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Non ci sono cétégorie

MulinobianGirano le… pale del mulino bianco gianguidico. E macinano farina che non produce pane, visto che in quaranta giorni, a parte la Giunta (che per sei noni è quella che già c’era) questo “secondo mandato” non ha prodotto neanche ì presidenti delle Commissioni.
Per non parlare del conto consuntivo.
E non è un problema di “tempi della politica”, ma di politica dei tempi. Di questi tempi. Tempi di mugugni, di malcelati rancori, di evidenti fastidi. Di silenzi profondissimi, tra i banchi della Maggioranza. Bastava guardarli ieri, prima del Consiglio, radunati nell’androne de Parco della Scienza, a cercare di trovare una “quadra” sulle commissioni. Volti tesi, musi lunghi, la visione plastica dell’insoddisfazione di chi, pur avendo dato molto, e magari avendo preso molti voti, si ritrova oggi a doversi accontentare di uno strapuntino di fondo sala, perché sulle poltrone siedono altri. Anche “altri” che hanno preso pochi voti e che rappresentano, come i cinque stelle, poco più che un’assemblea condominiale. Chi mi legge sa che, per quantità di voti e qualità della rappresentanza, considero la presenza pentastellata in questa Giunta uno, forse il maggiore, tra i momenti più bassi della storia politica della Teramo repubblicana. Mi conforta solo il fatto che, dopo le Regionali, e la certificazione dell’estinzione grillina, anche l’illusorio “laboratorio politico teramano” sarà cancellato dai progetti, così come appena successo in Molise, dove l’accoppiata Conte-Schlein ha rimediato un’epocale disfatta. Che il “Mulino Bianco” gianguidico avrebbe avuto problemi di manovra, l’ho previsto prima del voto: sette liste, con un leader forte, sarebbero un esercito, ma se il leader è debole - e il Nostro lo è per indole naturale - allora quelle sette liste sono un vulcano che ruggisce, pronto ad eruttare da sempre nuovi crateri laterali. Il primo è esploso stamattina, con la nota della lista dell’ex assessore Verna, che parla di “figli e figliastri”, di “cugini scomodi”, di “buttati fuori senza un perché …”. È solo l’inizio: già fuma il cratere Bartolini, ribolle quello della Cordone, mentre da quello di Di Marcantonio pare stiano già  colando i primi accenni di lava incandescente. E mentre i vulcani ribollono, volteggia allegro tra i banchi il giovin Raiola, zainato e borracciato, al quale qualcuno dovrebbe spiegare che è un consigliere entrato per surroga ricevuta, e che non può atteggiarsi a capopopolo (gli riusciva male anche nelle associazioni studentesche). Ma di lui, vedrete, avrò modo di scrivere…. mi aspetto esibizioni  di arte varia, alla disperata ricerca di un frammento di visibilità. 

Torniamo ai vulcani: basteranno le nomine nelle commissioni a placarli? Io non credo, anche perché i “nominati” si accorgeranno ben presto che quelle presidenze contano quanto il due di spade, con la briscola a denari. A proposito di denari, ma se il Consiglio di ieri è saltato per un evidente errore del funzionario che ha inviato le pec, e che non si è accorto della mancata consegna ad una consigliera, non dovrebbe quell’impiegato farsi carico del danno e ripagare i costi del Consiglio? Cioè, un paio di migliaia di euro? 

Eppure, leggo dall’art. 47 dello Statuto

“AVVISO DI CONVOCAZIONE - CONSEGNA - MODALITA'

1. L’avviso di convocazione del Consiglio è notificato ai singoli consiglieri attraverso l’utilizzo di pec con conferma di lettura; in caso di mancata conferma l’Ufficio di Segreteria avviserà telefonicamente il consigliere per la conferma di avvenuta ricevuta della convocazione nel rispetto della normativa vigente in materia”.

Anche questa volta, lo so, non mi risponderanno. Ma sono abituato. Continuo a godermi la scena rinfrescato dal vento leggero delle pale del Mulino Bianco. Che girano. E tanto… 

ADAMO