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So’ emozionato.

So’ tutto un fremito.
Quando si avvicina qualche nuovo appuntamento di eXtramuros, mi sale l’eccitazione. E mi si ripropone, quasi come un rigurgito d’orgoglio, la fierezza di essere concittadino di quel Luca Pilotti che, sotto le stelle del Canada, ebbe la meravigliosa intuizione di quella che sarebbe diventata, nella mia personalissima classifica, la più inutile manifestazione tra quelle mai organizzate nella storia teramana.

E il pensiero che Pilotti si sia ricandidato, vi confesso, nutre la mia anima, perché mai avrei potuto immaginare di vivere in una città, che non avesse un personaggio del suo livello, seduto su quegli stessi scranni che hanno visto, negli ultimi anni, il passaggio di statisti quali Vincenzo Cipolletti e Lanfranco Lancione e di assessori inimitabili quali Sara Falini e Martina Maranella. 
L’emozione, di cui vi dicevo, trasuda dall’ormai prossima inaugurazione di eXtralap.

Manca poco.

Il 10 maggio si inaugura.

Come dite?

Non sapete cosa sia eXtralap?

Ma state scherzando?
Ma dove vivete?

Lo sanno tutti, dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno: eXtralap è il laboratorio arti performative dedicato alla ricerca artistica nel campo delle arti performative, a cura di Roberta Melasecca, all’interno di eXtramuros, un progetto promosso dall’Associazione culturale blowart, coordinato dal consigliere comunale delegato dall’Amministrazione Comunale, Luca Pilotti, con il contributo dello stesso Comune e il patrocinio di Cittadellarte Fondazione Pistoletto. 
Questo è.

Tanta roba.

Promemoria: laddove si legge “…con il contributo dello stesso Comune…” in realtà va letto: “…quarantamila euro di soldi dei cittadini teramani…”.

Un grande evento, quindi.

Talmente grande, che non ce l’hanno fatta a farlo stare tutto dentro il giorno dell’inaugurazione, tanto che hanno dovuto prorogare al 15 maggio il termine per la presentazione dei progetti. Quindi, la mostra aprirà cinque giorni prima dell’arrivo dei progetti da mettere in mostra? 

Ho capito bene?

Che meravigliosa trovata artistica.
Avanguardia pura.

Del resto, una mostra pubblicizzata prima di esistere, su manifesti pagati da nessuno, ma capaci di trovare un’organizzatrice che passava per caso, non poteva smentirsi.

Ma torniamo ad eXtralap, che propone, reggetevi forte: «…una indagine ed una ricognizione del panorama artistico nel campo delle arti performative e si presenta al pubblico come un laboratorio urbano intensivo che riflette e incarna l’idea di una città aperta, osmotica, circolare; mira a costruire spazi inclusivi partendo da un sistema identitario e di appartenenza per diramarsi, attraverso un percorso fluido, verso un territorio ampliato, che connette la città agli altri centri di produzione artistica. L’obiettivo di eXtralap, così come quello di eXtramuros, è quello di riscoprire e incentivare la nascita una comunità unita, attiva, dialogante, attenta alle visioni, che aiuta, che supporta, che crea, che illumina, che consola, che immagina, che impara dai processi virtuosi, che accoglie proposte e dinamiche inedite».
Capite, adesso, la mia emozione?

Sto per veder nascere una città “aperta, osmotica e circolare”… so’ eccitato come un quindicenne al primo bacio. 

Ma quello che davvero scardina le mie più remote certezze, rendendomi anche un po’ “osmotico”, è l’idea del percorso fluido… perché “fluido” va di moda assai, è la parola del momento, quella che quando la dici ti senti “ciovane”, ti senti “moderno”, ti senti “smart”, si senti “digital”, e anche un po’ radical chic, anche se non sei né l’uno né l’altro. 

E quelli di eXtramuros sono talmente fluidi, che il bando prorogato al 15 maggio, l’hanno scritto “no gender”, cioè con tutte le parole “non definite sessualmente”.
Faccio un esempio.
«Il progetto potrà essere presentato:
 - da candidatə dietro autopresentazione. 
- da curatorə in un progetto congiunto candidatə-curatorə».

Capite la modernità?

Intuite l’avanguardia?
Assaporate l’afflato artistico?

Quanta “fluidità” ci porta in città eXtramuros, consentendoci di condividere l’emozione di quello “schwa” (così si chiama quella e rovesciata), che nella lingua italiana sta come la panna nella carbonara. 

Anzi: come la pannə nellə carbonarə.

E non lo dico io, che sono solo un cronista di provincia, che non ha mai lasciato Teramo (come sostiene l’extramurica curatrice Melasecca), e che non c’era negli Anni ’70 come la di lei collaboratrice Pina Manente (dalla quale mai ho ricevuto le annunciate prove…), ma lo dice l’Accademia della Crusca, che sentenzia: «Non esistendo lo schwa nel repertorio dell’italiano standard, non vediamo alcun motivo per introdurlo».

Ma che ne sa la Crusca di Extramuros?

Che ne sanno i custodi della lingua patria, delle visioni canadesi di Pilottə, della folgorazione della Melaseccə davanti ai manifesti e dei pistolotti soporiferi della Manentə.

Che ne sanno alla Crusca della vera cultura?
Mica sono fluidi.

Mica sono “aperti, osmotici e circolari” come il Sindaco di Teramo, Gianguido D’Alberto e l’assessore Andrea Core, che tanto magnificarono questa manifestazione e che oggi si ritrovano a dare dignità ad un bando, inserito in una manifestazione finanziata con 40mila euro di soldi nostri, che usa espressioni non previste dalla lingua nazionale e, soprattutto, discriminanti.
Già, discriminanti, perché lo schwa non è decifrabile per i sistemi di lettura automatica per gli ipovedenti o per le persone dislessiche, così come non è traducibile nella lingua italiana dei segni… e alla fine, lo slancio fluido di inclusività diventa momento di esclusione.

Anzi: di eXclusionə.
Ma fluidə.



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