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PallasgonfiaSì, lo so, che non ne potete più di sentire questa polemica sullo Stadio, ma credetemi, questa è una storia diversa.
È la storia che non vi hanno raccontato.
É la storia di un grande equivoco.
Non é il gestore Iachini, non è il presidente Di Antonio, non é neanche il Sindaco D’Alberto: il vero protagonista di questa lunga, a tratti stucchevole, a volte esasperata, spesso litigiosa, sempre conflittuale vicenda del Bonolis, è proprio lui: il grande equivoco.
Ma grande davvero.
Quello sul quale è stato costruito, ad arte, un castello di certezze che certe non sono. 
Qual è questo grande equivoco?
Ve lo spiego tra un attimo, prima dobbiamo mettere un punto fermo fondamentale.
Una “premessa obbligatoria”
Questa: l’uso di un bene comunale prevede SEMPRE, il pagamento di un canone, che deve essere studiato in modo da garantire la totale copertura dei costi.
Il Bonolis, è un bene comunale. 
Per il Comune, non deve essere un costo. 
Per questo lo “affida” ad un gestore che si fa carico di tutti i costi di manutenzione e - appunto - gestione. Quel gestore, poi, per rientrare di quei costi, può “affittare” lo Stadio, secondo un prezziario che è stato approvato dal Comune. 
Per affittare lo Stadio al Teramo, per tutta la stagione sportiva e compresi gli spazi pubblicitari, il gestore Iachini chiede 200mila euro più iva. Quindi 240 mila euro. Cioè, vista la durata del campionato, circa 30mila euro al mese. Somma non indifferente, certo, ma che, come hanno ribadito i funzionari del Comune, due giorni fa in commissione, è conforme alla convenzione. La società biancorossa, pagando quella cifra, ha diritto all’uso dello stadio e all’incasso della vendita dei biglietti e della pubblicità. 
Il Teramo, però, quei 240 mila euro non vuole pagarli… io temo che non sia un problema di volontà ma di possibilità, ma fa poca differenza.
Non li vuole pagare.
Li giudica eccessivi.
Da qui è nata, sfruttando anche l’astio della piazza contro il gestore, per l’esito della sua presidenza, una campagna di “opinione” che, al grido di “Riprendiamoci il Bonolis”, ha da una parte demonizzato Iachini, dall’altra fatto pressione perché il Comune annullasse la convenzione.
E alla fine, questo è successo.
Il 30 settembre, il Consiglio Comunale sarà chiamato a ratificare la fine della convenzione. 
E qui, esplode l’equivoco.
Un equivoco grosso, anche maldestramente cavalcato in salottini televisivi da opinionisti vicini alla società, o usato in danno del gestore nei goffi tentativi di narrazione degli impiegati della tv del presidente. 
L’equivoco è questo: con la fine della convenzione, il Teramo non dovrà più pagare lo stadio.
É falso.
Non é vero.
Chiunque l’abbia raccontato, ha mentito.
Era una bugia.
Perché con la fine della convenzione, in realtà l’unica cosa che cambia è il nome dell’intestatario del bonifico: se fino al 30 (o meglio: fino al versamento dell’acconto) il pagamento dello stadio va alla Soleia, dal giorno dopo in poi andrà al Comune. 
E si sa anche “quanto” si dovrà pagare, visto che per la gestione dello Stadio, nei sei mesi successivi alla fine della convenzione e in attesa della nuova gara, il Comune dovrà pagare all'"appaltatore” (che poi sarà sempre la Soleia) la somma di 140mila euro più iva. Quindi  170.800 euro. Cioé 28 mila euro al mese.
Ricordate la “premessa obbligatoria”?
Il Comune, non può e non deve rimetterci, e non può neanche - per legge - concedere lo stadio al Teramo ad un prezzo simbolico, perché - come ha detto il Sindaco in Commissione - “si configurerebbe l’aiuto pubblico ad un soggetto economico privato”.
Non si può fare.
Il Comune può concedere l’uso gratuito di un bene pubblico, ma solo per iniziative senza fini di lucro. 
Non é il caso di un campionato di calcio, che prevede la vendita dei biglietti.
Certo, in quei sei mesi, il Comune potrebbe concedere l’uso dell’impianto a più società, dividendo tra tutte i costi, ma questo significherebbe per il Teramo non averne la piena disponibilità. E in effetti, nel contratto di appalto dei sei mesi, non si parla mai del Teramo, né della principale squadra calcistica della città, ma di eventi sportivi e non sportivi, ai quali il Comune potrà concedere l'uso dello Stadio.
Non riguarda solo il Teramo.
Se la società biancorossa lo vuole in esclusiva, credo che il conto sia semplice: 28mila euro al mese… due in meno di quelli che avrebbe dovuto pagare alla gestione Soleia. Certo, magari l’amministrazione, nelle more, potrà trovare un modo per applicare qualche sconto, ma dovrà poi trovare il modo di compensarlo, perché alla fine dei sei mesi, dovrà comunque incassare 170mila euro. Il Teramo potrebbe anche pagare molto meno, ma avrebbe molto meno stadio e dovrebbe condividerlo con altri eventi sportivi e non.

Per questo, mi lascia con una punta di sconcerto, leggere sulla pagina Facebook della tv del presidente Di Antonio, una nota a commento del comunicato di Iachini (questo), che recita: “…se il consiglio comunale non approverà l’accordo tra il Comune e la Soleia: in questo caso, il club si troverebbe vincolato a un contratto economicamente oneroso, che potrebbe gravare pesantemente sulle finanze della società, ancora giovane e con limitate risorse….”.
L’equivoco riaffora.
In realtà, se il Consiglio non approva, il Teramo per giocare al Bonolis dovrà  pagare 30mila euro al mese.
Se il Consiglio approva, rischia di pagarne 28 o poco meno.
E poi eviterei il piagnisteo delle "limitate risorse"...
Per fare calcio, ci vogliono passione, palle e soldi.
La passione, ce la mettono i tifosi.
Le palle, devono mettercele i giocatori, ogni domenica.
I soldi, deve metterli la società... non il Comune.
ADAMO