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CORONAVIRUSok7Terapie anti-Covid disponibili a ottobre: una coincidenza la stretta sul green pass?

Risale a circa un mese fa la notizia, passata in sordina ma tornata alla ribalta nei giorni scorsi, che la UE ha autorizzato cinque trattamenti contro il Covid, che potrebbero ricevere il via libera entro il mese di ottobre. Una coincidenza che è stata notata a proposito del green pass: l'improvvisa fretta, infatti, di alcuni governi europei fra cui il nostro d'imporre un obbligo vaccinale di fatto, che appare affrettato quanto rischioso, oltre che incompatibile con le libertà costituzionalmente sancite, è seguita all'annuncio della Commissione europea e ha come obiettivo dichiarato quello di ottenere il maggior numero possibile di vaccinazioni entro, appunto, il mese di ottobre.
Il dibattito sulle terapie anti-covid ha avuto poco spazio sui media italiani, ma dura dall'inizio dell'emergenza e ha avuto maggiore risalto in Paesi come gli USA. Per vaccini ancora sperimentali, costosi quanto rischiosi, la cui efficacia sembra purtroppo compromessa dalle mutazioni del virus cinese,  mentre non c'è dubbio che sono stati adottati in via emergenziale "saltando" il congruo numero di test e controlli previsto per le vaccinazioni, i governi occidentali non hanno badato a spese e hanno fatto a gara per sostenere campagne vaccinali su larga scala, spesso adombrando quando non adottando misure coercitive per costringere i cittadini a iniettarseli "obtorto collo", magari, come in Italia, firmando un modulo per esonerare da ogni responsabilità le case farmaceutiche. Vaccini, è bene sottolinearlo, sulla cui efficacia ancora si dibatte: secondo fonti autorevoli il 56% dei contagiati attualmente rientrerebbe nella categoria dei vaccinati; allo stesso tempo, è sufficiente tracciare la proporzione tra i morti causati dai vaccini "ordinari" e quelli invece dovuti alle iniezioni anti-Covid per chiarire come non vi sia alcun bisogno di essere "no vax" per esprimere perplessità su farmaci potenzialmente dannosi, ma non necessariamente utili. Eppure, poiché l'emergenza ha le sue ragioni che la ragione non conosce, ci sono forti spinte per renderli di fatto obbligatori anche per ii minori, nonostante gli appelli di importanti ricercatori e i pareri contrari di medici illustri.
Viceversa, le cure per il Covid sono state trattate con estrema circospezione, sottoposte a lenti controlli e spesso dipinte dai media alla stregua di superstiziosi scongiuri, laddove i risultati erano invece molto buoni e i rischi piuttosto bassi. Non risulta che i governi si siano impegnati perché i malati ricevessero le cure quanto si stanno invece applicando perché i sani ricevano i vaccini, anzi: siamo arrivati al punto in cui la libertà di coscienza dev'essere sacrificata al green pass.
In questo quadro viene da domandarsi se non vi sia un nesso tra questa forzatura della Costituzione, volta ad accelerare la campagna vaccinale via decreto, e l'approvazione dei farmaci da parte della UE. Una domanda che sorge anche a sentire le dichiarazioni dello stesso generale Figliuolo, il quale ha indicato più volte il periodo di settembre-ottobre come termine massimo, e prendendo in esame altre coincidenze, a partire dallo stop della Food and Drugs Administration alla terza dose di Pfizer, al quale è seguita l'improvvisa stretta in Francia, con le conseguenze in termini di tensioni politiche e sociali a cui stiamo assistendo.
In ogni caso, l'interrogativo a monte rimane: perché adottare con tanta urgenza farmaci in via emergenziale laddove presto saranno disponibili terapie ufficialmente approvate? Si dirà: perché prevenire è meglio che curare. Ma questo è vero in teoria, perché in pratica i principi devono essere applicati ai casi specifici. Da un lato io ho un vaccino che non mi dà alcuna certezza in termini di prevenzione, né sugli effetti collaterali, né sulle conseguenze a lungo termine in seguito alla somministrazione; dall'altro invece ci sono delle terapie affidabili e testate, che potrebbero ricevere l'approvazione definitiva entro pochi mesi. Con quale logica introdurre strumenti coercitivi per spingere i cittadini a scegliere la prima opzione prima che possano accedere alla seconda? Non sarebbe sensato il contrario, ovvero tentare la strada sicura per incamminarsi su quella franabile solo in assenza d'altre vie da battere?
Sembra che nel porsi il problema politico si finisca col trascurare l'aspetto logico: un conto è la necessità, uno l'efficacia e un altro la sicurezza. Se si può dibattere sulla necessità del vaccino ed è lecito dubitare dell'efficacia, sulla sicurezza non ci dovrebbe essere neppure da discutere: un farmaco sperimentale non può diventare obbligatorio, specialmente per una malattia che può essere curata con terapie collaudate. Eppure è sufficiente fare un ragionamento così semplice per essere tacciati di essere diventati no vax...


Vincenzo di Nanna
Camillo Maffia
Gianni Carbotti