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Schermata_2023-04-25_alle_10.27.56.pngIeri mattina, quando ho finito il mio conteggio, inevitabilmente approssimato per difetto, le foto pubblicate dal Sindaco di Teramo sul suo profilo facebook, erano 2496.

Ieri mattina.

Solo su Facebook, poi c’è Instagram… etc

Oggi saranno sicuramente di più, visto che c’era la Fiera dell’Agricoltura, palcoscenico tra i più amati dal Sindaco e dagli assessori per la loro consacrazione fotografica.

Torniamo al dato accertato: 2496 fotografie, dalle quali voglio togliere un centinaio (e abbondo) di scatti “pandemici” sui dati del Covid, una sessantina di pagine del Centro, ricche di cronache gianguidesche evidentemente graditissime al Primo Cittadino… per il resto: una interminabile teoria di immagini celebrative del culto della gianguidità.

E tanti, tantissimi selfie.
E fa il Sindaco a Teramo.
Non riesco ad immaginare quante ne posterà il Sindaco di Roma. E quello di New York...

In cinque anni di amministrazione - biennio pandemico compreso - D’Alberto ha avuto una produzione fotografica social impressionante, una vera e propria ipertrofia del ruolo, declinata nell’esasperazione della rappresentazione virtuale, chiaramente dettata dalla necessità di oscurare il reale.
Ovunque vada, c’è sempre una persona del suo staff che lo fotografa. Costantemente concentrata sul fotografare lui.
Sempre.

“La vita” - diceva Gabriel Garcìa Marquez (nota per i webeti prezzolati e gli osservatori leccaculegni: si tratta di una citazione colta, evitate lo sforzo di comprenderla) - “…non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda, e come la si ricorda per raccontarla”.

E’ la sintesi efficace del manifesto politico della Giunta dalbertiana: postare, apparire, raccontare, fotografare, condividere, instagrammare.
Il fare non conta, l’importante è raccontare di aver fatto, tanto una cinquantina di like non te li toglie nessuno.

Del resto, gli assessori di D’Alberto so’ giovani, so’ social. Sono alla loro prima esperienza, anche lavorativa per alcuni.
E i risultati si sono visti.

Ma a loro non importa, loro postano e ripostano, si condividono l’un l’altro e, mentre la città si avvita in un declino senza fine, loro sorridono in un selfie.

Gli americani, che amano dare un nome a tutto, la chiamano “Selfie Syndrome”, ed è un insieme di comportamenti alterati che derivano da un utilizzo smodato dell’autoritratto e, più in generale, della rappresentazione fotografica di sé stessi sui social. Il rischio, “per chi ne diviene dipendente, è quello di cadere nella trappola del mi piaci, e di vivere una vita in funzione della validazione e dell’approvazione altrui”.
Un comportamento che, se spostato sul piano politico, diventa pericolosissimo, perché all’autore “consente di fotografare non la realtà, ma l’illusione del politico che vorrebbe essere, offrendo la possibilità di avere un pubblico che guarda e che è pronto a dare approvazione”, ma questo si limita al solo metaverso social, nel quale “si raccontano solo le parti migliori e più interessanti omettendo le altre”.


Schermata_2023-04-25_alle_16.01.40.pngCosì, magari sulla pagina del Sindaco ti capita di leggere: «Cinque anni fa una città così vivace era impensabile, oggi lavoriamo su un vero e proprio sistema culturale aperto. Abbiamo spazi rinati, un ricchissimo Polo Museale, una rete organizzativa funzionale e in continua collaborazione con gli enti, le associazioni e le persone della città».

Nella realtà: il ricchissimo polo museale social, nella realtà è un Museo archeologico chiuso da 6 anni, sul quale non sono neanche cominciati i lavori.

Oppure, lo vedi sorridere sull’erba di un campo di calcio e nel post leggi che: «La conclusione di uno straordinario campionato, spinge, insieme a tutti noi, la nostra squadra del cuore, la società della nostra Città, verso la conquista di nuovi e sempre più ambiziosi traguardi».

Nella realtà: quell’erba è quella dello stadio di Montorio, perché il Comune non solo non ha sciolto il rebus del Bonolis, ma non è stato in grado di offrire soluzioni alternative.

E ancora, lo vedi gongolare in un post nel quale “Teramo è al primo posto in Abruzzo e nella prima fascia in Italia nel rapporto Ecosistema urbano di Legambiente e Ambiente Italia pubblicato dal Sole 24 Ore, grazie alle politiche messe in campo negli ultimi 4 anni”.
Nella realtà: quella classifica racconta anche che i dati teramani su biossido di azoto, polveri sottili e ozono sono fermi al 2018, quindi da quando governa D’Alberto, Teramo non ha elaborato o fornito i dati.

E potrei citare centinaia di altri post.


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Concentrato sull’overdose selfica, il Sindaco di Teramo si è autoconfinato in un metaverso illusorio, nel quale governa una città ideale: ricca, felice, divertente e divertita, assediata dai turisti e dalle occasioni di lavoro, con un boom economico in atto e un tripudio di giovani che arrivano da ogni parte del Mondo, a far compagnia ai nostri che non se ne vanno.

Nella realtà: chiuderà il suo quinquennio da Sindaco senza poter postare l’unico selfie che avrebbe davvero dovuto scattare, la più importante di tutte le fotografie: quella seduto nel vero ufficio del Sindaco.

Gianguido D’Alberto è il primo Sindaco della storia repubblicana di Teramo a non aver passato neanche un’ora nel vero Municipio di Teramo.

Ma questo, non fa like.





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