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SUPERCIPOVada come vada, questa campagna elettorale uno straordinario risultato l’ha già ottenuto. Un risultato che solo ieri, all’atto della presentazione delle liste, è diventato ufficiale: è finita la carriera politica di Vincenzo Cipolletti. Non che mi fossi mai accorto che fosse iniziata, visto che di lui, per quanti sforzi io faccia, non riesco a ricordare una proposta, un’iniziativa, un’idea, un concetto …una qualsiasi espressione verbale degna di essere definita “politica”.
Nel suo passaggio consiliare, frutto di un plebiscito da 150 voti e rotti (numeri da assemblea di pro loco), Cipolletti è stato il silenzioso esecutore del compitino assegnato, pronto a votare alla bisogna, senza mai esprimere un parere. Anzi: no, una volta disse una cosa sui rifiuti, che sembró vagamente critica, ma poi spiegó che s’era sbagliato.

Un politico di razza, una figura di statista che meriterebbe, nel momento del suo pensionamento politico, una pubblica commemorazione. 

Anzi: una commemorazione social, perché è sui social che l’anonimo consigliere Vincenzo Cipolletti, colto da un’onnipotenza da mouse, ha trovato la sua dimensione, tanto da diventare SuperCipo, il difensore della Gianguidità.

Un compito che ha svolto, non avendo alcuna vocazione politica né dimestichezza col linguaggio del metaverso web, facendo l’unica cosa che sanno fare i silenziati nel reale: insultare.

SuperCipo insulta a raffica, sentendosi portatore di una verità assoluta, ovvero che Gianguido Sindaco sia una sorta di Messia venuto a salvarci. Una verità che nel suo insultare quotidiano, SuperCipo difende senza tener troppo conto della realtà dei fatti, dei risultati davvero raggiunti ed inciampando spesso nella grammatica. Per lui Gianguido è un dogma, chi non condivide è un infedele che va evangelizzato ad insulti, anche sul piano  personale.

Una “devozione” acritica, quella di SuperCipo, che lo spinge oltre le soglie del ridicolo: ricordo ancora con affetto le risate che condivisi con Massimo Speca quando, l’8 giugno dell’anno scorso, mi mostró quella chattata sul gruppo whatsapp della maggioranza, nella quale SuperCipo mi definiva “maiale”, perché avevo criticato le spese di un assessore, per iniziative che consideravo e considero del tutto inutili.  Ne ridemmo, ma Massimo, che era un gran signore, volle anche scusarsi per quel “maiale”, confessandomi quanto si sentisse distante dall’afasia culturale di chi insulta, vigliaccamente, chi la pensa in un modo diverso. 

Delle esternazioni di SuperCipo, io e Massimo ridevamo spessissimo, lui si chiedeva anche perché il “Messia” non intervenisse per fermare questa iperattività social che certo mortifica anche l’immagine della maggioranza, ma il Messia è fatto così: non prende posizione, non decide, non comanda, non si impone. Poi, in privato, esprime sulle supercipollate giudizi devastanti, ma in pubblico tace.

Condividevamo anche, io e Massimo, durante i nostri caffè in redazione,  la certezza che la cosa migliore che SuperCipo avrebbe potuto fare per la politica, sarebbe stata smettere di farla.

E che sarebbe stato un gran giorno, per la vita pubblica teramana, quello nel quale Cipolletti avrebbe lasciato il Consiglio Comunale.

Quel giorno, era ieri. 

Sì, in realtà manca un mese all’elezione del nuovo Consiglio, ma la mancata candidatura di SuperCipo, che a mio avviso gli risparmia il dispiacere di una trombatura certa, segna di fatto la fine della sua carriera politica.

Chissà, forse lo incontreremo ancora nel metaverso, leggeremo qualche sua esternazione, ma piano piano si scoprirà che la calzamaglia da supereroe è un pigiamone di flanella e il mantello solo un plaid, per dormicchiare sul divano… e in noi affiorerà il ricordo di uno che un tempo è stato nessuno. 

ADAMO