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San Siro sì, Bonolis no.

San Siro si vende, il Bonolis si compra

Curioso come la stessa parola — stadio — possa significare due cose opposte, a seconda della latitudine amministrativa di chi governa.

A Milano, lo stadio Meazza è improvvisamente diventato un patrimonio, un’“entrata” per il Comune, un bene da vendere per produrre utili e lasciare che altri, i privati, si facciano carico del futuro, con demolizione, ricostruzione e gestione.

A Teramo, invece, il “Bonolis” è finito nel bilancio delle uscite, un peso, un fardello da portare, un costo da sostenere. 

Bilancio?

Il Comune di Milano chiude con + 197 milioni.

Il Comune di Teramo chiude, visto che della parte commerciale mai appaltata sembra non interessarsi più nessuno, con una perdita di tre millioni e mezzo.
 Per ora.
E non solo, perché se almeno tutto l’ambaradan fatto per “riprendersi” lo Stadio fosse servito a far risparmiare la squadra, che non voleva sostenere i costi della precedente gestione, anche in questo caso l’operazione è stata vana, visto che adesso lo stadio al Teramo rischia di costare circa 340mila euro l’anno (numeri rivelatici da un dirigente) anche col carico imponderabile di tutta la manutenzione ordinaria.
Tanto per fare un esempio: se la tifoseria ospite devasta i bagni (ed è successo) paga il Teramo per risistemare tutto.

Eppure, una soluzione diversa c’era, ed era esattamente quella adottata da Milano: vendere.
A parlarne al Sindaco - e lo scrivemmo - fu lo stesso ex gestore Feanco Iachini, che suggerì alla gianguideria di vendere il Bonolis con un vincolo d’uso legato alla squadra. 
Spieghiamolo meglio: il Comune avrebbe dovuto vendere tutto il Bonolis, riservandosi “in eterno” il diritto di far giocare la squadra più importante della città ad un prezzo calmierato (60mila euro si disse).
Il nuovo proprietario, avrebbe dovuto portare a termine i locali commerciali e venderli o affittarli, poi avrebbe potuto organizzare eventi e concerti, ma soprattutto avrebbe dovuto gestire l’impianto senza gravare di un centesimo sulle casse comunali.
Si ipotizzò, ma era solo una valutazione preliminare, un prezzo di base d’asta di una quindicina di milioni, soldi coi quali il Comune avrebbe potuto liquidare la Soleia, incassare una decina di milioni puliti, liberarsi della gestione e garantire al Teramo uno stadio a prezzi accessibili. 

Semplice, no?
Così semplice... che non si è fatto.

Perché quella fu una scelta di pancia e non di testa, una captati o benevolentiae della "piazza" e non una razionale valutazione costi - benefici.  Si è scelta una strada che, alla lunga, diventerà un percorso ad ostacoli per il Comune, e per i cittadini.
E ce ne accorgeremo quando ci toccherà pagare il rifacimento del campo, che - vedrete - sarà tutto a carico nostro. 

Teramo è lontanissima da Milano.

Viene da chiedersi se il problema sia davvero lo stadio — o piuttosto la visione che ogni amministrazione ha del proprio patrimonio collettivo.
San Siro, anche nel suo declino, rimane un’idea di futuro.
Il Bonolis, invece, sembra diventato il simbolo di un presente che non sa cosa aspettarsi dal futuro.

Milano abbatte un tempio del calcio, per costruire una nuova storia, Teramo in cinque anni al suo tempio del calcio (il vecchio Comunale) non è riuscita a dare un progetto.

Due Italie, in fondo: una immagina un nuovo stadio, l’altra è arrivata all’ultimo.
Ad'A