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Screenshot_2024-05-23_alle_22.42.27.pngGli assenti hanno una volta torto ma novantanove ragione.

Improvvisamente, m’è tornata in mente questa “sentenza” di Gesualdo Bufalino.

Gli assenti hanno una volta torto ma novantanove ragione.

E’ bella.

E’ vera.
Nella definizione di un’assenza, c’è l’eco lontana dell’abesse latino, il senso di una lontananza, di una distanza, la percezione di una volontaria non presenza. 

Di una scelta.

E chi sceglie, ha sempre ragione.

Tutto questo esagerato sfoggio di cultura (ogni tanto, sento di dover dare un significato ai miei anni al Classico) serve in realtà ad introdurre una riflessione.
Sull’assenza.

Perché, per quanto simili, le assenze non sono tutte uguali.

Si può essere assenti giustificati.

Si può essere assenti ingiustificati.

E poi, si può essere assenti incazzati.

Che è la peggiore delle assenze, perché l’assenza dell’incazzato, è in realtà una presenza invisibilmente presentissima.

Ed è quella che si avvertiva, con evidentissima chiarezza, due giorni fa in Consiglio Comunale, tra i banchi della maggioranza, precisamente nel punto geografico dell’auditorium nel quale stavano, significativamente vuote, le poltrone del capogruppo Pd Marco Di Marcantonio e del capogruppo di Teramo Vive Simone Mistichelli.

Erano un messaggio… un silenzioso whatsapp politico al Sindaco.
Perché le loro, erano assenze incazzate,

Assenze per scelta.

La manifestazione visibile, e tangibile, della sempre più profonda distanza che si è creata tra il Sindaco e una parte della sua Maggioranza, quella in particolare che si riconosce nella corrente che fa capo al consigliere regionale Sandro Mariani (ma anche i Podemos non sono sereni).

Una distanza che lo stesso Mariani, all’indomani della netta riconferma in Regione, aveva scolpito con un’intervista rilasciata proprio a certastampa (ve la riposto QUI) nella quale invitava tutta la gianguideria regnante ad un netto, deciso, chiaro e soprattutto efficace cambio di rotta, perché la città pretendeva risposte che, fino ad oggi, questa amministrazione (erede di quella ugualmente gianguidica che l’ha preceduta) non ha dato. 

Anzi: non ha saputo dare.

Sono passati due mesi, e non è successo nulla.

O meglio, è successo che sua Gianguidità ha annunciato un azzerimpasto ma si sa gli annunci sono fatti per essere annunciati, mica per diventare progetti o generare cambiamenti.

L’annuncio è come un selfie: dura il tempo di un post, poi si passa al successivo.

Vabbè, ma in tutto questo che c’entrano le assenze di Di Marcantonio e MIstichelli?

C’entrano, perché il gruppo Mariani, come fanno di solito i politici veri, non si è limitato alla critica, al richiamo, alla strigliata, alla sollecitazione, ma si è offerto in prima persona, mettendoci la faccia, cioè proprio quella di Marco Di Marcantonio, così come quella di Simone Mistichelli, che con l’assessorato ha un conto suo personale, visto che D’Alberto glielo tolse, nel 2020, di fatto allontanando dal Consiglio il più votato della lista del Pd.
Mistichelli e Di Marcantonio sono pronti ad entrare in Giunta, il primo per il rispetto che si deve ai 2111 voti presi dalla sua lista e all’ottimo lavoro di Valdo Di Bonaventura; il secondo per farsi carico di trasformare in progetti realizzabili e cantieri veri tutti gli annunci dell’ex assessore Cavallari, partito per la Regione, dove nei prossimi cinque anni svolgerà il ruolo - determinante per le sorti della nostra città e dell’intero Abruzzo - di consigliere di opposizione lasciandoci, quale amabile ricordo della sua attività, il cantiere dell’Ipogeo che doveva costare 1,3 milioni (e già mi sembrava cifra enorme) e costerà un milione in più, e un “nuovo teatro” che ci è costato già settecentomila euro… senza neanche aprire il cantiere.
In quell’assessorato, serve Marco Di Marcantonio perché è uomo pratico, uomo d’azione (con la A minuscola, lo preciso sennò lo confondete coi calendiani e non si capisce più da che parte sta), ed è pronto a fare il suo, perché sa che ogni giorno perso è un giorno in meno nella soluzione dei problemi della città.
Anche il Sindaco lo sa, tanto che l’ha incontrato per annunciargli (sì, un altro annuncio) che l’avrebbe coinvolto nel governo della città, nel necessario rimpasto di deleghe e di assessori che, con l’occasione della sostituzione di Cavallari, avrebbe dovuto avviare.

Già, ma quando?

Ci si aspettava, stavolta, tempi brevi.

L’aveva detto lo stesso Sindaco, incontrando i gruppi consiliari della Maggioranza: «Stavolta non sarà come nel primo mandato, stavolta farò tutto in tempi brevi…»
L’altra volta, era il 24 gennaio del 2020 e per cambiare la sua Giunta D’Alberto ci mise 14 giorni… due settimane, un tempo lunghissimo, visto che un Sindaco, se “azzera” lo fa già con la nuova Giunta in tasca… o almeno in testa.

L’altra volta lo fece per «…favorire un arricchimento del progetto e l’avvio di una fase che apra la propria esperienza a coloro che possono apportare nuovi contributi politici e realizzativi, con spirito capace di contribuire alla creazione di un progetto nuovo, più forte e più solido che risponda, anche tenendo conto della maggiore solidità della situazione finanziaria dell’Ente, in maniera sempre più ampia e coraggiosa alle esigenze di una città desiderosa di vedere l’incremento dei risultati…».

E’ andata talmente bene che, quattro anni e una rielezione dopo, siamo ancora allo stesso punto. 

Ma stavolta «…faremo prima… ».

Cavallari s’è dimesso il 10 aprile… oggi è il 24 maggio.

Il tempo, è una variabile soggettiva, nella percezione ganguidica, ma non in quella del Gruppo Mariani, che si è riunito per valutare la situazione… le assenze continueranno.

Forse aumenteranno.

Perché stavolta… «…faremo prima»

Ho cominciato con una citazione, chiudo col grande Mino Maccari:
“Non c'è nulla come la fretta che faccia perder tempo…”.

ADAMO