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Screenshot_2025-10-14_alle_00.57.51.pngIn verità vi dico, che il 4 ottobre Teramo ad Assisi non c’era. 

Sì, lo so, l’incipit è un po’ pretenzioso e neanche tanto originale, ma è che volevo darmi un tono importante, evocativo, quasi aulico, visto che dovrò toccare argomenti che sfuggono al quotidiano, ma invocano l’Eterno, sfiorando appena appena le pagine di qualche libro sacro, ma anche citando uomini che hanno rotto i vincoli dell’Umano, per consegnarsi al Divino.

Uomini come Giovanni di Pietro da Bernardone, che il padre volle però chiamare “Francesco”, un po’ per onorare la terra d’origine della madre, un po’ - forse soprattutto - perché era ai commerci con la Francia che doveva il benessere suo e della sua famiglia.

Insomma, era da lì che venivano i soldi.

E questa, vedrete, è anche una storia di soldi, in un intreccio a tratti sgradevole tra sacro e profano, dove il primo si fa strumento del secondo, nell’eterna rincorsa al consenso. Politico.

Ma andiamo per ordine, cominciamo dall’inizio, della storia e del mio articolo: torniamo ad Assisi.

C’erano tutti, il 4 ottobre, nel giorno di San Francesco.

C’era il Governo nazionale, con la premier e una vagonata di ministri.

C’era il Governo regionale, con Marsilio e una vagonata di sindaci.

Teramo non c’era.

Non c’era il Sindaco, né la vice, né uno degli altri otto assessori.

Neanche l’assessora Ciammariconi, che pure avrebbe avuto una sua ragione di andare, vista l’intuibile relazione tra delega al benessere animale e la passione di San Francesco per il dialogo con le bestie.

Niente.

Neanche la Ciammariconi.

Teramo non c’era.

Eppure, dalle nostre parti, il Santo d’Assisi gode di una certa fortuna, pensate che basta nominarlo… e dal Comune arrivano diecimila euro.

È un evento prodigioso: nomini San Francesco e tac, arriva il bonifico. 

Succede solo con lui, se provate a nominare altri santi i soldi arrivano lo stesso, ma mai quanti ne arrivano per San Francesco.

Per esempio: a Forcella invocano la Madonna della Misericordia? Tac, arrivano 5mila euro.

A Caprafico nominano Sant’Emilio e Santa Colomba? Tac, 4 mila euro.

A Piano della Lente s’appellano a Santa Rita? Tac, 3 mila euro.

E se a Forcella ci riprovano, magari puntando su uno “straniero” come San Martino di Tours, col corollario di castagne e vino, non si va oltre i 2 mila euro.

Perché i Santi non sono tutti uguali.

San Francesco conta di più.

Sarà che è il patrono d’Italia, sarà che “è il più italiano dei santi”, sarà che scriveva in volgare e lo possono leggere anche gli assessori che non sanno di latino e greco, ma alla gianguideria il frate umbro piace. 

Specie quando lo festeggiano a San Nicolò e a Villa Vomano.

Piace soprattutto all’assessore Filipponi, che per una sorta di reazione da psicologia inversa, quando sente parlare del “Poverello”… stanzia i diecimila.

Lo fa, attenzione, non per slancio di fede, ma per “…sostenere iniziative che valorizzino e promuovano il Comune di Teramo sotto il profilo culturale, turistico e commerciale, oltre a rappresentare momenti di forte aggregazione sociale che vedano protagonisti i cittadini di Teramo e Provincia e quelli di altre Regioni d’Italia”. Capito?
È turismo, mica fede.
Cultura, mica preghiera.
Promozione, mica devozione.

E non solo, perché ognuna delle due feste francescane, alle quali il Comune concede il contributo a quattro zeri, ha una sua particolare vocazione. 

A San Nicolò a Tordino, per esempio: «…le finalità e gli obiettivi dell’iniziativa favoriscono la crescita del senso comunitario e identitario della popolazione, favorendo così il superamento delle differenze di provenienza, di età e di estrazione sociale».
Lo scrive il parroco, nella sua richiesta del contributo da 10mila euro, nella quale dettaglia anche tutti i costi della festa: 32 mila euro totali, cioè 22mila per le serate musicali, 5mila per luci e palco, 1500 per pubblicità, 1500 per i bagni chimici e 2mila per la Siae. Per coprire la spesa, oltre ai 10mila del Comune servono i 22 mila di “fondi propri” della Parrocchia.

Ripeto: 10mila nostri e 22mila della parrocchia, spesi anche per pagare -  cito la festa del 2024, perché quella di quest’anno non è ancora agli atti - l’esibizione dei i Gemelli di Guidonia”, di una cover band dei Queen, di una compagnia di teatro dialettale e dello Zoo di 105.

Sì, lo Zoo di 105. 

Nulla di più francescano di una trasmissione che, nella sua storia, ha ricevuto multe per volgarità e ha rischiato la chiusura per una bestemmia in diretta.

Si sa, niente favorisce “… il superamento delle differenze di provenienza, di età e di estrazione sociale…” più di un bestemmione.

A Villa Vomano, invece, il Comitato di Frazione spiega che «Lo scopo della festa è proprio quello di avvicinare i più giovani alla chiesa, al rispetto delle tradizioni tramandandole tra le diverse generazioni», ed è per questo che i 21 mila euro totali (oltre ai 10mila del Comune, 2500 del Bim e 8500 del Comitato), sono stati spesi nel 2024, "avvicinando i giovani alla chiesa" coi concerti dei Magia 90, del figlio di Gianni Morandi e “tramandando le tradizioni” con la deejay Renè la bulgara.
Fa eccezione Vittorio il fenomeno, lui sì che almeno può vantare nel suo repertorio un sicuro riferimento religioso: quella sua immortale “Rosina dammela”, chiarissimo inno a pensare ai più sfortunati. 


ADAMO