Verso sinistra, ma piano.
Anche se la scelta della Direzione regionale del Partito Democratico, che ha (finalmente) indicato ufficialmente Silvio Paolucci quale candidato alla Presidenza della Regione, è un primo importante tassello, il puzzle è ben lontano dall’essere compiuto.
Anzi: in gran parte dall’essere addirittura disegnato.
La vera partita, comincia adesso.
Lo dice, tra le righe, la stessa nota ufficiale del PD, quando spiega che «Facciamo appello a tutte le forze civiche e politiche, ai movimenti che con grande lealtà hanno costruito le condizioni per arrivare fino a questo avanzato punto di discussione, perché si assumano con noi la responsabilità di definire unitariamente la candidata o il candidato che guiderà questo progetto».
Come dire: per noi è Paolucci, ma dobbiamo decidere tutti insieme.
Già, ma tutti insieme chi?
«...tutte le forze civiche, politiche e i movimenti, riconoscendo a tutte le forze pari dignità e pieno diritto di avanzare proposte, certi della comune volontà di trovare sintesi sull’ipotesi più forte e condivisa».
Ed è un passaggio importante, questo, perché “departitizza” la scelta, apperentemente aprendo alle richieste dei civici (era stato Gianguido D’Alberto a rivendicare pari dignità), ma in realtà creando le basi per una scelta che sia talmente condivisa… dal non essere di nessuno.
Lo dice sempre Marinelli, scegliendo un aggettivo che, in politica, non ha mai un’accezione positiva: “generosa”.
Più precisamente «…la piena e generosa consapevolezza…» del PD.
Nella politica, che è gioco di potere, non si può essere generosi.
Se lo si fa, è per debolezza o strategia… e siccome il PD è il partito più forte della coalizione, in quella “generosità” c’è tanta strategia.
Almeno, spero, perché se fosse invece una manifestazione di debolezza, sarebbe l'ennesimo - gravissimo erroree del PD.
No, sono sicuro che sia strategia.
Il gioco, dichiarato, è stanare i Cinque Stelle, costringerli a prendere una posizione, spingerli a scegliere… perché - e su questo sembrano essere tutti d’accordo - è su di loro che triangola la scelta, saranno loro a determinare la vera indicazione del vero candidato presidente del Centrosinistra.
Vi chiederete, a questo punto, come e perché un partito che è ormai prossimo all’estinzione, che ha perso identità e idee, che ha fornito più eletti ai partiti del Centrodestra delle scuole di politica degli stessi, abbia adesso tutta questa voce in capitolo.
La risposta è semplice, ha un nome e un cognome: Elly Schlein.
La segretaria del PD vuole assolutamente che alle prossime elezioni, nelle cinque Regioni al voto (oltre all’Abruzzo, si va alle urne in Basilicata, Sardegna, Piemonte e Umbria) si corra con una coalizione allargata, che va da Calenda ai Cinque Stelle, aggregando tutto e tutti… tranne Italia Viva.
Perché tranne Italia Viva?
Per due motivi.
Il primo è il veto dei Cinque Stelle, che ancora non hanno digerito il trattamento riservato da Renzi a Grillo.
Il secondo è che ormai tutti (o quasi tutti) sono convinti che in autunno Renzi si fonda con quel che resta di Forza Italia, per passare definitivamente nel Centrodestra.
In autunno, forse.
Intanto, però, in Abruzzo Italia Viva c’è, e non gradisce i veti del M5S, tanto da essere pronto a correre da solo, a meno che Camillo D’Alessandro non decida di accogliere il suggerimento di chi gli dice “Ritira il logo e corri da civico".
Ma torniamo ai Cinque Stelle.
Paolucci sì o Paolucci no?
Al telefono di Certastampa, il coordinatore regionale grillino Gianluca Castaldi non si espone, ma è noto che il Movimento non abbia grande simpatia per il candidato indicato dal PD, con il quale si scontrò quando era assessore alla Sanità, quindi potrebbe scegliere di appoggiare Carlo Costantini, il candidato di Azione, sul quale però pesa, a livello popolare, il ricordo di una campagna elettorale da presidente della Regione, che lo vide sconfitto da Gianni Chiodi. Però, sono passati quattordici anni, all’epoca Costantini era di un partito che non esiste neanche più, l’IdV, e in quasi tre lustri è cambiata - e tanto - anche la percezione elettorale delle sconfitte e delle vittorie.
E poi, chi dice che i cinque stelle debbano scegliere? E se non scegliessero? Lo stesso Castaldi ha scritto, a mezzanotte: «...ogni esponente del Movimento, ora, conosce il percorso fatto per tentare di chiudere un Patto Elettorale ma anche quello, in caso di fallimento dell'accordo, per creare un percorso solitario».
"Fallimento" e "Percorso solitario"?
Termini che stridono con quel "generoso" del PD.
E ancora di più stride il "segnale" pentasellato: «Reputo e reputiamo giusto dare a tutti l'identico peso e valore politico rispetto a decisioni complicate».
Ci risiamo con l'uno vale uno... regola che regge in matematica, ma non in politica, dove contano i voti.
Così, all'improvviso, mentre i grillini convocano riunioni "interne" per la prossima settimana, all'improvviso si intuisce che il "paritario" del PD e il "paritario" del M5S... pari non sono.
Quello che accompagna l'indicazione di Paolucci, infatti, è un dialogo che si apre... quello dei cinquestelle è un dialogo che si chiude, perché il PD non può e non deve accettare un "peso paritario" nelle decisioni politiche, affidando la scelta del candidato anche alla chiacchiera di chi non ha un voto.
In questa triangolazione “pentastellosa”, sembrano essere esclusi gli altri due “papabili” dei quali si sono fatti i nomi nelle ultime settimane, ovvero Luciano D’Amico e Americo Di Benedetto.
Ma non è così.
In realtà, i due civici, sono assolutamente in corsa, anzi: sono addirittura più in corsa dei “politici”.
E vi spiego perché.
Benché il PD rimarchi, cito testualmente: «…la necessità di regionalizzare la discussione e le scelte – che vanno fatte in Abruzzo …» in realtà la scelta di indicare Paolucci potrebbe scatenare una serie di reazioni a cascata.
Tento una previsione: il PD ha scelto Paolucci e lo propone agli alleati, il M5S (che non vuole responsabilità) non sceglie.
A questo punto, Azione rilancia su Costantini, ma i grillini non scelgono ancora.., l’unica soluzione è spostare tutto al tavolo nazionale, ma a quel punto i 5 stelle andranno da soli... scelta che potrebbe adottare anche Azione.
Al tavolo nazionale, con grillini e Azione già in corsa solitarai, nessuno vorrà caricarsi la scelta del candidato, perché temono che il vento di destra soffi ancora troppo forte… e se nessun partito propone, la quadra si trova solo su un candidato civico… e tra i due, visto che Di Benedetto “vanta” in curriculum due corse - perdenti - da Sindaco all’Aquila, la scelta è obbligata…
Per questo credo che, in realtà, scegliendo Paolucci il PD abbia strategicamente (e forse involontariamente) costruito la candidatura di Luciano D’Amico.
Forse.
ADAMO