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AlessiamareIo abito al mare

Io abito al mare e lo ho fortemente voluto, ed era scontato fosse cosi.

Non ci sono nata, ma sin da bambina i ricordi più belli che ho hanno l’odore della pelle bruciata al sole, il sapore della salsedine, la vista dell’alba che sorge su un tappeto azzurro in lontananza, il rumore delle onde che si infrangono sulla battigia e le dita raggrinzite da quegli interminabili bagni a suon di “uscite che le dita sono diventate blu!”.

A fine stagione mio padre ci portava a “ salutare il mare”, in una nenia ipnotica e rassicurante, dovuta, papa’ ci prendeva per mano, ci portava sulla riva e iniziava “ Ciao Mare” e io e mia sorella “ Ciao mare” e continuava, anno dopo anno sempre uguale “ Grazie per averci accolti anche quest’anno, siamo stati bene, ma ora siamo qui a salutarti, ci rivediamo tra un anno, arrivederci e ancora grazie”.

Vivere al mare e’ uno stile di vita ed uno stato d’animo, che solo chi ci vive lo sa, l’euforia dei primi caldi di maggio e la malinconia dei fine settembre.

Chi ama il mare lo ama soprattutto in inverno, il desertico scenario del lungomare vuoto, calpestato solo dagli irriducibili della corsa, rispettosi del silenzio degli altri, perché anche loro sanno, che al mare, in inverno, si vive senza far rumore, perché il mare in inverno ha più cose da dire e bisogna lasciarlo parlare, quando racconta di ognuno di noi, senza trascurare nessuno, perché l’anima del mare e’ grande e c’e’spazio per tutti.

Il mare lo sa quando sei triste e ti regala la sua calma, fermando le onde, colorandosi d’argento, brillando per te.

Il mare lo sa quando hai bisogno di tirar fuori la tua anima selvaggia e allora si arrabbia, si alza, sciaborda, urla.

Non potrei mai lasciare questi posti, i miei segreti andrebbero perduti, annegherebbero e non potrei mai permetterlo.

Il mare e’ il mio dottore, se sono triste o stanca, se l’emicrania mi martella l’encefalo, indosso le scarpette e mi incammino, chilometri e chilometri, consumando suole, strade e pensieri.

Il potere taumaturgico del mare lo conoscevano gli antichi, non c’è ferita dell’anima o dolore articolare che lui non possa guarire.

Ricordo quando mi chiamarono a lavorare a Milano, cercando di allettarmi con un contratto da Nababbo, ero una neospecialistasquattrinata che si muoveva come una zingara con la valigia in macchina tra una clinica romana e l’altra per far quadrare i conti… però ero felice, perché al Singita, a Fregene, la sera si festeggiava il tramonto, il sole che a sua volta salutava noi, scomparendo all’orizzonte tra flutti e aperitivi sdraiati per terra. 

A chi mi offrì quel lavoro chiesi “ mi scusi, ma si vede il mare?”, lei incredula mi disse “ no, dottoressa a Milano non si vede il mare, mi pare ovvio” e a me parve ovvio rinunciare con un allegro “ allora rinuncio, non conosco nessuno a Milano, e se non c’e’ nemmeno il mare non saprei con chi parlare”.

Lasciateci qui a noi che amiamo il mare, non parlateci di neve e piste da sci e arrampicate, perché a noi piace vivere scalzi e odiamo le maglie a collo alto, il freddo e la neve e con quegli scarponi ai piedi non sentiamo la sabbia.

Lasciateci qui a parlare da soli, nel nostro deserto invernale e con le nostre pelli abbronzate già ad aprile.

Siamo gente di mare, siamo persone con il cuore romantico e lo sguardo a veder se affiora qualche delfino al molo sud, voliamo sulle ali dei gabbiani, andiamo lontano, ci alziamo in volo e curiamo così tutti i mali del mondo, o forse no, ma il rumore del mare e’ talmente rassicurante da farci credere che , anche solo guardando, tutto possa accadere…

 

ALESSIA DI FERDINANDO