Incuriosito dall’aver notato, su altri siti di informazione, un comunicato stampa di Alleanza Civica che “ricostruisce” ancora una volta la genesi del “caso Atri”, ma che a noi - sicuramente per una svista… vero? - non è stato inviato, perché la democrazia sinistroide in salsa atriana funziona così: se mi critichi ti cancello, o magari ti insulto, scopro sulla pagine facebook dell’organizzazione politica una sorta di lettera di risposta al mio editoriale.
Anche questa, non inviatami.
Vabbè, avranno perso il nostro indirizzo di redazione.
Succede che qualcosa possa sfuggire, quando si è così impegnati nel ripetere, ad oltranza, la propria “verità assoluta”, nella comprensibile speranza che il mantra divenga opinione collettiva.
Il momento attuale, al contrario, pretenderebbe il silenzioso rispetto delle azioni della magistratura, che dovrà accertare il se, il chi e il come di un’eventuale azione illegale di inquinamento del voto.
A cominciare dal nome scritto su quella scheda doppia che, e il motivo credo non vada spiegato, sarà politicamente pesantissimo.
Sul resto, non serve stare a ribadire i dettagli della decisione del Consiglio di Stato: le elezioni sono state annullate, la sentenza è inappellabile, non c’è altro da capire.
Ma torniamo alla lettera che mi scrivono i garbati signori di Alleanza Civica, che non ha nulla di politico e che non cerca neanche di confutare le mie considerazioni sulla conferenza stampa inadeguatamente trasformata in un comizio, con relativa claque.
No, il loro problema è un altro.
Vogliono difendere il gentile signor Melchiorre Ricci Vincenzo, quello che mi invitava a “metterci la faccia e non il culo”.
La loro lettera, è un capolavoro.
Leggiamola insieme.
Come sanno i miei lettori: in corsivo il loro scritto, in neretto le mie risposte.
Gentile Antonio D’Amore, accettiamo come associazione, con grande senso di libertà, ogni sua critica o posizione editoriale, sberleffo, sarcasmo, presunta satira e ogni sua interpretazione dei fatti parziale o imparziale.
Grazie, ma non la dovete accettare: si chiama libertà di stampa ed è prevista dall’articolo 21 della Costituzione. In Italia. Poi, ci sono anche Paesi e regimi nei quali, alla stampa libera, si mette un bavaglio o si negano i comunicati. Devo fare qualche esempio…?
Non riteniamo né utile, né giusto usare il suo giornale per schernire la vita di un nostro amato concittadino dopo averne scovato, a mo’ di segugio, un post sul profilo personale di FB.
Non ho schernito nessuno e non ho scovato nulla a mo’ di segugio… un mio collega atriano mi ha inviato una foto del post e, vista l’attenzione riservatami e la gentilezza delle espressioni usate, ho pensato che fosse buona educazione rispondere…
Vincenzo è figlio di quel glorioso e secolare artigianato della Città di Atri che ha eretto monumenti e luoghi d’arte. Sin da giovane, con la sua chitarra, ha girato l’Europa e, per tanto tempo, nel suo negozio di dischi, ha instradato giovani di tutta la regione verso infiniti orizzonti musicali. Appassionato ed esperto di blues, ha organizzato festival (ad ingresso libero) dove si sono esibiti i maggiori artisti di genere, da Joe Bonamassa a Eric Sardinas. La qualità di queste esibizioni manca ad un universo di spettatori che accorreva da tutta l’Italia.
E tutto questo curriculum, gli concede il diritto di occuparsi del mio culo?
Evidentemente, le persone che le hanno risposto di non sapere chi fosse Vincenzo o non sono di Atri o erano in mala fede.
Oppure, più semplicemente, non lo conoscono.
Crediamo anche che ruggire dietro la testata di un giornale firmandosi uno pseudonimo tutt’altro che notorio (contrariamente a come lei crede) sarà sempre più grave di ruggire dietro un profilo social con nome, cognome e fotografia.
Di questo ultimo capoverso, vi ringrazio. Perché, visto che lo pseudonimo vi crea così profonda agitazione, mi offre la possibilità di farvi dono di una piccola lezione di giornalismo. Nulla di particolarissimo, non preoccupatevi, solo qualche dettaglio che potrà evitarvi lo scivolamento in quell’analfabetismo funzionale che è, ahimé, patologia fin troppo diffusa. Detto questo, prendete appunti: per legge (sì, per legge) di tutto quello che si scrive su una testata giornalistica registrata (come certastampa), rispondono il direttore (o il vicedirettore) responsabile e anche l’editore. Anche se l’articolo non è firmato, o se è siglato o firmato con uno pseudonimo. Sempre. Anche se è firmato per esteso. Sempre. Il fatto che i miei editoriali siano firmati Adamo, non cambia: ne rispondono il direttore (o il vicedirettore) responsabile e anche l’editore. Caso vuole - vedi a volte le coincidenze - che di questa testata io non solo sia il responsabile, ma anche l’editore.
C’era, c’è sempre stato chi ci mette la faccia.
E’ che, prima di scrivere ad un giornale, bisognerebbe imparare a leggerlo.
Da ultimo, concedetemi una domanda: il vostro candidato Giammarco Marcone è per caso parente di quel Giammarco Marcone che, in campagna elettorale, sarebbe dovuto venire a farsi intervistare nella televisione che dirigevo, e che era di proprietà di un editore di antica famiglia atriana, anzi: se non ricordo male, addirittura legato da vincoli di parentela allo stesso Marcone? Perché, pensate, quando l’incontrai per parlare di quella possibile intervista, quel Marcone omonimo del vostro candidato, mi fece i complimenti per un mio editoriale. Ed era firmato Adamo.
Curiose coincidenze.
Mi fermo qui. Spero abbiate preso appunti, così da evitare altre improbabili scalate su pareti specchiate, solo per difendere l’indifendibile volgarità di un insulto. Sempre che, ovviamente, il “…glorioso e secolare artigianato della Città di Atri che ha eretto monumenti e luoghi d’arte”, non avesse tra le proprie abitudini quella di interessarsi dei culi altrui…
ADAMO