Tra i motivi di lite, che infiammano in queste ore quel che resta del Movimento Cinque Stelle, con Conte e Grillo che se ne dicono e se ne fanno di ogni colore, c’è un tema caldissimo.
Gianguido.
Mentre s’azzuffano sul nome, sul logo, sul diritto di usare l’uno e l’altro, e come fidanzati a fine storia, si rinfacciano di tutto, dai trecentomila euro l’anno dati a Grillo, alla stessa scelta di Conte come premier, spunta sotto le cinque stelle un altro problema.
Gianguido.
Fonti romane, infatti, ci raccontano di come, qualche giorno fa, andato a Roma per altro impegno istituzionale, il Sindaco di Teramo abbia cercato di incontrare Conte.
Per parlare di cosa?
Provo ad indovinare:
1 - Del magnifico risultato ottenuto dall’ex presidente del Consiglio, dopo la comparsata elettorale in via Balzarini, quando promise di interessarsi del caso?
2 - Degli storici traguardi, raggiunti dall’assessora pentastellata Pina Ciammariconi, delegata all’agenda digitale, grazie alla quale, oggi, Teramo è una delle città più tecnologiche del Mondo?
3 - Dell’imperdibile contributo, di idee e di proposte, che offre in Consiglio il pentastellato Gianni Calandrini, tra i pochissimi in grado di leggere “andando a capo”?
4 - Del futuro politico di D’Alberto?
La risposta, è nella domanda.
Giunto alle soglie del settimo anno del suo mandato, l’unico Sindaco della storia di Teramo che non ha passato neanche un giorno nel nostro vero Municipio, comincia a guardarsi intorno.
Ed è giusto.
Del resto, sa benissimo che, non potendo più ricandidarsi al Comune, dovrà scegliere un’altra strada: Regione o Parlamento, e qui il discorso si complica.
D’Alberto, infatti, sarà Sindaco fino al 2028, ma sarà un’annata, che non si “incastra” con le altre scadenze elettorali, visto che voteremo nel 2027 per il Parlamento e nel 2029 per la Regione.
Non è scelta facile, perché candidarsi per andare Roma, significa lasciare un anno prima, facendo commissariare il Comune, mentre candidarsi per andare a L’Aquila significa aspettare un anno senza carica, da ex Sindaco, col rischio che la città sia amministrata da una coalizione contraria, che offuschi il benfatto precedente, anche se di benfatto gianguidesco da offuscare, c’è poco o nulla.
Più nulla che poco.
No, la strada è segnata: sarà il Parlamento.
Ma per una candidatura “vera”, cioè con qualche possibilità di riuscita, serve un partito “vero”, perché il nuovo sistema dei collegi elettorali, che ci lega e di fatto ci subordina all’Aquila, rende impossibile l’elezione di un teramano che non abbia appoggi anche dall’altra parte del Gran Sasso. Il naturale approdo gianguidesco, sarebbe il PD, ma col partito della Schlein, il Nostro non ha grandi rapporti. Gli è ostile, a livello regionale, la corrente dalfonsiana, e dopo il “caso Di Padova”, col mancato appoggio alla candidatura parlamentare, anche a livello provinciale e comunale D’Alberto incontra qualche muso storto.
Quindi, che fare?
Una sola soluzione: capitalizzare il sacrificio, trasformando l’assessorato della Ciammariconi in un biglietto per il Parlamento.
Per quanto io lo consideri totalmente inutile, l’assessorato ciammariconico ha infatti, a livello nazionale, un suo riflesso di visibilità notevole, consentendo ai cinque stelle di poter vantare un assessore in un capoluogo di provincia abruzzese.
A favore di D’Alberto, gioca anche il fatto di aver salvato la poltrona ciammariconica, anche quando il Movimento si è frantumato, anzi: ha avuto anche il “culo” (che in politica serve sempre), di essere eletto - tra i pochissimi in Italia - con quel campo largo che poi, altrove, s’è schiantato.
La strada di D’Alberto, è quindi segnata: candidarsi al Parlamento per i 5 Stelle, dimettendosi da Sindaco nel 2027. Il che significa, che la gianguideria ha solo due anni (anche meno) per cercare di realizzare almeno qualcuna delle promesse fatte agli elettori…
Solo due anni, anche meno.
Stella stellina, la notte s'avvicina...
ADAMO