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Passi la campagna elettorale.
Passi che Rapagnani (che mi sta anche simpatico) sia uno degli ultimi arrivati in Consiglio Comunale. 

Passi anche la necessità di avere occasioni di visibilità. 

Ma… est modus in rebus. 

Anzi: lo dico alla teramana: ‘nze po’ sentì.
La sua controreplica alla replica del Presidente dell’Ater Maria Ceci, proprio …‘nze po’ sentì.
Veloce riassunto dei fatti: Rapagnani attacca l’Ater sulla ricostruzione post sisma non partita e l’Ater risponde, spiegando quanto si sia fatto e quanto ancora c’è da fare.

Poteva finire così.

E invece no: Rapagnani ri-risponde.
Sostenendo, tra le altre cose, che:  «… è oggettivo che sul tema della ricostruzione pubblica a Teramo è stato fatto assai poco…»
Una frase con la quale il buon Rapagnani ci regala lo spettacolo meraviglioso di un autogol a porta vuota, con esultanza incontrollata.
Insomma, una clamorosa gaffe politica ed elettorale.
Perché letteralmente, quella frase, svela una verità assoluta, ma non perché riferibile agli alloggi popolari, quanto alla gravissima realtà della totalmente assente ricostruzione post sisma del Comune di Teramo.
E’ “pubblica” anche e soprattutto tutta la ricostruzione che il Comune avrebbe (e ripeto: avrebbe) dovuto avviare.
In sei anni e mezzo.

Invece, nel suo rivendicare fieramente il ruolo consiliare, Rapagnani finge di non notare che l’austera aula nella quale esercita quello stesso ruolo, non è la vera sala consiliare della municipalità aprutina, ma lo spazioso ex stabilimento di una fabbrica di gazzose, perché il vero teatro della politica teramano è chiuso. 

Da sei anni e mezzo.

Eppure, all’attento consigliere, non sarà sfuggito il fatto che la vera sala consiliare teramana è un “vuoto” sospeso su poderose colonne, che creano un porticato così pericolante, ma così pericolante… che la sottostante farmacia non ha mai chiuso.
Eppure, in sei anni e mezzo, l’amministrazione dalbertosa che Rapagnani sostiene, difende, appoggia e rappresenta, non è riuscita neanche a far partire i lavori per riaprire quella sala consiliare.
Neanche quella.
E l’Ufficio Tecnico che se ne è dovuto andare?

E gli assessorati che hanno lasciato piazza Martiri?

E le scuole terremotate?
Niente di niente.

Da sei anni e mezzo.

Eppure, Rapagnani… non ne parla.
Ripeto: io capisco le logiche della campagna elettorale, ma sarebbe buona regola “pulire” in casa propria, prima di criticare lo sporco in casa degli altri. Altrimenti, si scivola nell’autogol e gli autogol, sappia Rapagnani, fanno una bruttissima figura in campagna elettorale.
Qualora sentisse il bisogno di arricchire il curriculum di altre gaffe, le consiglio: un bel comunicato sull’importanza della sosta a pagamento o, magari, una bella proposta di mobilità sostenibile con monopattini (così magari il Comune ci spiegherà dove siano finiti tutti quelli che si aggiravano in città)

Se di ricostruzione vuole parlare, lo faccia partendo da “casa sua”, che poi è la casa di tutti: chieda al “suo” assessore, al “suo” vicesindaco, al “suo” Sindaco cosa abbiano fatto negli ultimi cinque di quei sei anni e mezzo passati dal terremoto. 

Com’è che scrive Rapagnani?

«… è oggettivo che sul tema della ricostruzione pubblica a Teramo è stato fatto assai poco…»


Parole sante…

ADAMO