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Ukrabomba
Lo stato di guerra è un cambio radicale di paradigma, che non riesci a spiegare a parole. Anche il centro di una città caotica come Kiev piomba in un silenzio innaturale, in cui ti scopri ad ascoltare il cinguettio degli uccellini che si interrompe per i colpi dell’artiglieria. E’ qualcosa che senti nell’aria, e vedi nelle polveri ferrose che si appiccicano sui vetri di casa. Da un giorno all’altro, spuntano fuori tante armi. Anche i tuoi vicini escono di casa con i fucili in spalla, ed è una cosa che ti preoccupa e rassicura allo stesso tempo... Così inizia il drammatico racconto di Marco Moschetta, advisor finanziario teramano, specializzato in operazioni di M&A e quotazioni in borsa che da anni viveva a Kiev con la sua famiglia.


Marco sei stato costretto a lasciare Kiev per proteggere la vita stessa dei tuoi familiari, abbandonando così il paese in cui hai vissuto e lavorato per anni. Vuoi raccontarci quei momenti?


«Dall’attacco russo del 24 Febbraio, in cui abbiamo percepito la dinamica del tentativo di golpe militare dei commando di Mosca, noi dovevamo partire con un convoglio guidato dal personale della nostra ambasciata. All’ultimo momento, una settimana dopo, siamo stati accodati al convoglio di esfiltrazione dell’ambasciata francese. E’stata una vera e propria avventura, siamo stati testimoni di episodi drammatici e di atti di grande generosità. Mentre eravamo in viaggio, abbiamo visto la contraerea entrare in azione alla nostra sinistra e, qualche istante dopo, un aereo è precipitato al suolo in fiamme a qualche km da noi, nel grande mare di terra ucraino. Quando una notte siamo stati costretti a rifugiarci in un collegio di campagna perché colonne russe stavano tagliando la nostra direttrice di uscita, le signore ucraine che lo gestivano ci hanno fatto trovare lenzuola pulite per tutti, e i ragazzi dei servizi di sicurezza francesi hanno regalato ai miei figli delle “Razioni da combattimento” per fare colazione. Sono ricordi che resteranno per sempre con me. Sono momenti in cui riesci a condensare anni di conoscenze teoriche in poche cose pratiche che, in definitiva, ti permettono di salvare la vita a te e ai tuoi cari. E di riconoscere il bene e il male, quelli con le maiuscole».  


 La guerra in Ucraina, da una parte sembra aver accelerato il processo di declino della supremazia degli Usa e la probabile fine del petrodollaro, dall’altro potrebbe innescare una crisi energetica senza precedenti che purtroppo colpirà soprattutto l’Europa occidentale …


«Henry Kissinger fu uno dei protagonisti dell’ingresso della Cina nel quadro delle relazioni economiche internazionali. Uomo ancora oggi lucidissimo, nonostante i 99 anni d’età, Kissinger a metà degli anni ‘70 comprese che il vero competitor degli Stati Uniti sarebbe stato la Cina. E proprio per questo decise di convogliare la competizione in un alveo geo-economico, avviando l’ingresso di Pechino nell’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO).
Si trattò di una decisione che ebbe due conseguenze:
1.     Creò una grande suddivisione globale degli scambi, nella quale la Cina si occupava delle produzioni materiali e gli USA mantenevano la leadership nelle tecnologie avanzate e nella finanza globale;
2.     Assicurò agli USA decenni di crescita vigorosa e di bassa inflazione grazie all’effetto combinato dei bassi costi dei prodotti di importazione e del calmiere sui salari derivante dalle delocalizzazioni produttive.
Già dai tempi di Kissinger, quindi, la leadership USA sapeva che ci si stava avviando verso un mondo non più a guida unica americana ma di “leadership concertata” da parte di Washington.
Di manica più larga in estremo oriente, Washington fu invece sempre molto attenta a non perdere il controllo in Europa. Il film che abbiamo visto negli ultimi 50 anni in quello che io amo chiamare “Il giardino del mondo” (la Vecchia Europa), ossia il passaggio da Mercato Comune Europeo a Comunità Europea ed oggi a Unione Europea mostra, a dispetto della vulgata anche accademica tutta centrata sul Pacifico, l’attaccamento delle élites statunitensi alla vecchia Europa.
Il petrodollaro non finirà, ma dovrà cedere spazi a una nuova area valutaria, incentrata sull’Asia. E mentre stanno silenziosamente preparando la transizione, gli Stati Uniti sono parte attiva nel grande gioco che, dopo l’attuale fase d’instabilità, definirà l’assetto del pianeta per la prossima fase di sviluppo. Halford Mackinder, il teorico della geopolitica, diceva: “chi domina l’Europa dell’Est domina l’Europa. Chi domina l’Europa, domina l’isola Euroasiatica. Chi domina quest’ultima, domina il mondo”. E non è difficile capire perché.
Il conflitto in Ucraina, nel quale una mattina mi son svegliato, riguarda proprio questa faglia cruciale: per motivi economici in primis e geopolitici per derivazione di questi. E che vi sia una crisi energetica ed economica a corredo è sia una conseguenza logica che un by-product non del tutto sgradito in certi ambienti».


Certo che è difficile comprendere  “le ragioni” delle sanzioni deliberate contro la Russia che, mentre appaiono assolutamente inidonee a frenarne l’aggressività bellica, finiranno per produrre un effetto boomerang soprattutto sull’economia di quei paesi come l’Italia e la Germania che hanno assoluto bisogno del gas russo.


«Le ragioni delle sanzioni vanno viste nel tentativo di togliere a Putin, e alla leadership di cui si circonda, coesione e consenso verso il conflitto. Non bisogna dimenticare che il potere di Putin sta nella sua trentennale esperienza di “broker finanziario” nella gestione e distribuzione dei proventi delle immense ricchezze naturali russe. Le sanzioni, quindi, creano pressione sulla leadership di Mosca, e concorrono a realizzare certi obiettivi di certe élite occidentali.
Ma prima che sulle ragioni delle sanzioni contro la Russia io mi faccio la domanda sulle ragioni che hanno portato la Russia ad una scelta folle come quella di invadere l’Ucraina. Perché questo è l’altro aspetto della stessa medaglia.
Facciamo un rapido flashback. La fiorente attività di esportazione di democrazia in Ucraina da parte degli Stati Uniti aveva causato dei profondi malumori al Cremlino. Nel dicembre 2013 l’ambasciatrice Victoria Nuland della NED, la “National Endowment for Democracy”, dichiarò pubblicamente che Washington aveva investito 5 miliardi di dollari per la democrazia in Ucraina. Per questo Mosca visse l’operazione di cambio di regime del 2014 come un golpe occidentale. Insomma, per certi ambienti statunitensi, l’Ucraina era diventata una specie di nuova frontiera. Un cambiamento radicale e pericoloso dai tempi della guerra fredda. George Kennan, il principale fautore della politica americana di “contenimento” del potere sovietico, sosteneva che “senza l’Ucraina, la Russia non è più un impero”. Nonostante questo quadro, la Russia aveva messo, e avrebbe potuto teoricamente mantenere indefinitamente, una bella ipoteca all’ingresso di Kiev nella NATO con l’annessione della Crimea, che peraltro è strategica e connaturata ad un certo modo della Russia di vedere se stessa; e con l’attività di sostegno delle minoranze di etnia russa del Donbass, invise a certe fasce della politica ucraina. E, proprio lo scorso gennaio, Washington aveva risposto alle irricevibili richieste di Mosca (garanzia sul disarmo di Kiev, porta chiusa della NATO, riconoscimento dell’occupazione della Crimea) con delle aperture diplomatiche interessanti, riconoscendo esplicitamente le preoccupazioni russe sulla c.d. “sicurezza indivisa” (il principio per cui l’incremento di sicurezza di uno Stato, i.e. l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, non può andare a detrimento della sicurezza di uno stato a questo confinante) e proponendo un tavolo di trattative che, a parte le necessarie premesse, non era condizionato, almeno nell’immediato, alla restituzione della Crimea.
Da segnalare che, proprio in quella fase, il presidente Biden dichiarava che “se Mosca si muove sull’Ucraina fermeremo il Nord Stream 2”. Glissiamo qui sull’ingerenza su un affare che, fondamentalmente, dovrebbe riguardare i contraenti, ossia Germania e Russia, e che mostra chiaramente chi è che comanda in occidente. Quello che intendo dire è che se Putin e Lavrov, in quel momento, avessero accettato il tavolo di trattative, sarebbe stato difficile se non impossibile anche per Washington giustificare lo stop ad un progetto che avrebbe portato in Europa, annualmente, un surplus di offerta di gas pari a due volte il consumo dell’Italia. Con evidenti, positive ricadute sulle attese di inflazione e enormi entrate aggiuntive in valuta pregiata per le élite di Mosca e San Pietroburgo. Ma le cose sono andate diversamente, e credo che non sapremo mai perché Mosca abbia scelto la guerra. Arcana imperii. Ed è ben vero, come dici tu, che ci riguardano direttamente: meno disponibilità di gas a buon mercato, meno sviluppo economico, più Reset. Enrico Mattei, di Lassù, ci guarda scuotendo la testa».


Sta di fatto che oggi riceviamo gas dalla Russia senza pagarlo e, così ha deciso il governo Draghi, stiamo fornendo armi all’Ucraina, in tal modo alimentando quella che rischia di trasformarsi in una lunga guerra civile.
Qual’ è il ruolo e l’importanza delle forze politiche d’ispirazione neonazista che sostengono l’attuale governo di Kiev?
C’è il rischio che la guerra abbia fatto risorgere il nazionalismo ucraino e l’imperialismo russo?


«Tornando da un fine settimana in campagna qualche tempo fa a Kiev mi ritrovai imbottigliato in una manifestazione di ispirazione nazista piuttosto sinistra. Gente che sfilava inquadrata come in una parata militare reggendo delle fiaccole, all’imbrunire, in pieno centro città. Da tempo, in Ucraina molte vie principali dei centri grandi e piccoli sono state intitolate a Stepan Bandera, un criminale di guerra e collaboratore dei nazisti. Chi avesse voglia di approfondire il milieu da cui Bandera proviene potrebbe leggersi Le Benevole, lo sconvolgente e documentatissimo romanzo storico di Jonathan Littell. Detto ciò, io posso dire che, frequentando l’Ucraina dal 2006, ed avendoci vissuto per anni, non ho mai avuto a che fare, personalmente, con qualcuno che fosse sostenitore di teorie naziste o anche solo fascistoidi. Kiev ha una vivace comunità ebraica ed una sinagoga in pieno centro in cui, al venerdì sera, le famiglie si radunano e si trattengono a parlare in strada senza che si sia mai registrato un problema. Il Paese, a stragrande maggioranza, ha eletto un presidente ebreo, Vladimir Zelenski. Se mai c’è una questione legata al nazionalismo ucraino che persegue la rimozione della lingua russa, anche se è qualcosa che rimane scritto nelle leggi senza incidere né modificare la vita quotidiana della gente. Io stesso non avevo alcun problema a parlare in russo ovunque, persino in una catena di caffetterie che si chiama Veterano e che è gestita dai reduci delle operazioni in Donbass. Gli ucraini della classe media sono generalmente laureati, vogliono vivere tranquilli in una condizione di minima invasività dello Stato, e sono abituati da generazioni a glissare brillantemente su qualsiasi follia la politica possa scaraventargli addosso. A me piacciono per questo: gente pragmatica, che non ne vuole sapere né del post-zarismo di Putin né dei neo-totalitarismi tecnocratici occidentali. Venendo al gas italiano: io non credo il problema sia il pagarlo o meno. Verrà pagato, rispettando i contratti con i fornitori. Il problema per l’Europa è che, fallito il terrorismo del CO2 di Greta, alcuni circoli occidentali stanno perseguendo l’obiettivo esplicito dell’affrancamento totale dalle forniture energetiche russe; e, cosa ancor più grave, la nostra fattura del gas potrebbe perdersi in una grande deflagrazione di quelle “tecnico-militari che non abbiamo mai visto”, per usare le parole di Putin. Questo è il vero rischio, anche se è impossibile da quantificare. Mi ero sbagliato quando pensavo – insieme a tanti altri – che la Russia non avrebbe mai tentato un’invasione a larga scala dell’Ucraina, per cui non mi azzardo a previsioni su una potenziale escalation nucleare».
 
 Eppure, per far cessare il conflitto, potrebbe esser  sufficiente che gli USA, a prescindere dalle ondivaghe e ballerine dichiarazione di Zelenski, respingano in maniera definitiva la richiesta di quest’ultimo d’ingresso dell’Ucraina nella NATO…

«Questo non accadrà, e direi che è anche giusto così. Non si può, per un caso specifico, stravolgere il diritto internazionale che si basa sulla non ingerenza negli affari interni degli Stati – almeno formalmente.
Il conflitto non cesserà a breve. Esso è uno degli step di un più vasto conflitto, si spera ibrido, ma su scala globale, che terminerà con un “nuovo ordine mondiale”, diverso da quello che ha visto crescere la nostra generazione nella bambagia del secondo dopoguerra. Il prossimo futuro sarà molto diverso dai decenni che ci siamo lasciati alle spalle, ma molto simile ad altre fasi storiche più instabili.
Le guerre iniziano sempre con degli obiettivi specifici e limitati e poi non vanno mai secondo i piani. Nessuno può prevedere oggi come andrà a finire la guerra in Ucraina. Qualcuno dice che la situazione attuale è insostenibile. Io mi permetto di dissentire. La situazione attuale di logoramento conviene a molti, ed è coerente con quella che i diplomatici definiscono la vera ragion d’essere della NATO: tenere gli americani al comando, i tedeschi sotto e i russi fuori. Se rileggiamo questa affermazione insieme a quella di Mackinder e all’interdipendenza che si sarebbe creata qualora il Nord Stream 2 fosse entrato in funzione, forse troveremo un indizio importante sul perché questa situazione conviene a molti».


 Mi sembra però evidente che la presidenza Biden, con la fornitura di armi all’Ucraina e le severe sanzioni, persegua quale obiettivo quello di cronicizzare il conflitto piuttosto che fermarlo, in modo da danneggiare la potenza politica e militare della Russia, ma pagarne il prezzo sarà soprattutto il popolo ucraino...


«E’ la mia tesi. L’Ucraina non fa parte della NATO, ma le potenze di questa, di fatto, stanno reagendo all’aggressione russa quasi come se lo fosse. Ricordiamo che l’art. 5 della NATO non obbliga le parti a una reazione armata, che è semplicemente una delle opzioni previste, ma semplicemente ad “esercitare il diritto di autodifesa individuale o collettiva riconosciuto nella Carta ONU e ad assistere la Parte sotto attacco con le azioni che verranno ritenute necessarie, incluso l’uso della forza”. Per questo Putin continua a minacciare le potenze occidentali brandendo l’atomica. Un comportamento da gangster, l’atomica sinora era semplicemente uno strumento di deterrenza. Ma nella sua testa c’è proprio l’art. 5 della NATO: “se, come risulta dallo stato attuale dei trattati, non è parte della NATO, allora è roba nostra. Perché voi occidentali vi immischiate?”
Ad onor del vero, comunque, e ad onore degli ucraini, una cosa posso testimoniarla. Sono un popolo pacifico, ma se provi a mettergli i piedi in testa, reagiscono. Chiedono armi per difendersi e per difendere la loro terra. Vogliono vivere liberi o morire combattendo. La resistenza ucraina è forte, reale e diffusa. Fosse solo il frutto di propaganda, si sarebbe dissolta come neve al sole quando i primi missili Katyusha hanno iniziato a distruggere le bellissime cittadine di Irpen e Bucha, popolate da tante famiglie giovani della classe media emergente. Ma non è accaduto. Di questi tempi, una grande lezione. “Non farsi mettere i piedi in testa”. Da nessuno»


 Per colpire il perfido Zar, che peraltro ha già reperito dei mercati alternativi  di sbocco (Cina e India soprattutto) per la vendita del petrolio e del gas, Biden provocherà nel suo paese una crisi senza precedenti che rischia di colpire soprattutto la classe media a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia. Sembra quasi che il governo degli Usa e quelli dei paesi occidentali, perseguendo l’obiettivo puramente dichiarato e di fatto irrealizzabile di fermare  lo Zar, finiranno per provocare una crisi economica senza precedenti…


La Russia e la Cina stanno costruendo un nuovo gasdotto tra Siberia e Nord-Est della Cina che raddoppierà le esportazioni russe di gas verso il gigante asiatico. Tra l’altro, le parti si erano accordate per utilizzare l’euro come valuta di riferimento. L’azzeramento della classe media è una suggestione molto interessante: per anni ho viaggiato e lavorato nei paesi emergenti, e dal sud America all’India, passando per tutto l’Est Europa, un’unica cosa emerge chiarissima. Le classi medie di questi paesi, invariabilmente, cercano in tutti i modi di raggiungere gli standard di vita occidentali. Sono standard che stanno creando prelievi di risorse già da tempo insostenibili, pur essendo diffusi in meno del 15% della popolazione globale. Non è difficile immaginare cosa può succedere se si diffondono anche solo presso un altro mezzo miliardo di persone. Il problema è che la finanza occidentale, con le politiche estremamente accomodanti dalla grande crisi del 2008 in poi, non ha fatto altro che stimolare questo prelievo. Il Great Reset, a mio avviso, cerca di porre rimedio a questo tipo di non-sostenibilità legata alle materie prime e alla demografia»

 

Gli sviluppi di una guerra possono esser imprevedibili, ma è certo che lo scenario geopolitico che si sta delineando conduce verso la formazione  di un nuovo blocco centro asiatico che sembra destinato, nel prossimo futuro, ad assumere un ruolo egemone. India e Cina possono ormai considerarsi le fabbriche del mondo, mentre la Russia potrà fornir loro le materie prime e l’energia di cui hanno bisogno.
L’Europa occidentale e soprattutto l’Italia, i cui governi sembrano disposti a seguire gli ordini di Washington persino contro gli interessi nazionali, pagheranno il prezzo più alto …


«Esatto. Sembra che, conflitti locali come quello ucraino a parte, vi sia una modalità simile nel modo in cui le élite trattano noi comuni mortali. La ricetta prevede: abbattimento del reddito reale disponibile per la via dei prezzi, spostamento delle attività di ogni genere sul web, infrastruttura di controllo digitale per la limitazione delle libertà personali e per l’introduzione di sistemi di credito sociale.
Poco dopo l’inizio del Covid-19, in Svizzera, incontrai una famiglia molto facoltosa reduce da una vacanza ai Caraibi. “Ci andiamo tutti gli anni” mi confessarono “ma quest’anno è stato davvero magico. Con i voli commerciali fermi, abbiamo trovato l’isola dove andiamo di solito tutta e solo per noi. Tutto molto più tranquillo, ordinato e pulito.” Ci considerano plebaglia che va in giro a rovinare i bei posti, insomma. E, su quest’ultimo punto, gli straricchi di Stati Uniti, Cina, Russia e Ucraina si troverebbero d'accoro, immagino ..»

Vincenzo di Nanna