Per liberarsi di tutti i luoghi comuni su Tokyo, bastano dieci minuti. Perché tutto quello che, per un occidentale, europeo, italiano, e per giunta abruzzese e teramano, è stereotipo di una narrazione scontata, qui è regola di vita.
Te ne accorgi entrando in metropolitana, dove la suoneria del telefono è vietata, dove tutti fanno la fila anche sulle scale per uscire, dove la carrozza n.4 nei week end è riservata alle sole donne, perché magari capita che qualcuno beva un po’ di più o un po’ troppo, e allora le donne devono sapere che esiste un modo per tornare a casa senza essere infastidite.
Perché, anche se ubriaco e con aspirazioni da molestatore, il giapponese le regole le rispetta.
Sempre.
La metropolitana funziona al secondo, non al minuto, letteralmente al secondo, si paga a distanza, non a biglietto. Più lontano vai, più paghi: dieci chilometri, un euro e quaranta. La ragnatela delle linee è un perfetto incastro di infinite destinazioni possibili, ma è facilissimo da interpretare: numeri, colori, lettere … tutto ti facilita, soprattutto il silenzio, sacrale, religioso quasi, intenso e non imposto.
È sentito, condiviso e convinto. Si chiama rispetto, ed è un concetto che ai latini sfugge, anzi: risulta tanto eccessivo da farne uno stereotipo.
Ma non lo è, è una profonda costruzione dell’anima, che si esterna facendosi regola.
Questo è il Paese nel quale i samurai si lavavano e si profumavano prima di andare in guerra, per rispetto della morte, che non meritava di trovarli sporchi e sudati.
Il silenzio mi pare, per suggestione osmotica, che contagi anche il rumore stesso dei binari.
Della pulizia non vi dico, perché sarebbe impossibile descriverne l’accuratezza. Non so se esista una ToAm, ma se c’è quelli della TeAm dovrebbero venire a fare uno stage. Perche questa è una città da 14 milioni si abitanti, che diventano 34 nell’area estesa metropolitana.
Nessuno stage, invece, salverebbe la gianguideria teramana dall’impietoso confronto sullo stato degli asfalti, che qui sono un tappeto levigato e perfetto anche nel dettaglio di ogni striscia di segnaletica.
È forse che qui pensano prima alla cura della città, che ai selfie sul palco.
Se vedo un manifesto di Tokyo natura indomita, ve lo racconto nei prossimi giorni.
Alle 9,07 del mattino, quando in Italia è appena passata l’una di notte, sui telefonini squilla l’alert del terremoto. Alle 9.09 ha scaricato un 5,3 a 50 chilometri da qui. Nel gruppo di questo mio viaggio nipponico, c’è una teramana che aspetta da 7 anni di rientrare a casa sua, terremotata.
Ma non vi tedierò col senso giapponese del terremoto.
Perché è uno stereotipo, no?
ADAMO - SAN