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Non ci sono cétégorie

bankuta.jpegAl Palazzo della Banca d’Italia, mi legano ricordi familiari.
E’ il motivo per il quale, quasi quarant’anni fa, sono diventato teramano.
Di Teramo, quel palazzo è stata la prima cosa che ho visto e frequentato, visto che mio padre ne occupava l’ufficio più importante.
E’ un palazzo bellissimo, per struttura e posizione, come lo sono, anzi: erano sempre quelli di Bankitalia, prima che la Tesoreria dello Stato decidesse di limitare la propria presenza sul territorio, chiudendo molte filiali.
Tra le quali, appunto, Teramo.
Per anni, di quel palazzo non si è interessato nessuno, anzi: ci si chiedeva cosa farne e - ricordo - molte furono le proposte, dal nuovo Rettorato ad una nuova scuola, dalla sede di un assessorato regionale (che poi non è mai arrivato) alla nuova sede della Asl.
Di tutto, di più.

Ma era un chiacchierar del nulla, perché intanto il palazzo restava vuoto e sfitto.

Fino al terremoto, quando in fretta e furia è stato necessario trovare una nuova sede per il Municipio, perché quella storica era “pericolante”.

Così, il Comune ha affittato l’ex Banca d’Italia.

Centomila euro l’anno scarsi d’affitto.

Tanti soldi.

Tantissimi.

Così tanti che, nel maggio del 2022, gli allora consiglieri del Gruppo “Cittadini in Comune”, e cioè: Osvaldo Di Teodoro, Giovanni Luzii e Ivan Verzilli, presentarono una mozione per chiedere alla gianguideria di valutare l’ipotesi di comprarlo, quel palazzo.

Avevano anche un progetto di utilizzo: «…sede espositiva permanente, ubicazione ideale per un museo che ambisca ad avere rilievo nazionale ed internazionale, sulla scia di quanto realizzato dalla città di Pescara nel 2021, laddove sono stati inaugurati sia il “Museo dell’Ottocento” nel Palazzo ex sede della locale Banca d’Italia, sia l’“Imago Museum” nel Palazzo ex sede del locale Banco di Napoli».

Ma ve l’immaginate?

Un museo nel palazzo di via Carducci?

Un nuovo museo a Teramo, dove i musei sono così amati che anche quelli esistenti facciamo di tutto per tenerli chiusi, o non riaprirli…. annunci a parte?

Ovviamente, la prima gianguideria accolse con la consueta disponibilità la proposta… neanche una parola.
Per un anno.
Perché all’improvviso, un anno dopo, nel maggio del 2023, come folgorato sulla via delle elezioni, sua Gianguidità in persona, rispolvera quell’idea e il Comune «…manifesta l’interesse all’acquisto dell’immobile al prezzo di 1.350.000 euro, avviando le procedure per la definizione degli atti necessari…».

E’ fatta!

Ce lo compriamo!

E invece, no.

Era solo un annuncio.

Uno dei tanti, anzi: uno dei primissimi della seconda gianguideria, rieletta da una settimana.

Infatti, ci vorrà un altro anno preciso preciso, per arrivare al 24 maggio 2024 quando si decide di «…prendere atto delle indicazioni del Sindaco con espressa indicazione ad accellerare le procedure di acquisto dell’immobile…».

Un anno per passare dal “sì, vogliamo comprarlo” al “compriamolo”. 

Un anno.

Un giro intero della Terra intorno al Sole.

Il tempo di una Natura Indomita, una fiera, duemilannunci e duecentocinquanta selfie.

Un anno.

Eppure… non era bastato, fino a quando a scatenare davvero l’attività comunale, non è arrivato il manifestato interesse del presidente della Provincia, Camillo D’Angelo, che avrebbe valutato l’ipotesi di compraree l’ex Bankitalia, per farne una struttura ricettiva.

«Giammai!» ha tuonato sua Gianguidità, «…sarà nostro!…».

Un po’ come - da ragazzini - quando si litigava per qualcosa e a chiudere la polemica arrivava, sempre, l’affermazione inattaccabile: «L’ho visto prima io».

In tutta questa vicenda mi stupiscono, però, più della vicenda stessa (l’annuncite gianguidesca e la connessa ritarderia sono ormai patologie note), le motivazioni che, nella delibera di due giorni fa, la Giunta ha scelto per avviare, finalmente, l’acquisto dell’ex Bankitalia.
La prima ragione è “ridurre l’affitto attualmente corrisposto”. E ci sta.
La seconda è “…eliminare le spese di trasloco successive alla liberazione dell’immobile…”.

In che senso “eliminare le spese di trasloco”?

La spiegazione è nella terza motivazione “…garantire la continuità di funzionamento dei servizi ospitati nell’edificio (Ufficio di 
Gabinetto del Sindaco, Segreteria generale, Ragioneria, Tributi, Scuola)…».

Non so voi, ma a me sembra la chiarissima manifestazione della volontà di fare dell’ex Bankitalia la sede perenne del “cuore” del Municipio, trasferendo per sempre l’ufficio del Sindaco. 

E questo spiega anche l’impegno profuso, negli ultimi sei anni, per risistemare la vera sede del Municipio, talmente malmessa che la “pericolante” sala consiliare è sospesa su una farmacia che, dal terremoto, non ha mai chiuso.

E allora tutto quadra: si compra l’ex Bankitalia, dove restano il Sindaco e altri uffici (c’è anche il parcheggio privato, volete mettere?), poi quando, tra una decina d’anni, sarà pronto il vecchio Municipio, magari si tornerà ad utilizzare la sala consiliare, nell’attesa saranno anche finiti i lavori a Palazzo Pompetti e qualche ufficio tornerà in centro.

Ma ci vorranno anni.

Tanti.
Nell’attesa, c’è da pagare l’ex Bankitalia.

E chi lo paga?
Lo spiega la deliberta: 
«….stipula di un mutuo presso la Cassa Depositi e prestiti per l’importo di € 1.350.000,00…».

Lo paghiamo noi. 

Oggi, intanto, il Centro Politico Santacroce torna a sollevare il problema di via Longo "lasciata all'abbandono dopo le promesse della Giunta D'Alberto".
Per via Longo... nessun mutuo.


ADAMO