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“Abbiamo detto tutti, tutti gli Stati, comunità, arabi, occidentali, che su Rafah Israele doveva fermarsi perché un attacco militare avrebbe necessariamente dei danni collaterali, dei danni ulteriori sui civili innocenti. Avrebbe creato enormi problemi di migrazioni, di spostamenti, di persone che rimanevano senza neanche la possibilità di avere un tetto sopra la casa o nulla da mangiare, che doveva tenere conto di tutte queste cose nel condurre le sue azioni, e non siamo stati ascoltati”.
“Adesso guardiamo con disperazione alla situazione. Noi quello che potevamo fare, e lo stiamo facendo come Italia, ma come tutto il mondo, è aiutare queste persone, curandoli e dando aiuti; ma non basta …”
Così ha dichiarato il ministro della difesa Guido Crosetto nel corso di una recente intervista rilasciata Sky TG24 “Live In Milano”, “dimenticando” forse che il governo italiano ha consentito l’esportazione di armi da guerra in Israele anche dopo il 7 ottobre.

In effetti, l’Agenzia delle dogane, come reso noto da “Altraeconomina” ( LEGGI QUI) ha certificato che, solo nel periodo dicembre - gennaio 2024, abbiamo esportato in Israele armi e munizioni non destinate certamente ad un uso “civile”.

Rilevante, in particolare,  il valore dell’export della categoria “bombe, granate, siluri, mine, missili, cartucce e altre munizioni e proiettili, e loro parti”, relativo ai mesi di dicembre 2023 e gennaio 2024, quindi nel pieno dell’attacco militare di Israele in danno della popolazione civile della striscia di Gaza.

Come poteva il governo italiano non prevedere il rischio che tali armi potessero esser destinate a un uso bellico direttamente contro la popolazione civile palestinese?

La politica di tipo estremista e suprematista condotta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, volgeva del resto verso un unico e chiaro obiettivo: ridurre con ogni mezzo la popolazione palestinese a una ristretta minoranza, provocando l’emigrazione e la fuga dei civili sopravvissuti ai bombardamenti.

Un progetto criminale che ha suscitato la severa reazione del procuratore capo presso la Corte penale internazionale dell’Aia, Karim Ahmad Khan che, il 20 maggio, all’esito delle indagini svolte, ha formulato richiesta di arresto nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e del ministro della difesa Yoav Gallant.

Quali le accuse? Il procuratore Khan contesta agli indagati l’aver affamato intenzionalmente la popolazione civile, il crimine di guerra di sterminio, l’aver condotto attacchi intenzionali contro i civili, violando così il principio di distinzione.

Se, allora, in danno della popolazione civile palestinese è in atto un genocidio, così come ipotizza il procuratore Khan, quali possono esser le responsabilità di chi ha fornito a Israele le armi da guerra?

È possibile ipotizzare una responsabilità penale a titolo di concorso con i leaders israeliani incriminati a carco degli esponenti del governo italiano che hanno consentito l’invio di armi o comunque non l’hanno fermato?

Per il momento c’è solo la richiesta del Procuratore capo, ora sottoposta al vaglio dei Giudici della Camera Preliminare chiamati a verificare, ai sensi dell’art. 58 dello Statuto di Roma, se vi siano “motivi ragionevoli di ritenere che gli indagati abbiano commesso un reato di competenza della Corte”, e ciò ai fini dell’emanazione del mandato d’arresto richiesto dal P.M. Khan.

In ogni caso, è utile ricordare che la Corte Penale internazionale dell’Aia ha una competenza complementare a quella dei singoli Stati e potrà quindi giudicare solo nel caso d’inerzia dell’Autorità Giudiziaria italiana.

Il ministro Guido Crosetto, che in un primo momento aveva dichiarato (LEGGI QUI) che “dopo il 7 ottobre non sono state concesse nuove autorizzazioni per l’export di armi a Israele”, si è poi difeso sostenendo che le esportazioni successive a detta data non riguarderebbero “materiali che possano essere impiegati con ricadute nei confronti della popolazione civile di Gaza”.

Una tesi difensiva non proprio convincente, considerato che appare arduo (se non impossibile) stabilire “a priori” se un determinato armamento possa esser o meno utilizzato contro popolazioni civili.

Ma la questione, prima che giudiziaria è politica, considerato che, anche nel caso in cui non sia dimostrabile il dolo di concorso nei gravissimi delitti già contestati ai leaders israeliani, il governo Meloni e in particolare il ministro Guido Crosetto, non potevano non esser consapevoli del grave rischio di un uso criminale delle armi cedute, il cui commercio andava dunque immediatamente sospeso.

Vincenzo di Nanna