Al cospetto della Storia, ci si può presentare in due modi.
E non serve che si tratti della grande storia, quella che influenza le vite delle generazioni, basta che sia anche una storia minima, marginale, secondaria.
Provinciale.
Sono sempre due i modi: preparati o non preparati.
Nel primo caso, si consegna la propria faccia alla storia.
Nel secondo, ci si rimette la faccia.
Oggi, la maggioranza gianguidesca, chiamata al cospetto di un momento comunque epocale, come la prima richiesta di istituire una commissione di inchieste, nella storia del Comune di Teramo, ha deciso di rimetterci la faccia.
E quello che più sconcerta, è che l’ha fatto con la convinta certezza di essere nel giusto, cercando giustificazioni insostenibili, sbandierando motivazioni inaccettabili, sostenendo posizioni indifendibili.
Ma andiamo per ordine, prima di tutto i fatti.
La minoranza ha chiesto una commissione d’inchiesta sul “caso Sottosopra”, ovvero sul contenzioso giudiziario, che ha visto il Comune prima condannato dal Tar a pagare oltre 700 mila euro, al gestore del superstore di Corso San Giorgio sfrattato per avviare i lavori del teatro; e poi accordarsi per 450mila euro, rinunciando all’appello.
Sintetizzo, per praticità.
Il Comune rinnova l’affitto a Sottosopra per sei anni, pur sapendo che un anno dopo avrebbe iniziato i lavori e l’avrebbe sfrattato.
Sottosopra, ovviamente, contesta lo sfratto, e vince.
Il Comune, evidentemente intuendo la sorte dell’appello, cerca un accordo e paga.
L’opposizione vuole capire se in quel rinnovo, gestito dagli uffici comunaii e certo approvato dalla politica gianguidica, ci sia stato un errore… e quanto le conseguenze siano state gravi per il Comune.
E chiede una commissione di inchiesta.
Come prevede lo Statuto Comunale.
E come, però, mai è stato fatto a Teramo.
Ma la maggioranza, ha detto no.
L’ha fatto con l’intervento di Luca Pilotti che, vestito come “il nostro agente all’Avana”, in completo bianco, maglia nera e panama sulla testa, disintegra la vocazione piddina al confronto schietto, trincerandosi dietro una siepe minima di cavilli paralegali.
L’ha fatto con l’intervento di Tony Di Ovidio, che l’ha considerata un’azione di disturbo.
L’ha fatto con l’intervento di Luca Malavolta, ormai condannato a confermare in ogni suo intervento quanto fosse giusta la percezione che, di lui, avevo avuto in campagna elettorale, e cioé che fosse la manifestazione vivente delle teorie scollegate dalla realtà.
L’ha fatto con l’intervento di Andrea Core, che ha cercato - almeno - di dare spessore politico al suo no, subordinando un eventuale voto favorevole all’apertura di un’inchiesta su ogni contenzioso rilevante, in ordine cronologico.
L'ha fatto col silenzio dei Cinque Stelle, che nell'attività consiliare offrono lo stesso contributo di utilità della loro assessora.
L’ha fatto con l’ennesimo inutile, superfluo e scialbo intervento di Michele Raiola, del quale riporto un significativo passaggio: «Noi non ci siamo mai tirati indietro davanti a questioni di trasparenza, non l’abbiamo mai fatto e non lo faremo mai…»… e l’ha detto proprio tirandosi indietro davanti ad una questione di trasparenza.
Di ben altro spessore, gli interventi di Antonetti, Rabbuffo, D’Egidio… che hanno ricordato i cardini di quella che dovrebbe essere la regola fondamentale del gioco politico.
La democrazia.
Qualcuno scrisse: “L'arma migliore di una dittatura è la segretezza, l'arma migliore di una democrazia è la trasparenza.”
17 voti contrari, 10 a favore.
Al cospetto della storia
ADAMO