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SadesDa questa tre giorni sciampagnosa riporto in Italia, oltre alla memoria colta della creazione di questo vino straordinario, e a quella alcolica dei tanti champagne assaggiati, anche il ricordo del sorriso della fede. Che mi ha, confesso, piacevolmente spiazzato. Di una fede scolpita, intendo.
È strano, perché la scultura cristiana mi aveva abituato al contrario: alla durezza, al dolore, alla seriosità cosmica del destino umano. “Ricordati che devi morire”, sussurrano teschi, scheletri e crocifissi.  Qui, invece, le statue sorridono. Sì, sorridono davvero. Non il ghigno beffardo di gargoyle intenti a spaventare fedeli o passanti, non il sorriso enigmatico che ci fa lambiccare la mente davanti a un dipinto di Leonardo, ma un sorriso pieno, umano, quasi disarmante.
A Reims, l’angelo che accoglie il visitatore sulla facciata della cattedrale non ha nulla della gravità dei suoi colleghi sparsi per l’Europa: non ammonisce, non incute timore, non ricorda la tragicità della sorte umana. Sorride, semplicemente. 
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E ancora più sorprendente è la statua di Dom Pérignon a Hautvillers: il monaco che, secondo la leggenda, “inventò” lo champagne, non medita sul peccato o sulla vanità del mondo, ma pare voler dire: “assaggia, rilassati, la vita non è solo croci e penitenze”. La statua, poi, al limite del dissacratorio, oltre alla flûte in mano, ha un corpo vetroso di bottiglia, che la rende ancora più festosa. 

DompierreÈ uno scarto quasi teologico. Dalla cupezza medievale alla leggerezza barocca, dal memento mori alla celebrazione del vivere. Qui la pietra non ammonisce, consola. Non punge, ma solletica.
Certo, sarà un caso che questo miracolo di leggerezza avvenga proprio nello Champagne? Nella terra dove la serietà è bandita a colpi di bollicine? Dove persino il vino, al posto di stare placido nei bicchieri, saltella festoso come se volesse partecipare a una danza? Forse no. Forse quelle statue hanno imparato dai calici: non il broncio dei rossi meditativi, ma l’allegria spumeggiante che fa scoppiare un sorriso anche al più arcigno dei commensali.
In fondo, lo champagne è una filosofia. La bottiglia stappata non segna un trionfo militare o una fuga dalla disperazione: segna la celebrazione del presente, il brindisi alla fragilità che diventa festa. Forse le statue di Reims e di Hautvillers ci vogliono dire questo: che il destino umano non è solo una marcia verso l’ombra, ma anche l’arte di saper sorridere lungo il cammino.
Come dire: “ricordati che devi brindare”.
ADAMÒ