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PALLOXCosì parló sua Gianguidità: “ …non possiamo rassegnarci all’idea che Teramo diventi un grande paesotto, ma bensì dobbiamo rivendicare un ruolo di traino per tutta la Provincia. È proprio su questo campo che verrà misurata la nostra capacità di essere davvero capoluogo di Provincia: un fulcro, un centro nevralgico, capace con scelte lungimiranti, di contribuire e di essere volano per la ripresa di un territorio assai ampio e diversificato”.
Eravamo nel 2019, il Gianguido I era cominciato da non molto, c’era entusiasmo e voglia di fare.
A parole.
Non sapevamo ancora, che in quelle parole c’era il seme magico di quell’annuncite, che è diventata poi la cifra stilistica stessa della politica gianguidica, evolvendosi piano piano in quel culto della personalità, esasperato fino ai limiti dell’ossessione compulsiva ad apparire, che  nel giro di un pugno di mesi, ci vide passare  dal “….  dobbiamo rivendicare per Teramo  un ruolo di traino per tutta la Provincia….”, al cuoricino bianco - cuoricino rosso, che sono diventati il sigillo di ogni epifania gianguidica. 
Poi, però, all’improvviso… qualcosa s’è rotto.
Il cuoricino bianco è scoppiato all’Anci, quando sua gianguidità, che sul ruolo di presidente regionale aveva costruito una narrazione tutta sua, caricandola di un’importanza mai vista prima, ed eccessiva in ogni senso, è stato detronizzato.
Il cuoricino rosso è scoppiato ieri, quando il Comitato ristretto dei Sindaci della Asl, l’ha defenestrato. 
E non l’ha presa bene. Anzi: al posto di un signorile “buon lavoro” al presidente entrante, anzi: alla presidentessa, la sindaca di Civitella Cristina Di Pietro, il Nostro ha vergato un comunicato polemico assai, nel quale rivendica una sorta di "privilegio teramano" alla carica, dimenticando di quando Ruffini la scippó a Chiodi.
Scrive: “
Purtroppo, quello che è andato in scena oggi non è stato altro che l’ennesimo attacco politico e territoriale alla città capoluogo, che ha trasformato il comitato ristretto in un ulteriore terreno di scontro e occupazione delle istituzioni da parte del centrodestra, incurante della fase delicata che stiamo vivendo, anche in relazione al progetto di realizzazione, a Teramo città, del nuovo ospedale”. 
Ma come, non “dovevamo rivendicare un ruolo di traino per tutta la Provincia”?
E invece, ieri, c’è stata “Una
 conferma dell’attacco a Teramo e alla sua centralità in virtù del suo ruolo di capoluogo di provincia. Non si tratta di difendere Gianguido D’Alberto, ma la centralità di Teramo…” protesta ancora D’Alberto, mentre tutt’intorno si stende un imbarazzato silenzio.
Tranne Manola Di Pasquale (che ancora conserva il senso dell’appartenenza ad una coalizione) non c’è stata altra voce, che si è levata dalla gianguideria.
Neanche il "miracolato" Jhonny Cavallari, che a D'Alberto deve il suo scranno regionale, ha battuto i pugni, ma forse era impegnato nel proporre altri emendamenti senza copertura finanziaria, portando l'annuncite all' Emiciclo.
Solo silenzio.
Anzi: non sono mancati, tra i “suoi”, quelli un po’ più esterni al cerchio magico, che hanno colto l’occasione per segnalare quanto faccia rumore il cuoricino che scoppia.
Tra qualche anno, verrà un commentatore, uno storico magari, che rileggendo la Teramo gianguidica racconterà del giorno in cui, senza che - in quel momento sì - si levasse potente la voce del Sindaco di Teramo, abbiamo perso per sempre il nostro ruolo di capoluogo.
È successo nel giorno in cui sono stati ridefiniti i collegi elettorali, e la nostra provincia è stata smembrata.
Quel giorno, la Storia ha offerto a D’Alberto e alla sua brigata l’occasione di uscire dal paesotto e di restituire a Teramo la dignità che merita. Non successe nulla, se non qualche tardiva, e poco convinta esternazione, forse un comunicato, un paio di interviste tra le migliaia rilasciate in questi anni… e niente più.
Un Sindaco che ambisse alla difesa, anzi: alla ripresa della centralità del suo territorio, si sarebbe dovuto incatenare a Roma, a Montecitorio, o a Palazzo Madama, o magari davanti a Palazzo Chigi.
Non sarebbe servito, dite? 
Sarebbe servito eccome, anche nella sconfitta ci avrebbe riaccreditato dignità territoriale, ci avrebbe comunque reso visibili ed esistenti.
Città, non grande paesotto.
E poi, ve l’immaginate quanti selfie?
Cuoricino bianco, cuoricino rosso.

ADAMO