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ALLARMEGIANGUIDITA.jpgGià me l’immagino, la sempre più risicata truppa dei convinti sostenitori della gianguideria, riuniti nella pattuglia sempre meno folta di quelli che, contro l’ovvietà del nulla visibile, cercano di sostenere quella che considero la peggiore amministrazione degli ultimi 40 anni.
Mi sembra di vederli, non appena leggeranno queste righe, impegnati nel riaccendere la macchina del fango contro di me, per cercare di smentire quelli che - purtroppo per loro - sono fatti.

Verificati e verificabili. 

Fatti che dimostrano come sia scattato un nuovo “Allarme gianguidità", ovvero un trabocco di quella corrente di pensiero che considera l’annunciare più importante del fare, il progetto più importante del cantiere e il selfie più importante della realtà stessa.

Una sorta di virus, che contagia la nostra macchina comunale.

Di fatto, paralizzandola.

Fatta questa premessa, ripartiamo dal titolo di queste mie righe: «La Provincia minaccia la Regione… ma la colpa è tutta del Comune».

Ecco, questa è la versione soft, perché in realtà il titolo che avrei voluto fare, era: «D’Angelo minaccia Marsilio, che “sputtana” D’Alberto», laddove l’uso del verbo sputtanare va proprio inteso nel senso pregnante di “Esporre qualcuno ad una figuraccia”.

Adesso basta con le chiacchiere, andiamo ai fatti.

Anzi: andiamo in un posto: il Centro per l’Impiego di Teramo., che oggi occupa alcuni locali all’interno del palazzo della Provincia, in via Milli.
Ma quegli uffici adesso servono alla Provincia, che li rivuole per sistemarci le scrivanie dei nuovi assunti. 

Così, il presidente D’Angelo, dopo una serie di contatti e lettere, di solleciti e di pressioni, ha deciso di passare alle maniere forti, e di scrivere alla Regione, che è proprietaria del Centro per l’Impiego:

«…visto che la Regione Abruzzo non ha dato seguito all'istanza di rilascio dei locali, si deve ribadire la improcrastinabile necessità per questa Provincia di riacquisire con immediatezza la disponibilità dei tre locali, quantomeno del locale sito al piano terra rialzato e ciò in considerazione della urgenza di procedere ad allocare ivi il personale provinciale recentemente assunto e che non può, allo stato attuale, altrimenti assolvere compiutamente alle proprie mansioni…».

Sì, ma parlavo di una minaccia, eccola: «…si rende noto che dovrà senz’altro darsi corso alla riacquisizione del predetto locale di proprietà provinciale a decorrere dalle ore 10:00 del giorno 11.01.2024, anche, all’occorrenza, con l'assistenza degli agenti del Corpo di Polizia Provinciale».

Sì, avete letto bene: se entro le 10 di domattina, la Regione non libera i locali, D’Angelo manderà la Polizia Provinciale.

E ve l’immaginate che effetto, in piena campagna elettorale regionale?

In realtà, se davvero dovesse intervenire la Polizia Provinciale, un effetto ci sarà, ma sarà un effetto boomerang.
Perché alla lettera del presidente della Provincia, la Regione risponde con un trattato sulla gianguidità, visto che per legge, anche se il Centro per l’impiego è regionale, i locali deve trovarli il Comune.
E il Comune lo sa, che deve trovarli.

Lo sa eccome.

Lo sa al punto che il 6 novembre, lo annuncia alla Regione: «…il dirigente comunale Remo Bernardi, all'esito di un indagine di mercato, ha trasmesso la documentazione tecnica relativa alla porzione di immobile sita in Teramo, via Carducci; di proprietà della Banca Popolare di Bari, Gruppo Mediocredito Centrale, al fine di ricevere un riscontro dalla Regione Abruzzo circa la rispondenza dei suddetti locali agli standard richiesti e sull'opportunità di un'eventuale locazione passiva per poter adibire gli stessi ai locali del CPI di Teramo.»
Dunque, bisogna capire se quei locali dell’ex Tercas siano adatti. 

E la Regione risponde: «…abbiamo confermato, sia nel corso della riunione in Comune, sia formalmente il 9 novembre, la rispondenza dei locali agli standard richiesti…».

Quindi, in soli tre giorni, tra il 6 e il 9 novembre, il locale è stato trovato dal Comune e accettato dalla Regione, che ha chiesto di poter effettuare un sopralluogo.

E poi?
E poi… il nulla.

Allarme gianguidità: «… sono trascorsi ormai due mesi, e si è ancora in attesa di un riscontro da parte del Comune al fine di poter finalmente trovare una soluzione all'annoso problema della sede del CPI di Teramo e poter, conseguentemente, rilasciare gli uffici ad oggi in uso presso la Provincia di Teramo in via Giannina Milli…» scrive la Regione, che aggiunge: «…dopo anni di attesa, durante i quali si susseguono interlocuzioni formali ed informali con l'Ufficio Tecnico del Comune e con il Sindaco, per chiedere, con insistenza una sede per il CPI di Teramo, si ribadisce la necessità che il Comune in tempi assolutamente celeri proceda ad individuarla…».

Sottolineo un passaggio: «…dopo anni di attesa…».

Non giorni.

Non settimane.

Non mesi.

Anni, senza trovare una sede.

E quando l’hanno trovata… non se ne sa più nulla.
Perché nell’era della guanguidità, anche collocare l’ufficio di collocamento… diventa una missione impossibile.

E pensare che l’assessore regionale Quaresimale, ha addirittura trovato un finanziamento da un milione di euro per comprarla una nuova sede.

Eppure, niente.

Perché davanti al Centro per l’impiego… non te lo puoi fare un selfie.

ADAMO