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NguloStimo Graziella Cordone. E lei lo sa.
La stimo al punto di essere stato tra i primi a criticare il fatto che, nel primo mandato dalbertiano, la gianguideria non le avesse riservato un posto da assessora.
E l’impegno che sta profondendo in questo suo incarico, adesso che assessora lo è diventata, mi conferma che non avevo sbagliato.
Non avevo dubbi: è una donna che ha conosciuto sofferenze profondissime, ma dalle quali non si è fatta vincere; così come ha imparato a sentire il suono del silenzio, e a trovare in quel silenzio anche tante risposte.
Sapevo che avrebbe fatto dell’impegno una regola, senza cedere di un passo, anche quando la vita, beffarda, l’ha chiamata pochi mesi fa ad un’ennesima prova di dolore.

Perché ne scrivo?

Perché un’assessora non è solo sostanza, ma anche forma. 

No, in un ruolo pubblico, l’una non prevale sull’altra, ma si equivalgono, perché l’una e l’altra sono espressioni di una rappresentanza che non è solo quella dei cittadini che l’hanno votata, ma di tutti i cittadini, anche di quelli che non l’hanno votata, ma hanno il diritto di pretendere che li rappresenti.
E che, nello stesso momento, rappresenti la loro / nostra città.

Graziella Cordone è assessora di Teramo.

Cioè della nostra città.

Cioè di un capoluogo di provincia.

Cioè di una città che pretende il rispetto anche della forma istituzionale.

Cioè di una città nella quale… un assessore, e aggiungo: ancora di più un’assessora donna, non commenta “ngulo” pubblicamente, su un social, oltretutto sotto il post di un altro esponente della vita pubblica, ovvero il consigliere comunale e provinciale Flavio Bartolini. 
 Guardate:

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Non si fa.

E non è questione di essere bacchettoni o retrogradi, è solo che non si fa.

E basta.

Non si è assessore perché si fa l’assessore, ma anche perché ci si comporta da assessore.

E un assessore non scrive “ngulo”(che poi, a voler essere precisi, sarebbe 'ngule) commentando pubblicamente il post di un consigliere comunale, tanto più se il post è relativo all’ingresso di quello stesso consigliere in uno dei luoghi simbolo del nostro Paese, cioè Palazzo Chigi.

Per farvi capire quale sia la portata della cosa, provo a raccontarvela con le parole della forma: un consigliere eletto nel Consiglio Comunale e nel Consiglio Provinciale di Teramo si è recato oggi in visita a Palazzo Chigi, sede della Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana; all’apprendere la notizia, l’assessora con delega alle Politiche ambientali, climatiche, energetiche e di sviluppo sostenibile; all’Economia circolare; alla Programmazione e gestione del ciclo integrato dei rifiuti e alla mobilità e ai trasporti dell’Amministrazione Comunale di Teramo, ha commentato: “ngulo”.

Per fortuna che, nel suo tour romano, Bartolini non si è spinto fin sul colle del Quirinale, altrimenti temo che avremmo rischiato un poderoso “e lu cazze”.

Certo, mi direte che dall’avvento della gianguideria il lessico politico ha conosciuto una decisa virata sul popolare / popolano / populista, che ha schiuso le porte anche all’indimenticabile declinazione in “Dio” di un consigliere, che affidò alle cronache consiliari un bestemmione, ma la mancanza di stile (eufemismo) di qualche rappresentante del popolo, non deve sdoganare il mancato rispetto della forma.
Non è accettabile.
Nemmeno in una città politicamente sgarrupata come la nostra.
Non si fa e basta.

Ecchecazzo!

ADAMO