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BisognixSi chiamava Hans Maurer, ed è stato lo svizzero più importante del Giappone, ma in Giappone non lo conosce nessuno.
Eppure, tutti gli devono molto, moltissimo. 
Più di quanto immaginino. 
La loro stessa serenità quotidiana. 
Prima di scrivere di questo signore svizzero, peró, voglio spiegarvi perché, giunto ormai alla settima puntata di questo mio diario nipponico, devo necessariamente prendere il coraggio di dedicare qualche riga ad un argomento che, confesso, affronto non senza difficoltà.
L’argomento, forse, il più complicato tra tutti gli argomenti possibili. 
Continuo a rimandarlo, ma adesso, a metà del viaggio è il momento di affrontarlo.
Senza paura.
Senza vergogna. 
Un giornalista deve avere coraggio.
Anche perché non è mancato, tra i miei quaranta lettori, chi mi ha scritto proprio per avere notizie su questo argomento, 
Non su Tokyo, né sul Giappone rurale, e neanche  sulla storia di questo Paese, ma su quello.
Anzi: su “quella”.
La tavoletta del bagno.
Sì, lei: la “washlet”, il mitologico sedile ipertecnologico che, nell’immaginario collettivo, è sinonimo stesso di Giappone.
Benché non sia giapponese.
Ho scoperto, infatti, che si tratta di un’invenzione svizzera… già, proprio di quel' Hans Maurer, del quale vi dicevo all’inizio di questa settima puntata. 
Quando ha deciso di inventare un bidet per tutti i popoli che non lo usano, di certo Maurer non avrebbe mai immaginato che, quella sua idea, sarebbe entrata in tutte le case dei giapponesi. 
Pensare che lui, nella sua svuzzera precisione, l’aveva pensato come accessorio per gli ospedali, per aiutare le persone malate. 
Così come avrebbe fatto poi, in America, un tale Arnold Cohen che, per aiutare suo padre, non solo inventa un nuovo sedile elettronico, ma decide di produrlo, fondando l'American Bidet Company, nome curioso per un'azienda che non ha mai prodotto, né mai produrrà un vero bidet.
Sarà poi lo stesso Cohen, dopo la guerra,  a concedere il progetto alla giapponese Toto, che lancia il prodotto con uno slogan pubblicitario  che, riletto oggi, sembra un inno al cattivo gusto: «Anche il sedere vuole essere sciacquato».
Dicono che, in giapponese suonasse meglio, e ci fidiamo, visto che il tema sconsiglia che ci si avvii anche a discutere dei “suoni”.
Torniamo al progetto, che richiese qualche anno di sviluppo, anche con studi sul campo, coinvolgendo i dipendenti dell’azienda, costretti a misurare distanze, angolazioni e…. “piacevolezze” del sedile, fino al debutto del prodotto migliore,
Siamo nel secolo scorso, alla fine degli Anni ‘80, quando la washlet irrompe sul mercato e, in meno di quarant’anni, raggiunge oggi il 90% dei bagni, pubblici e privati giapponesi. 
Un successo addirittura imprevisto, al punto che in tutti i bagni pubblici, vengono pubblicate esplicative istruzioni per l’uso.
Bgiu
Un cartello (questo l'ho fotografato in un bar di Takayama) che la dice lunga sulle condizioni di partenza del popolo nipponico, passato in un sol colpo dalla “turca” al bagno di Star trek.
E il successo, scatena gli appetiti imprenditoriali, facendo nascere altre aziende, che cominciano a proporre modelli sempre più sofisticati, con optional sempre più particolari, in una rincorsa approdata oggi all’arrivo sul mercato di prodotti che offrono: sedile riscaldato, getto d’acqua caldo e freddo anteriore e posteriore, regolazione dell'intensità e della temperatura dei getti, luce interna, vapore rilassante, getto d’aria asciugante, aria condizionata, funzione autopulente,  musica coprente e deodorante ambientale. I modelli più costosi, hanno anche la "memoria", ovvero ricordano le preferenze di ogni componente la famiglia, e alcuni offrono anche la funzione clistere, perché sembra che i giapponesi, mangiando poche fibre, abbiano bisogno spesso di un “aiutino”.
Il riso bianco, si sa, è un potente astringente, le nostre mamme sapevano imporcelo, quando c’era da fronteggiare qualche eccesso di corse in bagno, figuratevi le difficoltà di un popolo che ha fatto del riso la base stessa della sua alimentazione!
Quindi, il pulsantino clistere può aiutare. 
Il problema è che il tutto, quasi sempre, è regolato da comandi solo in giapponese, con qualche disegnino intuibile, ma complicato per quelli che (quorum ego) si confrontano per la prima volta con il perfido marchingegno.
Fortuna ha voluto che, almeno negli hotel delle grandi città si trovino pulsantiere con le indicazioni in caratteri arabi, in quella lingua d’Albione che i giapponesi non amano e non vogliono parlare, ma che nel momento del… bisogno evidentemente torna utile. 
L’avrete capito, ormai, che tutto quello che ho scritto, serviva soltanto a rimandare il momento della mia personale testimonianza.
Del racconto intimo e personale (e non saprei indicare nulla di più intimo e personale) di un italiano che arriva in Giappone e deve onorare il sacro rito della ponzata quotidiana.
Confesso che, il primo giorno, è stato divertente affrontare il jet lag anche “giocando” coi pulsanti della washlet, toccando tutto, in un tripudio di zampilli, suoni, vapori e profumi.
Poi, però, è stata lei, la stessa washlet, a prendersi la sua rivincita. 
Perché è venuto il giorno del primo confronto vero. 
Una tragedia, credetemi.
Già l’ingresso in bagno, con la "tazza" che solleva da sola il coperchio, un po’ inquieta, così come la musica che parte subito, e che si regolerà da sola per coprire eventuali altri rumori. 
Fin qui, in fondo, tutto gradevole, come la tavoletta riscaldata (quello sì un optional notevole), ma i problemi verranno poi. 
Cercando di ricordare il “tocca tasti” del primo giorno, che era peró in un altro hotel, vado sicuro sul pulsante  che credo sia giusto.
Subito avverto un tremolio sotto il sedile, che si fa sempre più forte, intuisco che sta per partire il getto d’acqua.
Che poi parte davvero.
Potente, caldissimo, mirato alla perfezione… ma nella direzione sbagliata.
Prima ancora che potessi avere il tempo di premere stop, lo zampillo ustionante mi aveva già regalato momenti indimenticabili.
Fermo tutto e riprovo, se non è un pulsante, sarà quello vicino… no?
E invece no, perché “quello vicino” è il volume della musica, 
Cerco allora di riavviare lo zampillo, ma stavolta freddo, per lenire la precedente “sbollentata”, invece parte una seconda sciabolata d’acqua bollente. 
Sembra una tortura.

Mi alzo di scatto, e prima ancora che il sensore che rivela la pressione sulla seduta possa bloccare il flusso, l'acqua zampilla come in una fontanella. 
Ci riprovo.
E siamo al terzo pulsante: lo premo e sento uno strano soffiare… riprovo, uguale. È il vapore rilassante, ma io non mi rilasso e cerco ancora.
Al quarto pulsante, alla fine, il getto è dalla parte giusta, ma è ghiacciato.
Basta, ci rinuncio.
Mi farò la doccia. 
Affogando la nostalgia per il nostro antico, tradizionale, non tecnologico.... ma utilissimo bidet. 

ADAMO SAN

PS. Sul tema, a margine delle battute sulle tavolette ipertecnologiche, credo sia giusto offrirvi questo VIDEO… è il bagno di un ristorante di Takayama, nel quale hanno sistemato, in una stessa stanza, un orinatoio a parete, un vaso tecologico con accesso diversamente abili e…un bagno per stomizzari.
Non l’avevo mai visto
È vero, non c’è il bidet, ma c’è tanta civiltà.