Avete visto Rigopiano in tv?
All’improvviso, è come se una parte d’Abruzzo, avesse scoperto quello che è successo a Rigopiano.
Da quando sulla piattaforma di Sky, è comparso il podcast sulla tragedia, non si sente parlare d’altro.
Come se non ci fossimo tutti, quando è successo.
Come se non le avessimo già vissute, quelle ore.
Come se non le avessimo già piante, quelle lacrime.
Serviva una (peraltro brutta) serie tv, per raccontarci di quella strage, di quei 29 morti.
E all’improvviso, siamo divenuti spettatori di una tragedia nostra.
Raccontata, a noi che c’eravamo, da chi non c’era.
Perché il terremoto, in tv funziona.
Ma solo se c’è già stato, altrimenti… non interessa a nessuno.
Se così non fosse, non staremmo qui da anni, a contemplare il trito e ritrito chiacchierar politico sull’acquifero del Gran Sasso, tra perizie e lavori, sondaggi e polemiche, chiusure e annunci, dimenticando quello che è forse, anzi di sicuro il più grande dei problemi.
Che è anche più grande dell’acqua.
Molto, moltissimo più grande.
Il terremoto, appunto.
Il mostro, che ruggì a L'Aquila. Ad Amatrice e sotto la neve di Rigopiano.
Nuota, adesso, nella nostra acqua.
Vi faccio leggere una cosa:
«I terremoti che dal 24 agosto 2016 hanno interessato il centroappennino sono dovuti alla riattivazione di due faglie dirette, che sono allineate lungo le direttrici delle catene montuose dei Monti Sibillini (Faglia di Monte Vettore, lato Castelluccio di Norcia) e dei Monti della Laga (Faglia dei Monti della Laga o di Campotosto, lato Amatrice). Queste faglie appartengono ad un sistema più esteso e sono distribuite lungo la dorsale appenninica sul bordo occidentale delle catene montuose più avanzate che digradano ad est verso il Mare Adriatico. A questo sistema appartengono anche le faglie del Gran Sasso che "in grande" possono essere considerate come un'unica faglia (Faglia delle Tre Selle e Faglia di Campo Imperatore). Queste ultime rappresentano la continuazione a Sud, con orientamento diverso, delle faglie del Monte Vettore e dei Monti della Laga a cui fanno riferimento i terremoti del 24 agosto 2017, del 30 ottobre 2017 e 18 gennaio 2018. Le faglie del Gran Sasso pertanto si trovano in una zona sismicamente molto attiva; a sud di queste (ad una distanza di appena 12 Km) vi è anche la Faglia di Paganica, la cui attivazione ha prodotto il terremoto di L'Aquila del 6 aprile 2009. Tali faglie, la cui lunghezza totale raggiunge i 30km, sono da considerare "silenti" ossia in ritardo sismico e possono raggiungere la magnitudo massima attesa di circa 7 gradi nella scala Richter».
E’ chiaro, no?
Ve la faccio ancora più chiara: il Gran Sasso è al centro di un intreccio di faglie che si sono riattivate di recente, tutte… tranne una.
Quella di Campo Imperatore.
Dimenticavo: quello che avete letto, non è il capitolo di un libricino catastrofista, né la visione di uni scienziato laureato sul web, ma pagina 12 della «…Relazione tecnica dell’Arta, relativa agli accertamenti richiesti dalla Procura della Repubblica di Teramo ed effettuati con i Carabinieri del NOE di Pescara, nel corso dei quali sono state esaminate le criticità relative al rischio di contaminazione della falda nell'acquifero del Gran Sasso. Le attività sono state svolte attraverso sopralluoghi e prelievi all'interno dei laboratori dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare INFN e presso le gallerie autostradali della A24 "Autostrada dei Parchi" e infrastrutture ad essa collegate».
Dunque, un documento ufficiale.
Che dettaglia senza metafore, i rischi collegati alla faglia di Campo Imperatore, che: «…attraversa, quasi ortogonalmente, le gallerie autostradali dell'A24 ed ha un piano di faglia inclinato di circa 55°, che passa ad una distanza di circa 1 Km dai laboratori di fisica nucleare. [ - ] Appare doveroso valutare se eventuali situazioni di pericolo dovute, in particolare, alla riattivazione della Faglia del Gran Sasso, possano determinare rischi di inquinamento per l'ambiente a seguito di sversamenti incontrollati di materiale pericoloso»
.
Anche qui, ve la banalizzo: sotto al Gran Sasso, ad un chilometro dai Laboratori, passa una faglia sismica in grado di generare terremoti fino al settimo grado; se dovesse succedere, oltre a tutto quello che abbiamo già visto e vissuto, nella recente storia d’Abruzzo, potremmo ritrovarci anche a gestire l’emergenza… senza acqua potabile, visto che un danno ai Laboratori avrebbe effetti potenzialmente catastrofici, in quanto ad inquinamento della falda acquifera.
Anche perché, i Laboratori, a differenza delle gallerie, sono meno “rinforzati”
«… all'interno delle gallerie sono state realizzate opere di rinforzo, aderenti allo scavo in roccia, costituite da centine metalliche, che in alcuni punti critici instabili sono molto ravvicinate tra loro (interasse 1 metro), con lo scopo di proteggere e contenere le pareti e la volta dello scavo…», invece «…sulle camere dei laboratori di fisica nucleare, su richiesta dello stesso I.N.F.N., non furono realizzate opere strutturali di sostegno, simili a quelle realizzate nelle gallerie autostradali, in quanto queste avrebbero creato problematiche agli esperimenti previsti nei laboratori. Furono realizzati solamente delle chiodature d'acciaio ed un rivestimento interno formato da una rete elettrosaldata su cui e stato proiettato con delle pompe, del cemento a spruzzo».
Ricapitolo: all’interno di una montagna piena dell’acqua che beviamo ogni giorno, nuota un mostro che, da un momento all’altro, potrebbe ruggire così forte da spezzare le gallerie dell’autostrada e devastare un centro di ricerca, che non ha neanche le pareti rinforzate ed è pieno di materiale pericolosissimo,.
Avete visto Rigopiano in tv?
ADAMO