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Nella sua auto-appagante narrazione, l’assessore Filipponi ama ricordarci di tanto in tanto che «Il turismo a Teramo è in crescita» e che la nostra città è una perla nascosta tra mare e montagna.
Peccato che, per uno dei più importanti motori di ricerca turistici, Expedia, questa perla sia ancora nascosta nell’ostrica dell’invisibilità, visto che per promuovere la nostra città usa la foto di una piazza di Teramo, che a Teramo… non esiste. 

È vero, c’è una chiesa che, ad uno sguardo disattento, di notte, in mezzo alla nebbia e con gli occhi chiusi, può vagamente ricordare il nostro duomo, ma non è Teramo. 

È Cervia

Su Expedia, l’immagine di copertina che accompagna la scheda dedicata a Teramo, è quella di piazza Garibaldi, ma non la nostra con l’Ipogeo, il traffico e gli extracomunitari che se le danno, ma quella di Cervia. Come se ci fossimo improvvisamente spostati sull’Adriatico, a respirare aria romagnola per barattare le scrippelle con piadine.

L’episodio, comico ma rivelatore, racconta meglio di mille analisi il dramma identitario di quello he siamo: una terra “di mezzo”: bella ma dimenticata, con un patrimonio storico e naturale enorme, ma senza un’immagine riconoscibile nel grande mercato del turismo digitale.

Teramo, tra la montagna del Gran Sasso e le colline che scendono verso il mare, resta prigioniera di una certa invisibilità. Non perché non abbia da offrire — anzi — ma perché nessuno la racconta, la fotografa, la mette sulle mappe che contano. E a nulla servono le “Nature indomite” o i “Capodanni teramani” da mezzo milione a botta, siamo e restiamo sconosciuti.
E così, se manca la narrazione, arriva la confusione: Teramo? Cervia? Tanto è uguale.

La geografia emotiva dell’Italia funziona così: se non sei Roma, Firenze o Napoli, rischi di diventare una località teorica. Una città quantica: esiste e non esiste, a seconda di chi la cerca su Google.

Eppure, il caso fa riflettere. Perché se una multinazionale del turismo globale confonde Teramo con Cervia, il problema non è solo di chi carica le foto, ma anche di chi non le ha mai scattate.

Teramo non è su Expedia, ma neppure nei film, nei racconti. È una città fuori fuoco, nonostante una posizione geografica invidiabile e un’identità culturale che basterebbe raccontare, per coinvolgere chiunque.

Ma niente: nessuno ci fotografa, nessuno ci cita, e ci tagghiamo solo tra di noi. E allora arriva Cervia, puntuale, col suo aperitivo vista mare, a rubarci la scena.
In fondo, è la perfetta metafora dell’Italia minore: chi non comunica viene confuso, chi non si mostra scompare. In un altro articolo, oggi, raccontiamo dell’Abruzzo che si promuove sui videowall di Times Square a New York… mentre a noi non ci conoscono neanche dopo le Marche. 

Ma per farsi conoscere bisogna volerlo: serve un’identità comunicata, un’immagine coerente, una voce che esca dal guscio locale.
La gaffe di Expedia, per la quale mi auguro che il Comune faccia sentire subito la propria voce, può diventare allora un promemoria prezioso: se non dici chi sei, lo diranno gli altri — e magari sbaglieranno foto.

Per farsi riconoscere, bisogna prima farsi conoscere. 

Assessori al turismo ne abbiamo?

ADAMO