Questa è la “casa” della Dichiarazione d’indipendenza. È qui, in questa in fondo modesta costruzione di Philadelphia, che l’America decise di essere libera. E lo fece rivendicando anche un diritto che noi, intrisi dell’eredità medievale di una religione che teorizza il valore della sofferenza, mai avremmo scritto sull’atto di fondazione di uno Stato libero: il diritto alla felicità.
Una parola che nella dichiarazione d’indipendenza, si ripete più volte:
“E Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità”.
La felicità è dunque è un fine da perseguire. Lo scopo stesso della politica.