ha ragione di esserci soltanto quando migliori l’offerta complessiva della sanità teramana».

Eppure, di certo costituisce un miglioramento dell’offerta complessiva il fatto che, quando avremo un nuovo ospedale, la Asl voglia fare del Mazzini «…l’hub territoriale più importante in Abruzzo, sede della Città della Salute e ospiterà l’Uccp, il Dipartimento del territorio, il Distretto Sanitario di Base, gli ambulatori specialistici, l’Adi, il servizio di riabilitazione, il servizio farmaceutico, il Consultorio, il Dipartimento di prevenzione, il Servizio Vaccinazioni, un laboratorio analisi di primo livello, il centro allergologico, la dialisi territoriale, un centro diagnostico radiologico e tutti gli uffici attualmente presenti in Circonvallazione Ragusa…».
In quella stessa riunione, era stato anche ribadito che tra tutti i siti valutati (ovvero Piano d’Accio, contrada Fiumicino vicino allo Stadio, Sant’Atto, Contrada Casalena e vecchio Mazzini) quella vicina allo Stadio è risultata la migliore, e nella valutazione non sono neanche stati considerati i disagi provocati - eventualmente - dai lavori sul vecchio Mazzini, ovvero dal rifare un ospedale senza chiuderlo. 

E non solo, venne anche ricordato come il Consiglio Comunale - anche aggiungendo Villa Mosca alle sedi - abbia sempre deliberato sulla realizzazione di un nuovo ospedale, mai sulla ristrutturazione del vecchio.



Concludendo, il Sindaco che oggi invoca la partecipazione popolare, apprezza la scelta di Villa Mosca e tuona contro la mancata programmazione è lo stesso che pochi mesi fa invocava il primato della politica, applaudiva al nuovo ospedale a Fiumicino e si complimentava col piano strategico della Asl.

Ma non c’era una tigre da cavalcare…

ADAMO